Il live report sui concerti italiani di Eddie Vedder a cura di Daria Moretti e Luca Villa
Foto: Henry Ruggeri, Luca Villa, Carlo Vergani, Silvia Papi

Foto di Emanuele Melli

Si comincia con i cinquantamila di Firenze e si finisce tra le rovine di una delle più antiche location al mondo create per ospitare musica, il Teatro Antico di Taormina. Quattro giorni tra stelle cadenti, abbracci con il pubblico e una delle migliori voci, se non la migliore, del rock americano degli ultimi venticinque anni.”È il mio primo show da solo in Italia e anche il più grande che ho mai fatto. Questo succede solo in Italia”, esordisce Eddie nel capoluogo toscano scuotendo incredulo la testa prima di Wishlist, suonata subito dopo una Small Town che inaugura lo spettacolo come un abbraccio tra vecchi amici che si ritrovano. E pensare che erano diverse le perplessità che circondavano la buona riuscita di questo concerto: uno spazio troppo grande per uno show intimo come quello portato in tour da Eddie, una lineup funestata da cambi all’ultimo minuto, Glen Hansard che, non appena scopre di doversi esibire come secondo nome davanti ad un pubblico così numeroso, si vede costretto a chiamare in fretta e furia la sua band per timore di non essere in grado di fronteggiare una folla così immensa con la sua sola chitarra.

Timori destinati ad essere spazzati via dal suono della prima nota che esce della Fender bianca: Vedder arriva in Italia per la prima volta dopo quasi dieci anni di tour portati in giro per il mondo e fa subito il botto. L’accoglienza è delle più trionfali, cinquantamila presenze, un numero impressionante se si pensa che non c’è la “sua” band ad accompagnarlo. Questa volta è solo, alle sue spalle chitarre acustiche ed elettriche, ukulele, mandolino e pochi altri strumenti. Ma è il feeling quello che conta, quel contatto viscerale e autentico che Ed riesce a instaurare fin da subito con il suo pubblico. In pochi sono in grado di fare altrettanto e la mente corre subito a uno dei più grandi, Bruce Springsteen. E diciamolo pure: per una notte l’allievo ha superato il maestro, portando a casa uno dei migliori concerti che l’Italia abbia ospitato negli ultimi anni.

La prima parte dello show riserva tanti momenti speciali, a partire da un’intensa versione di Immortality e una I Am Mine che emoziona tutti, preceduta da un brindisi a San Giovanni e al pubblico di Firenze. Subito dopo arriva sul palco l’ukulele, con Ed che scherza: “Non penso di averlo mai suonato di fronte a così tanta gente. Sento che è un po’ nervoso”. Sono due sono i brani suonati con il fido uke (Can’t Keep e Sleeping By Myself), a cui fanno seguito una sequenza di canzoni tratte dalla colonna sonora di Into the Wild, tra cui spiccano Guaranteed e Rise. Prima di quest’ultima, Eddie ricorda come l’Italia abbia da sempre un posto speciale nel suo cuore, essendo stata teatro del primo incontro con la sua attuale moglie diciassette anni prima: “Questa canzone è per lei e per le mie figlie. Vorrei solo dire che questo paese significa molto per me, per tanti motivi ma anche per questo. Mi ha salvato e qui ho trovato l’amore”.


Dopo la delicata cover dello “zio” Neil Young e un’inaspettata versione solo strumentale di Millworker di James Taylor, si torna a casa Pearl Jam con Unthought Known e uno sguardo al cielo in cerca della luna “che non riesco a vedere, ma che c’è. Un po’ come Dio, forse”, scherza Eddie.
Ma è con Black che le emozioni salgono fino a sfiorarlo, quel cielo estivo toscano. “Oggi è il giorno di San Giovanni e questo mi fa pensare alle iniziali SG, che mi fanno pensare ai Soundgarden e anche a una persona che si chiama Stone Gossard. Ovviamente non ho la band qui con me, ma ho voi e siamo tutti insieme. Siamo tanti, siamo una cosa sola, e probabilmente ognuno di noi prima o poi ha attraversato dei periodi neri”.
Lontana anni luce dalla sua versione studio e da quella proposta live dalla band, spogliata di ogni stratificazione e ridotta alla sua nuda, grezza bellezza, riesce a far breccia nella parte più fragile di chi ascolta, soprattutto sul finale, quando Eddie, con la voce rotta dall’emozione, ripete per tre volte quel “come back” che sferra un colpo al cuore di ogni presente. D’altronde, e lo sappiamo fin troppo bene, basta un suo sguardo, un suo gesto per trasportare il pubblico nei territori dell’anima, e per rendersene conto basta alzare gli occhi verso i maxischermi, dove è tutto un susseguirsi di gente in preda all’emozione. Diavolo d’un Eddie.
Come controbilanciare un momento di così grande partecipazione emotiva? Semplice, facendolo seguire dai cinquanta secondi di furia punk di Lukin in acustico (!), sbagliata e poi ripresa, e da una sanguigna versione di Porch cantata proprio da tutti, che chiude la prima parte dello show. Tutti a casa? Nemmeno per scherzo.


