The music biz in a Pearl Jam
MSNBC | 5 Giugno 2003
by Eric Olsen
Traduzione a cura di Angpo
La strada di Internet verso l’indipendenza: l’uscita del gruppo dalla Epic provocherà una fuga dalle etichette dinosauro?
I gruppi vanno e vengono dalle etichette discografiche, in una girandole di euforia e rifiuto, così quando si è saputo che i Pearl Jam avevano completato il loro contratto e si apprestavano a lasciare la Epic dopo 12 anni, molti nell’industria hanno alzato le spalle e sono ritornati al loro cappuccino. Ma è qualcosa in più che un qualche gruppo che lascia una qualche etichetta.
Questa volta è un’istituzione che ne abbandona un’altra, il gruppo rock americano più popolare ed importante degli anni ’90 che volontariamente rifiuta la tradizione della più grande etichetta – la casa da sempre di Bob Dylan, Bruce Springsteen, Santana, Miles Davis e Tony Bannett – perché il gruppo nan ha più bisogno dei servizi di una Major.
Se i Pearl Jam – che in questo momento si esibiscono in Usa davanti a folle entusiaste – saranno capaci di creare un modello di successo mobilitando i propri fan attraverso internet ed impegnandosi in questi pazzi progetti, come rendere disponibile un doppio album live per ogni data del tour, questo potrebbe essere l’inizio di una fuga da quegli zoppicanti dinosauri che le major sono diventate.
Ultimo gruppo rimasto dalla vulcanica esplosione del giunge a Seattle nei primi anni ’90, che produsse anche Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains e Screaming Trees, i Pearl Jam sono una rara congiunzione di Rock alternativo, rock classico e performance dal vivo, esattamente il tipo di gruppo ad ampio spettro, criticamente prestigioso, che la Columbia/Epic Records (ora di proprietà della Sony Music) ha sviluppato, nutrito ed esaltato nei decenni in un’orgogliosa tradizione che risale agli ultimi anni del 1880 e alla Columbia Graphophone Company di Bridgeport.
La Epic non voleva lasciare andare i Pearl Jam. Nonostante le vendite calanti degli ultimi anni, il gruppo produce ancora un rendimento sicuro. L’avvocato musicale di Los Angeles, Kenneth Freundlich dello studio Schleimer & Freundlich, stima che l’etichetta abbia guadagnato almeno 100 milioni di dollari nell’ultimo decennio grazie al gruppo.
E la Columbia/Epic/sony tradizionalmente si è sempre tenuta stretta i suoi artisti più importanti: Santana 20 anni, Micheal Jackson 20 anni, Johnny Cash e Miles Davis 30 anni. Bruce Springsteen ha trascorso la sua trentennale carriera con la Columbia, Dylan tutti i suoi 40 anni – tranne che per un paio di dischi per la Geffen nei primi anni ’70 – Barbara Streisand 40 anni, Tony Bennet quasi 50.
Ma il Manager del gruppo, Kelly Curtis mi ha detto al telefono: ”Il gruppo ha preso questa decisione 10 anni fa. Avevano un contratto per 7 album e non l’hanno mai rinegoziato come fa la maggior parte dei gruppi quando hanno un successo come quello dei Pearl Jam.”
Allora cosa comporta questo? Tutto. Se il gruppo simbolo può lasciare impunemente l’etichetta più importante nella storia della musica, allora la presa delle major sull’industria musicale è finita.
L’ETICHETTA POSSIEDE LA TUA ANIMA
Cos’ha un gruppo da una casa discografica? C’è un grosso cambiamento quando firmi un tipico contratto di alto livello per sette dischi come fecero i Pearl Jam 10 anni fa. A tutti piacciono i grossi anticipi: i debiti possono essere pagati, puoi comprarti case e macchine, la droga può essere comperata all’ingrosso risparmiando – aspettate, cancellate questo.
Ma in cambio di quella grossa somma, l’etichetta possiede la tua anima. Quell’anticipo non è un pagamento, è un prestito da cui vengono detratti i costi di registrazione, pubblicitari e di promozione – praticamente tutti i costi. Un gruppo non comincia a ricevere le royalties, il denaro davvero guadagnato, fino a quando non ripaga quel prestito con le vendite.
Molti pochi artisti coprono il debito e incassano le royalties – come indubbiamente hanno fatto i Pearl Jam – e anche quando ripagano, gli artisti non ricevono la proprietà dei master dei dischi che hanno fatto. Come dice l’avvocato Freundlich: ”Il vecchio detto dice: è come pagare un mutuo e non possedere mai la casa.”
