Interviste a Jeff Ament | Giugno 2003

Pearl Jam: After The Gold Rush

16 Giugno 2003

Grazie Angpo per la traduzione

Era il 1994, prima che cominciassi davvero a conoscere il gruppo rock di Seattle chiamato Pearl Jam. Ovviamente avevo sentito il loro materiale precedente e tutti i loro successi radiofonici (Daughter, Even Flow, Jeremy, ecc), ma per me alle loro canzoni mancava qualcosa che ritenevo essenziale alla musica: phat beats (non ho idea di che voglia dire), puttane e delinquenti, e atteggiamento gangsta.

Sì, fino a quel momento, avevo trascorso anni della mia vita a voler essere un criminale intrappolato nel corpo di un ragazzino bianco. E sì, se la musica conteneva elementi di chitarra (esclusi i RHCP o i RATM) semplicemente non la ascoltavo. Ma per una qualche ragione, quando le mie orecchie hanno sentito Eddie Vedder urlarmi “Spin the black circle!” qualcosa ha risuonato. Non sono sicuro di cosa fosse esattamente, ma sono sicuro che è stato quello che mi ha fatto riapprezzare la musica rock.

Probabilmente uno dei più grandi complimenti che si possa fare ai cinque individui che formano i Pearl Jam è di chiamarli un gruppo rock, perchè è esempre stata la loro constante. Sia che scrivessero frasi a favore dell’aborto sulle braccia, sia che lottassero contro il gigante dell’industria Ticketmaster, o che partecipassero a raduni in favore di Ralph Nader, l’unica cosa che i Pearl Jam hanno provato a mantenere ferma, attraverso la loro musica, è l’essere un gruppo rock. Anche se, come Jeff Ament, il bassista dei Pearl Jam, ha voluto chiarificare, la definizione di “gruppo rock” è piuttosto vaga.

“Guardo a gruppi come i Led Zeppelin e a quei dischi,” dice Ament. “Non mi stufo mai di quei dischi, continuo a sentirli da 25 anni. E per me loro non erano spaventati dall’idea di fare qualcosa di diverso.” Quella ricerca, di fare qualcosa di diverso e di non lasciarsi sfuggire le possibilità, è stata il credo dei Pearl Jam per parecchi anni.

Questo è stato ancora più evidente quando, il maggio scorso, dopo anni di contratto e di dischi fatti uscire con la Epic Records, i Pearl Jam hanno scelto di non rinegoziare il contratto con la compagnia discografica, scegliendo invece di affrontare il mare aperto da soli, per un po’.

Commentando la situazione Ament spiega: “Sai, con la promozione di Riot Act è stato molto chiaro per noi che erano molto più interessati a Tori Amos (che aveva appena firmato), a Good Charlotte… a quel genere di cose. E’ bello essere nella posizione in cui siamo ora. Non abbiamo nulla tranne che tempo e libertà, e ne approfitteremo”

Facendo un paragone sportivo, Ament paragona il suo stato attuale a quello di “un atleta davvero buono, la carriera di un atleta va dai 22 ai 35 anni. Io mi sento come se ne avessi 28 o 29, ancora vitale e che è appena diventato proprietario del suo cartellino.”

Un elemento nella loro ricerca di cose sempre diverse è stata la scelta dei luoghi per il loro tour attuale, che li ha portati in alcuni territori poco familiari come il First Union Center a Philadelphia (un tutto esaurito che ha portato più di 15.000 persone) e, il 15 giugno, il FargoDome.
E dopo sette album, anni di tour e di chilometri in viaggio, è stata la volontà del gruppo che li ha spinti nell’anonima pianura della Red River Valley.
“L’avevo buttata lì negli ultimi tour,” dice Ament. “Mio padre è cresciuto a Bluffton, Minnesota, che è appena a ovest di Wadena. In effetti ho fatto skate board nello state park di Fargo un paio di volte alla fine degli anni ’70. Penso che fosse lo Sportsman Skate Park o l’American Sportsman… qualcosa del genere.” Tornando al suo gruppo, Ament afferma: ”Avremmo suonato a New York City almeno 18 volte. Ed è divertente andare a New York ma… a questo punto stiamo cercando di andare in posti in cui non abbiamo mai suonato. Sono sempre io quello che spinge in quella direzione.”

Un’altra dimensione in cui Ament ha spinto i Pearl Jam –a parte quella musicale- è stata nel campo delle arti. Contribuendo all’artwork di quasi tutti gli album, Ament ha raggiunto un nuovo livello con Riot Act, creando (con l’aiuto di Kelly Gilliam, un amico e fabbro ferraio) le figure metalliche che adornano una copertina senza testo. Un’opera oscura, concettuale che parla a diversi livelli, Ament spiega che il design è nato insieme all’album.
“La prima volta che ci siamo ritrovati in una stanza ed abbiamo cominciato a suonare le canzoni, io ho cominciato a leggere i testi. E continuavo ad avere degli impulsi visuali molto forti. Ed è bello quando una cosa del genere capita, perché non mi accade spesso che leggendo qualcosa mi appaiano istantaneamente in mente delle immagini.”

