Trent’anni fa usciva l’album dei Temple of the Dog: il nostro ricordo

Andrea Riscossa ricorda l’uscita dell’omonimo album dei Temple of the Dog, pubblicato esattamente trent’anni fa oggi.

Trenta.

Quest’anno il numero trenta sarà ricorrente. Perché nel 1991 sono accadute molte cose, nei negozi di dischi, nei club, nelle case di milioni di adolescenti sparsi per il globo.

Trenta è un numero enorme per la musica, soprattutto se indica quanti anni sono passati dall’uscita di un disco che è un po’ l’inizio di una storia, almeno per me. Ognuno di noi ha suo racconto musicale, fatto di radici, cambiamenti, amori e odi. Spesso è legato all’anagrafe, perché un movimento musicale è come un’onda, e la magia a volte lega un momento, un’età, all’uscita di un disco.

E allora mi stappo una birra, metto su le cuffie, e inizio un piccolo viaggio a ritroso nel tempo, in onore di un disco che è il mio, personalissimo e ufficiale, primo album preferito del movimento di Seattle. Cheers.

C’era una volta un frontman istrionico e appariscente. Il primo dietro un microfono, nello stato di Washington, che sembrasse davvero un personaggio capace di rapire ogni sguardo e sedurti con la voce. Si chiamava Andrew Wood. Aveva da poco fondato una nuova band, i Mother Love Bone, chiamando alla sua corte tre ex membri dei Green River: Bruce Fairweather, Stone Gossard e Jeff Ament. Avevano pronto un disco e un contratto con la Polygram, ma Andrew, che da anni lottava contro la tossicodipendenza, entrò in coma da overdose il 16 marzo del 1990.

Morirà tre giorni dopo, in ospedale, mentre nella camera riecheggiava A Night at the Opera dei Queen, uno dei dischi preferiti di Wood…

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