Le pratiche di contabilità creativa da parte delle etichette discografiche negli anni hanno reso ancora più difficile ricoprire il debito. Queste pratiche ora sono state rese illegali in California grazie alla legge 1034 del Senato. Secondo quanto dice il Senatore Kevin Murray Democratico di Los Angeles: ”Con la struttura corrente non c’è alcun disincentivo da parte delle etichette nel tenere una contabilità corretta e di pagare le royalty, quindi, un cattivo comportamento da parte delle etichette è premiato.
Oltre al denaro le etichette forniscono un facile accesso alle radio e ai migliori espositori sugli scaffali dei negozi. Possiedono ancora i canali.
Possono i Pearl Jam fare tutto da soli?
“Siamo molto eccitati dalla nostra libertà,” mi ha detto il manager del gruppo, Kelly Curtis. “Le nuove tecnologie ed internet hanno reso possibile provare molte soluzioni, ed è quello che faremo.” Il loro TenClub fornisce un “collegamento diretto tra il gruppo e la loro base, forte di 50.000 persone,” secondo il manager del club Tim Bierman.
LA STRATEGIA DI INTERNET FUNZIONERA’?
Attraverso il club il gruppo ha gestito l’ambiziosa serie di 72 doppi bootleg dei concerti del tour mondiale del 2000-2001. Questi album hanno venduto circa 1,3 milioni di copie, online e nei negozi, e l’organizzazione sta vendendo una serie simile di dischi del loro tour attuale, quasi esclusivamente attraverso il sito.
Billboard afferma che i cd dal vivo di ogni concerto del 2003 in Australia, Giappone e della prima parte del tour americano “sembrano vedere bene, considerando che sono distribuiti solo via internet.”
Anche se hanno avuto qualche successo radiofonico come la sorpresa del ’99, Last Kiss, i Pearl Jam sono più un gruppo da album e concerti come i Phish o i Grateful Dead. Non hanno bisogno dell’aiuto dell’etichetta per le radio o per i tour, e con il successo avuto, probabilmente non hanno bisogno di alcun anticipo.
Ma potrà l’organizzazione dei Pearl Jam distribuire abbastanza dischi attraverso il proprio sito web, il fan club e organizzazioni indipendenti senza la distribuzione di una major?
I dinosauri osserveranno attentamente.
Pearl Jam Satisfies Pent-Up Demand with Tour
Billboard | 7 Giugno 2003
by Susanne Ault
Traduzione a cura di Acrobat
Non scoraggiati dalla perdita di alcuni fan, al giro di boa il tour 2003 dei Pearl Jam continua con il suo record di quasi tutto esaurito.
Alla fine delle 22 date della prima metà del tour al Bryce Jordan Center allo State College, i 18 show riportati dalla classifica ai botteghini di Bilboard hanno raccolto in media $434,050. L’affluenza totale è stata di circa l’80% della capacità totale delle arene, con una media di 11,974 persone a concerto.
La Creative Artist Agency ha prenotato il tour. Clear Channel Entertainment (CCE) ha promosso la maggior parte delle date.
“Li voglio ancora, assolutamente”, ci ha detto John Scheck, booking manager del Pepsi Center di Denver. Ovvero l’arena dalla quale circa due dozzine di persone sono uscite per protesta dopo la performance del cantante Eddie Vedder con una maschera del predidente Bush sul volto.
Scheck ci ha detto che nessuno ha chiesto rimborsi dopo lo show del 1° aprile, che ha incassato $463,866. Lui sostiene si sia trattato di “un non fatto, molto rumore per nulla”.
Come Scheck, il manager dei Pearl Jam Kelly Curtis spazza via l’incidente di Denver: “Credo che alla band piaccia sfidare la gente a parlare e reagire e dire quello che pensa, non tutti sono d’accordo, ma credo che a loro vada bene così”, ci ha detto.
Sebbene i concerti al Garden fossero esauriti ben prima dell’accaduto, Joel Peresman, Vicepresidente Senior al Radio City Entertainment, divisione del Madison Square Garden, è certo che le vendite per i concerti di luglio sarebbero andate benissimo anche dopo l’incidente.
Le recensioni sulla stampa locale sono state splendide. Molti hanno detto che uno dei fattori vincenti è la durata dei concerti, spesso oltre le due o le tre ore. Altri hanno notato che non ci sono due setlist uguali. Curtis stima che ogni sei o sette concerti venga eseguita “Bushleaguer”, la canzone nella quale Vedder protesta contro l’attuale amministrazione presidenziale.
Ai concerti all’AmSouth Amphitheater a Nashville e al Nassau Coliseum a Uniondale, N.Y., Vedder ha indossato la maschera di Bush durante la canzone. “Sarà ricordato come uno dei concerti più caldi dell’anno”, ci dice Kevin Ullstad, direttore dell’ Assembly Hall a Champaign, Ill., dopo il concerto dei Pearl Jam del 23 aprile. Ammette di essere stato preoccupato di possibili ripercussioni dopo le proteste anti-Bush, ma dice che “tutto è filato liscio”.
