Pearl Jam a Verona nel 2000, stasera lo speciale su Virgin Radio

Dalle 21:00 di stasera, Virgin Radio trasmetterà uno speciale dedicato al concerto dei Pearl Jam all’Arena di Verona del 20 giugno 2000.

Sotto trovate la setlist del concerto, un resoconto dell’epoca scritto da Claudio Todesco e il bootleg ufficiale in streaming.

 

Pearl Jam | 20/06/2000 Arena di Verona, Verona

Setlist: Long Road, Grievance, Corduroy, Hail Hail, Animal, Nothing As It Seems, Pilate, Given To Fly, Even Flow, O’ Sole Mio (traditional), MFC, Habit, Wishlist, Daughter/Beautiful Way (Beck), State of Love and Trust, Once, Lukin, Immortality, Insignificance, Rearviewmirror

Encore: In the Coliseum (Tom Waits), Black, Breakerfall, Do The Evolution, Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town, Better Man, I Got You (Split Enz), Alive, Last Kiss (Wayne Cochran), Porch/Paranoid (Black Sabbath)

Encore 2: Soon Forget, Yellow Ledbetter

 

Prima l’amore, poi il dolore: i Pearl Jam da Verona a Roskilde

Eddie Vedder scuote la testa. «È tutta colpa di voi italiani. Non siete forse i maggiori produttori mondiali di bootleg?». A quanto pare la nostra fama di pirati discografici ci precede. Mentre cerco di architettare una difesa d’ufficio Eddie sorride. Ok, sta scherzando. Va tutto bene. Nel backstage dell’Arena di Verona, dopo un indimenticabile concerto dei Pearl Jam, l’atmosfera è rilassata. Tra dieci giorni il cielo cadrà sulla testa dei Pearl Jam, ma oggi è una di quelle giornate perfette che arrivano una volta all’anno. Oggi tutto sembra possibile. Sono qui grazie all’aiuto degli amici romani del cantante. Tutti mi trattano in modo più che amichevole, eppure non posso fare a meno di sentirmi un intruso in una festa privata. Guardo Vedder e penso che quello che per molti è un’icona oggi sembra un qualsiasi ragazzo americano che ha organizzato un piccolo party per salutare amici che non vede da quattro anni.

Non posso non chiedergli dei doppi cd dal vivo che i Pearl Jam pubblicheranno il prossimo 9 settembre e che documenteranno per intero il tour europeo del gruppo. Più frugo nella memoria, più mi rendo conto che è un’operazione senza precedenti nella storia del rock. Vengono in mente i Dick’s Picks dei Grateful Dead o i box set Beat the Boots di Frank Zappa, qualcuno ha tirato in ballo anche il quintuplo di Springsteen, ma non c’è match: non è mai accaduto niente di paragonabile a ciò che i Pearl Jam si apprestano a fare. La spiegazione? I cinque di Seattle sono o sono stati consumatori di bootleg. Da tempo permettono ai fan di registrare i concerti purché con attrezzature non professionali e probabilmente vogliono stroncare il business dei bootleg. Ma soprattutto, vogliono dare un prodotto di qualità ai ragazzi, verso i quali hanno sempre mostrato una sensibilità senza eguali. «Quand’ero ragazzo», mi racconta Vedder, «compravo bootleg in vinile, ma non sapevo che cosa poteva capitarmi. Li pagavo 8 dollari e una volta arrivato a casa scoprivo che erano inascoltabili. Non voglio che succeda ai nostri fan, non voglio che spendano 50 dollari per un’incisione di scarsa qualità. Adesso avranno cd che si sentono bene a 10, massimo 12 dollari».

Non deve essere facile per un gruppo come i Pearl Jam denudarsi in questa maniera. Quando pubblichi un disco in studio puoi curare ogni minimo particolare, suonare e risuonare finché la tua parte non è esattamente come la vuoi, al limite alterare elettronicamente i suoni finché sono perfetti. Quando pubblichi tutti, dico tutti i concerti di un tour hai la certezza che su disco finiranno anche le cose peggiori, le serate no, le note sbagliate, le stecche. «Questa è la parte negativa della faccenda», mi spiega Eddie. «Non tutto quello che fai, suoni o canti è degno di essere pubblicato. Come stasera, non sentivo i monitor e per tre pezzi ho cantato male. Ma non importa: pubblicheremo i concerti così come sono, errori inclusi».

L’articolo integrale è su monomusicmagdot.com.