Se fino a questo momento il debutto italiano da solista di Vedder è stato un grande concerto, è dalla seconda parte dello show che si trasforma in qualcosa di indimenticabile. Comfortably Numb dei Pink Floyd, suonata al pump organ, viene accolta dal boato più assordante della serata. L’essenza del suo spettacolo è anche qui: riuscire a spiazzare rileggendo in maniera appassionata, anche se a volte non perfetta, pagine fondamentali della storia del rock. Non servono virtuosismi tecnici quando hai l’anima, e che anima.
Con Imagine va anche meglio, e si assiste a una specie di liturgia laica con tutte le luci del pubblico accese, salutate da una gigantesca stella cadente (un bolide, per l’esattezza) che attraversa il cielo estivo di Firenze sulle note finali del pezzo, lasciando tutti senza fiato (video). C’è chi si deve servire di elaborati trucchi scenici per riuscire a portare a casa un concerto, e c’è chi, come Eddie, può contare sulla collaborazione di madre natura per regalare un momento di vera magia che sarà impossibile dimenticare.

Dopo la doppietta Betterman e Last Kiss che fa cantare e ballare tutti, è il momento di una vera sorpresa, le “gemelle” Untitled e M.F.C., in onore del paese in cui sono nate oltre vent’anni prima: “Le ho scritte mentre attraversavo in macchina la campagna qui in Italia insieme ad alcune grandi persone. Voglio provare a suonarle”.
Per la parte finale dello show, sul palco arriva il “partner in crime” di Ed, Glen Hansard. Basterebbe il magnifico duetto su Falling Slowly per mandare tutti a casa con il sorriso stampato in faccia, ma nessuno immagina che sarà il brano successivo il momento più alto di tutta la serata: Song of Good Hope, sconosciuta ai più e tratta dal debutto solista del rosso irlandese. È lei la canzone scelta da Eddie in questo tour per cercare la forza di guarire le ferite più profonde dell’anima, per ritrovare la speranza dopo quel dolore troppo grande persino da affrontare a parole. La canzone della buona speranza Eddie decide di condividerla con il suo pubblico, calandosi tra le prime file e aggrappandosi alle mani dei fan in un momento di catarsi collettiva. Un piccolo uomo che si erge su un’immensa distesa di persone, sorretto dall’abbraccio della folla, è un’immagine potente, autentica e spontanea che nessuno dei presenti potrà mai dimenticare. Non è facile assistere a momenti come questi, ad alcuni artisti servono anni e anni di concerti anche solo per avvicinarsi a una cosa del genere, spesso senza riuscirci. Vedder, al suo debutto solista dalle nostre parti, lo fa senza apparente sforzo. Diavolo d’un Eddie!

Dopo un’ultima incursione con Glen nelle terre selvagge di Chris McCandless sulle note di Society, lo show termina come una festa, con Vedder che ringrazia tutti per aver preso parte “a questo grande falò” prima di Smile e della corale Rockin’ in the Free World.
Come tutte le feste migliori, anche questa deve finire. Hard Sun sublima in modo perfetto quello che è stato la lunga, calda ed esaltante giornata di Firenze. Le ultime parole di Eddie sono per il vero co-protagonista dello show, il suo grande pubblico: “Tutto il mio amore va a voi, che siete rimasti tutto il giorno sotto il sole. Grazie per essere stati così forti, mi avete reso forte”.