Dan Kemer, promoter della CCE che ha lavorato al tutto esaurito del 25 aprile alla Gund Arena di Cleveland, è rimasto entusiasta della cover della canzone “Sonic Reducer” della band locale dei Dead Boys fatta dai Pearl Jam: “Hanno fatto un omaggio ad una band di Cleveland. È stato magnifico. È bello vedere Eddie e i ragazzi sul palco, e in generale in tour”, dice Kemer. “credo che i fans siano vogliosi di vederli dal vivo”.
A marzo, il Madison Square Garden di New York ha registrato il tutto esaurito per i 20mila biglietti per i concerti dell’8-9 luglio in una sola giornata. La San Diego Sports Arena e l’Alltel Arena di North Little Rock, Ark. prevedono il tutto esaurito per i loro concerti del 5 e del 10 giugno. “E’ una band fantastica che non suona qui da molto tempo”, dice Peresman. “credo che il prezzo dei biglietti sia basso… ma non ci sarebbero stata opposizione se fossero aumentati”.
Circa il costo dei biglietti relativamente basso, Curtis spiega che “è sempre stata tradizione, significa molto per loro. Ci hanno detto un milione di volte che potremmo fare molti più soldi, ma non è mai stato neanche in discussione”.
L’ultimo tour dei Pearl Jam è stato per l’album Binaural, e molti mercati non vedono la band da un po’ di tempo. Non suonano al Garden dal ’98. Hanno segnato la loro prima apparizione al First Union Center di Philadelpia il 28 aprile, un tutto esaurito che ha raccolto 15,259 persone e ha raccolto 553 mila dollari. Un altro esordio sarà il 15 giugno al Fargodome di Fargo, N.D.
Ci sono state anche fermate più morbide durante il tour. Lo show del 5 aprile al Verizon Wireless Ampitheater a Selma, Texas ha venduto solo 12 mila dei 20 posti disponibili. E solo 9,392 persone sono arrivate al concerto al Wireless Amphitheater di Charlotte, N.C, il che è poco più dei 18mila posti diponibili.
Ma la cosa più importante è che, come ricorda Sean Saadeh, direttore delle prenotazione e del marketing alla San Diego Sports Arena, “non importa quanti dischi vendano, vendono comunque un sacco di biglietti, un po’ come Jimmy Buffet. Possono permetterselo. Molti dei loro fan oggi sono 30enni, e possono permettersi prezzi alti. Quindi sono molto fan-friendly”.
Le previsioni per le prossime 30 date, che partiranno il 28 maggio all’ Adams Center di Missoula, Mont., e finiranno il 14 luglio al PNC Center di Holmdel, N.J. sono di altri tutto esaurito sia nelle città più importanti che in quelle secondarie.
Per rispondere alle richieste, i Pearl Jam hanno riempito la seconda metà del loro tour di altre date. Hanno aggiunto un terzo show a Philadelpia al Tweeter Center a Camden, N.J., un terzo a Boston l’11 luglio al Tweeter Center di Mansfield, Mass., e altre visite ai territori vergini come l’Hersheypark Stadium di Hershey, Penn. il 12 luglio.
La band farà anche alcune date indoor. “Cercano di arrivare ovunque e amano molto i palazzetti, sono più intimi”, dice Curtis. “l’ultima volta che sono stati in tour hanno fatto più posti chiusi, ma ora cercano di mischiare un po’ le cose”.
Oltre ad una probabile data in autunno all’annuale Bridge School Benefit nella Bay Area, Curtis dice che non ci saranno altre date per il 2003. Il tour estivo sarà chiuso dai 3 concerti a Mexico City del 17, 18 e 19 luglio.
Comunque prevede che la band tornerà in studio per registrare e andrà in tour negli Stati Uniti e in Europa e/o in Asia con il nuovo materiale all’inizio del 2004. I Pearl Jam hanno completato il loro contratto con l’etichetta Epic e stanno valutando l’opzione di rimanere svincolati da contratti.
I fan stanno dimostrando un crescente disinteresse per i lavori in studio dei Pearl Jam, il che rende i loro risultati dal vivo ancora più impressionanti. Ten, l’album di debutto del 1991, ha venduto 9,1 milioni di copie, secondo la Nielsen Soundscan, confrontate con le 457 mila di Riot Act.
I cd live registrati dutante il tour del 2003 in Australia, Giappone e negli USA stanno vendendo bene, considerando che sono acquistabili solo via internet. Fino a maggio, sono stati acquistate 60 mila copie dei 37 concerti tenuti dalla band.