Due giorni dopo lo scenario è completamente diverso. Le due date finali del tour europeo 2017 di Vedder si tengono infatti nella magica cornice naturale del Teatro Antico di Taormina, la location più bella in cui Eddie abbia mai suonato. Se a Firenze era stato il pubblico a rimanere estasiato dalla performance, a Taormina è Eddie a rimanere rapito dal posto, un teatro costruito dai greci oltre due millenni anni fa che fa intravedere dietro la sua struttura il maestoso Monte Etna grazie ad uno squarcio tra le antiche rovine. Roba da togliere il fiato. Vedder, come una sorta di gladiatore moderno – in epoca romana il teatro venne per l’appunto adibito alle lotte dei gladiatori – arriva emergendo tra le rovine dietro il palco e regalando subito emozioni con la sua chitarra. Tocca alla sempre evocativa Long Road inaugurare la serata, a cui fa seguito un’inattesa cover di Bad degli U2 che lascia tutti senza parole.

Mentre a Firenze Eddie si è presentato come il cantante dei Pearl Jam in versione unplugged, a Taormina si spoglia delle vesti del rocker per indossare quelli del folksinger in un ambiente più consono all’idea originale che sta dietro allo spettacolo che porta in giro da anni. Chi lo segue sa bene che è maestro nell’arte di adattare le scalette al contesto in cui suona e di catturare l’emozione del momento, e le due date siciliane ne sono la dimostrazione.

Vedder pare fin da subito più rilassato e in vena di scherzare con il pubblico. Per tutta la sera sembra di assistere a una festa di famiglia, con le figlie che gli portano gli strumenti e la moglie che si gode il concerto sorseggiando vino a lato palco.
“Fin da bambino ho sempre voluto venire in Sicilia. Grazie alla musica sono finalmente qui. Grazie alla musica, ma soprattutto grazie a voi. Ecco un brindisi per trascorrere una notte d’estate con voi a Taormina”, dice in italiano prima di I Am Mine. Poi prosegue, in inglese: “Sono un po’ sopraffatto da questo posto, per me e Glen è un vero regalo poterlo riempire con la nostra musica. Sono sopraffatto perché nel grande schema delle cose ti fa capire come la nostra musica e noi siamo qui solo di passaggio. Abbiamo tutti le nostre credenze, e la mia è che una cosa del genere fa sembrare ogni individuo più prezioso. Sono così grato di essere qui e che voi siate qui”.
Presentando il fido uke prima della successiva Can’t Keep, Eddie scherza: “Se gli italiani avessero inventato l’ukulele, innanzitutto sarebbe stato più antico, e anche molto più costoso. Poi avrebbe probabilmente avuto otto corde, invece di quattro. In realtà l’hanno fatto davvero, si chiama mandolino! Quindi suonerò questa canzone con lo strumento meno fortunato dei due”.
La setlist della prima serata riserva sorprese come No Ceiling suonata al banjo, e diverse cover, dai R.E.M. a George Harrison fino alla sorprendente The Kids Are Alright degli Who, che suscita più di un brivido soprattutto a chi era presente al concerto milanese dei Pearl Jam di ventun anni fa. Emoziona anche la cupa Out of Sand, nuova canzone scritta per la terza stagione di Twin Peaks di David Lynch, esaltata dall’acustica cristallina del Teatro.
Ci sono momenti di grande tenerezza, come la dedica di Picture in a Frame di Tom Waits alla moglie, alternati ad altri più divertenti, come quando Vedder decide di suonare Crazy Mary e la sbaglia: “Fanculo! Stone Gossard, dove sei? Ho bisogno di te. La cosa buffa è che è risaputo che quando suono con il gruppo sono perfetto, non dimentico mai i testi”. Va meglio al secondo tentativo, dove non manca il classico rito della condivisione del vino con il pubblico. La generosità e l’umiltà di Eddie si notano anche in questi piccoli dettagli. Come dicevamo, Eddie non è certo un virtuoso, ma come si fa a non perdonarlo. E poi, come dice Neil Young, la perfezione sta nell’imperfezione.

Il pubblico è meno composto di quello rispettosissimo di Firenze, ed è paradossale se si pensa che la capienza del Teatro Antico è di dieci volte inferiore rispetto a quella della Visarno Arena. Un paio di proposte di matrimonio tra il pubblico sono salutate con una discreta dose di ironia da Eddie, mentre durante Jeremy, suonata insieme al quartetto d’archi olandese Red Limo (“con il permesso di Jeff Ament”), Eddie scende dal palco e sembra voglia continuare a cantare la canzone tra il pubblico, ma è costretto a fermarsi subito a causa di alcuni fan che gli si precipitano letteralmente addosso, contenuti a stento dalla security. Peccato, sarebbe stato un momento davvero speciale.
Va meglio durante Sleepless Nights, suonata in compagnia di Hansard a bordo palco in versione busking senza alcuna amplificazione. Se anche Eddie e Glen paiono colpiti della (perfetta) acustica del Teatro, l’effetto sul pubblico è paralizzante.
Come penultimo brano della serata, i due provano insieme al quartetto d’archi una rabbiosa versione di All Along The Watchtower di Dylan, con una dedica speciale: “Questa canzone mi fa pensare a quello stronzo che sta alla Casa Bianca”.
Per Hard Sun si aggregano al gruppo anche le figlie e la moglie, munite di camice bianco d’ordinanza, che ballano, cantano e si divertono in quella che ormai è diventata una grande festa di famiglia. Se a Firenze il pubblico è diventato per una sera la sua famiglia, a Taormina si ha la sensazione che sia Eddie a voler invitare tutti a far parte della sua.

La sera successiva Vedder appare più rilassato, complice una sessione di SUP davanti alla spiaggia di Mazzarò nel primo pomeriggio. Il cantante è più concentrato, beve meno e regala al pubblico quella che è probabilmente la migliore scaletta dei tre show italiani.
Il main set riserva subito dei momenti di magia, a partire da una Throw Your Arms Around Me con il testo modificato in onore del “cielo estivo italiano” fino a una Off He Goes in grado di far piangere come un bambino il vostro fedelissimo (eh sì, è una delle mie canzoni preferite). “Benvenuti all’ultima data del tour”, saluta in italiano prima di Small Town. “Abbiamo suonato in posti incedibili con persone meravigliose, ma abbiamo lasciato l’ultima data come migliore. Un brindisi a Taormina e al sole estivo italiano”.
You’re True è tutta per sua moglie Jill: “Ho incontrato mia moglie in Italia il 23 giugno di tanti anni fa. Non è italiana, ma vorrebbe esserlo. Quindi se vi dovesse capitare un nuovo vicino di casa che fa un po’ troppo casino, suona musica a tutte le ore della notte e ricicla più degli altri, in particolare bottiglie, potremmo essere noi”.
Per la successiva Satellite, l’ukulele è coadiuvato dall’apporto dagli archi: “Vorrei chiamare sul palco altri strumenti a corda. Per favore date il benvenuto al Red Limo Quartet da Amsterdam. Immagino che ora siamo un quintetto di piccoli strumenti a corda, solo che il mio sembra il fratello povero, comparato all’aspetto e al suono dei loro. Io però tifo sempre per i perdenti, e sono abituato a suonare in un gruppo di cinque persone”.
Vedder presenta la cover di Here Comes the Sun dei Beatles, suonata in una cristallina versione con gli archi e ispirata da una foto del Teatro all’alba inviatagli dal tecnico delle luci: “Vorrei ringraziare la crew locale e la mia crew, il cui sforzo è stato ripagato da storia, splendore e bellezza quasi difficili da comprendere. È una cosa che intimidisce, in pratica il vero significato della parola ‘meraviglioso'”.
Eddie scherza anche sul fatto che anni prima avrebbe sicuramente scalato le strutture del teatro – chi non ricorda le celebri arrampicate con stage diving all’inizio degli anni novanta? – ma che sarebbe stato meglio non farlo per non rischiare di essere bandito a vita dall’Italia.

Il concerto si snoda tra ripescaggi dai suoi dischi solisti e cover, tra cui spiccano una crepuscolare versione di Long Nights con Glen Hansard al basso e l’intensa Good Woman. C’è spazio anche per l’inaspettata cover di Let My Love Open The Door di Pete Townshend, che non veniva proposta dal 2008.
Non mancano momenti di puro divertimento, come quando Eddie rivela al pubblico che ha voglia di fumare e alcuni fan delle prime file iniziano a passargli – alcuni a tirargli addosso – sigarette di ogni marca. Vedder ringrazia ma decide di farsi portare una delle sue American Spirit. E ha ancora voglia di scherzare quando, dopo un’abortita versione di Lukin e un’energica Porch, chiama sul palco un ragazzino, Jake, e si diverte insieme a lui facendosi aiutare dalle luci dei telefoni del pubblico.

I’m So Tired, cover dei Fugazi suonata al pump organ, è il pezzo scelto per aprire la seconda parte del concerto, che raggiunge il suo apice quando Vedder decide di suonare The Ship Song di Nick Cave con il quartetto d’archi, che colora il brano con suggestive note che si diffondono per tutto il teatro. Just Breathe viene solo accennata da Eddie, che scherzando imita la cover del pezzo incisa da Willie Nelson.
Per la serie sogni che si realizzano, Eddie invita sul palco Fabrizio “Rodman”, un fan con la casacca di Dennis Rodman che aveva avuto modo di parlare con Hansard prima del concerto circa la possibilità d’incontrare il suo idolo. Detto, fatto.
“Oggi mi sono innamorato. Mi sono innamorato della Sicilia e di Taormina”, dice Eddie. “È successo quando sono andato in acqua con la tavola e ho visitato quelle grotte gigantesche. Mi sono chiesto se fosse quello che Hemingway vide dalla sua barca quando disse che era così bello che gli veniva da piangere. L’acqua era così calma e il colore di un blu così intenso che riuscivo a vedere il riflesso delle nuvole nel mare. Poi sono tornato indietro e c’erano tipo cento persone sulla spiaggia ad aspettarmi, ed era tutto bellissimo. La musica crea l’onda, ma voi siete l’acqua, e io amo l’acqua”.

Seguono i cavalli di battaglia Smile e Rockin’ in the Free World. Dopo Hard Sun Eddie concede un terzo encore, Dream a Little Dream, al termine della quale mima una scalata sulle rovine del Teatro, proprio come ai vecchi tempi. Il pubblico esulta, Eddie sorride, poi saluta e lascia definitivamente il palco, scomparendo tra le rovine nella notte siciliana.

Se Firenze è stata una grande festa, le due date a Taormina sono una specie di sogno, o meglio, un film, con quello che è probabilmente il migliore artista rock vivente a fare da colonna sonora. Tutto questo è stato l’esordio nel nostro paese da solista di Eddie Vedder, che è riuscito a rapire il pubblico dalla prima all’ultima nota proprio com’è sempre successo ad ogni calata italiana dei Pearl Jam.
Un tour, questo di Eddie, gravato da una pesante cappa di tristezza, rotta solo in parte dalla forza della musica e dal contatto coi fan. Non dev’essere stato facile, per niente, e non potrà mai esserlo. La vita insegna che certe ferite non guariscono, puoi solo imparare a conviverci.
Durante il tour, presentando uno dei suoi compagni di viaggio, Eddie ha spesso ripetuto “uke’s got balls” (“l’ukulele ha le palle”). Pensando a lui, che a distanza di venticinque anni dall’esordio italiano con la band è stato in grado di reggere solo sulle sue spalle tre concerti che entreranno di diritto nella storia della musica dal vivo di questo paese, a noi viene da dire solo una cosa: “Ed’s got balls”.

“E prenditi il tuo tempo, tesoro
Non è così brutto come sembra, starai bene tesoro
Sono solo dei fiumi e dei torrenti
Tra te e dove vorresti essere

E osserva i segnali ora
Saprai cosa significano, starai bene
Ora stammi solo vicino e fai in modo che la buona speranza
Ti accompagni in tutto

– Song of Good Hope

 

SETLIST DEL CONCERTO DI FIRENZE

24.06.2017 Firenze Rocks Festival, Visarno Arena, Firenze

Setlist: [Intro Music: Tuolumne] Small Town, Wishlist, Immortality, Trouble (Cat Stevens), Brain Damage (Pink Floyd), Sometimes, I Am Mine, Can’t Keep, Sleeping By Myself, Far Behind, Setting Forth, Guaranteed, Rise, The Needle and The Damage Done (Neil Young), Millworker (James Taylor) [Instrumental Version], Unthought Known, Black, Lukin, Porch 
Encore: Comfortably Numb (Pink Floyd), Imagine (John Lennon/ Yoko Ono), Better Man/ Save It For Later (The English Beat), Last Kiss (Wayne Cochran), Untitled, MFC, Falling Slowly (Glen Hansard/ Markéta Irglová, w/ Glen Hansard), Song Of Good Hope(Glen Hansard, w/ Glen Hansard), Society (Jerry Hannan, w/ Glen Hansard), Smile (w/ Glen Hansard), Rockin’ in the Free World (Neil Young, w/ Glen Hansard)
Encore 2: Hard Sun (Indio, w/ Glen Hansard, Graham Hopkins, Joe Doyle, Ruth O’Mahony-Brady)

SETLIST DEI CONCERTI DI TAORMINA

26.06.2017 Teatro Antico, Taormina

Setlist: [Intro Music: Batman Theme performed by Harper and Eddie Vedder/Tuolumne] Long Road, Bad (U2), Wishlist, I Am Mine, Can’t Keep, Without You, Sleeping By Myself (w/ The Red Limo String Quartet), It Happened Today (R.E.M., w/ The Red Limo String Quartet), Drifting, Setting Forth, No Ceiling, Far Behind, Guaranteed, Rise, Picture In A Frame (Tom Waits), The Kids Are Alright (The Who), Out Of Sand, Better Man/Save It For Later (The English Beat), Porch 
Encore: Isn’t It A Pity (George Harrison), Crazy Mary (Victoria Williams), Jeremy (w/ The Red Limo String Quartet), Heroes (David Bowie/Brian Eno, w/ The Red Limo String Quartet), Just Breathe (w/ The Red Limo String Quartet), Lukin (w/ The Red Limo String Quartet), Song Of Good Hope (Glen Hansard, w/ Glen Hansard), Sleepless Nights(Bryant, w/ Glen Hansard) [Busking Style Version], Society (Jerry Hannan, w/ Glen Hansard), All Along The Watchtower (Bob Dylan, w/ Glen Hansard & The Red Limo String Quartet)
Encore 2: Hard Sun (Indio, w/ Glen Hansard, The Red Limo String Quartet, Jill Vedder, Harper Vedder & Olivia Vedder)

27.06.2017 Teatro Antico, Taormina

Setlist: [Intro Music: Batman Theme performed by EV w/ Harper Vedder/Tuolumne] Trouble (Cat Stevens), Brain Damage (Pink Floyd), Sometimes, Throw Your Arms Around Me (Hunters & Collectors), Small Town, Off He Goes, Thumbing My Way, You’re True, Satellite (w/ The Red Limo String Quartet), Here Comes The Sun (The Beatles, w/ The Red Limo String Quartet), Wishlist, Let My Love Open The Door (Pete Townshend), Far Behind, Guaranteed, Long Nights (w/ Glen Hansard), Rise, Good Woman (Cat Power), Better Man, Immortality, Lukin [Partial], Porch 
Encore: I’m So Tired (Fugazi), Imagine (John Lennon/Yoko Ono), The Ship Song (Nick Cave, w/ The Red Limo String Quartet), Black (The Red Limo String Quartet), Sleepless Nights (Brynt, w/ Glen Hansard) [Busking Version Style], Just Breathe (w/ Glen Hansard) [Partial], Falling Slowly (Glen Hansard/Markéta Irglová, w/ Glen Hansard & The Red Limo String Quartet], Smile (w/ Glen Hansard), Rockin’ In The Free World (Neil Young, w/ Glen Hansard)
Encore 2: Hard Sun (Indio, w/ Glen Hansard, The Red Limo String Quartet, Olivia & Harper Vedder)
Encore 3: Dream A Little Dream (Kahn/Andre/Schwandt)

SETLIST ORIGINALI DEI CONCERTI ITALIANI DI EDDIE VEDDER

  

POSTER UFFICIALI DEI CONCERTI ITALIANI DI EDDIE VEDDER

Artisti:
Firenze 24/06/17 Zeb Love 
Taormina 26/06/17 Ames Bros 
Taormina 27/06/17 Rhys Cooper