Chiedo ad Ament che tipo di simbolismo vede nelle figure senza vita che ha creato. “Ci sono così tante canzoni sulle relazioni, sulla fine di vecchie relazioni e sulle nuove, ed anche su come, a volte, una persona che gode della stima più alta, possa forse non essere la persona più felice. Mi riferivo a tutte queste cose, il sentirsi in cima al mondo e contemporaneamente sentirsi come la persona più sola al mondo. Non importa davvero che tu abbia o meno denaro, che tu sia o meno famoso o che tu abbia o meno il potere. Tutti sono ancora suscettibili alla depressione e ad avere il cuore spezzato. Almeno, questo è quello che ho tentato di rappresentare. Puoi essere il re o la regina, ma la tua vita può comunque essere un inferno.” Sicuramente è una cosa che Ament può testimoniare, avendo i Pearl Jam cavalcato le montagne russe del successo, dove dopo ogni picco c’è una caduta.

Una di quelle cadute avvenne nel maggio del 1994, quando, appoggiati dal governo degli Stati Uniti, i Pearl Jam promossero un’azione legale contro l’agenzia di biglietti più grande del nord America, Ticketmaster, Affermando che la compagnia stava monopolizzando il mercato e facendo pressioni agli organizzatori perché non promuovessero i concerti dei Pearl Jam.

In segno di disprezzo, i Pearl Jam decisero di costruire da soli I loro spettacoli, in modo da avere il controllo completo sui luoghi dove esibirsi e sui prezzi del biglietto. E anche se il piano era stato fatto con le migliori intenzioni, si rivelò troppo difficoltoso anche per uno dei gruppi musicali più grandi. “L’abbiamo scoperto facendolo, rendeva le cose davvero difficili per i nostri fans,” ammette Ament. “Spesso dovevano andare fuori città. Spesso le strade non erano grandi, i punti d’accesso scarsi. Penso che la sicurezza non fosse quella che sarebbe dovuta essere. Arrivammo ad un punto in cui ci chiedemmo:’qual è la nostra priorità?’. Avevamo espresso la nostra posizione. Dopo di che, decidemmo che avevamo bisogno di suonare in luoghi sicuri. Forse lasciando un po’ perdere la parte del preoccuparsi per il monopolio. La cosa buffa è che allora Ticketmaster era solo un servizio di biglietteria. Ora è tutto …. dai diritti sul merchandising, ai palazzetti, alla gestione dei gruppi. E’ peggio che mai (ride)”

A quelli che hanno criticato il gruppo, etichettandolo come “Venduto”, per avere abbandonato la lotta ed essersi piegati a Ticketmaster, Ament dice: ”E’ facile fermarsi. La gente ci paragona ai Fugazi. Abbiamo la più grande stima dei Fugazi e di come si comportano come gruppo. Ma noi facciamo le cose ad un livello completamente diverso. Se vuoi fare un concerto con molte migliaia di persone, non puoi farlo in mezzo al nulla. Se l’avessimo fatto noi, sarebbero arrivate 10.000 persone e ci sarebbe stata una rivolta. Bisogna darsi delle priorità, che sono la parte musicale e creativa. E’ per questo motivo che siamo qui. Per quanto ci occupiamo di questa cosa (e questa cosa E’ importante per noi), dobbiamo ricordarci che siamo prima di tutto musicisti e che amiamo suonare.”
Ma che cosa pensa esattamente Ament dell’America di oggi, un’America in cui un presidente conservatore spadroneggia ed i fan fischiano i Pearl Jam sul palco mentre eseguono il singolo, anti Bush ed anti establishment, Bu$hleaguer – un fatto molto pubblicizzato che è avvenuto durante il concerto del 1° aprile al pepsi Center a Denver)?

“E’ un periodo strano. Molta gente è senza lavoro. Voglio dire, ho molti amici che erano musicisti o che avevano lavori davvero buoni nelle dotcom e che ora fanno i camerieri. Non possono fare dischi… non possono fare quello che facevano prima. Penso che ora la gente si senta un po’ abbattuta dopo che le cose erano andate bene per un lungo periodo. Vedi queste grandi compagnie ottenere tagli fiscali uno dopo l’altro. Poi leggi di amministratori delegati che guadagnano 12 milioni di dollari in società che stanno licenziando. E’ dura vederlo accadere. E sai, questi nuovi tagli alle tasse… dicono che creeranno nuovi posti di lavoro, ma la maggior parte dei soldi finisce nelle tasche degli amministratori delegati. Eddie ha detto qualcosa l’altro giorno. Ha detto: ’Sapete, mi viene voglia di dire al nostro pubblico che alzeremo il prezzo delle nostre magliette a 35 dollari, e che questo aiuterà l’economia perché noi spenderemo quei soldi. E metteremo tutti i soldi in più che guadagneremo in questo modo nel mercato e questo creerà nuovi posti di lavoro.’ Secondo me questo è esattamente quello che significa il taglio delle tasse. Una soluzione di breve respiro. Creerà posti di lavoro per un paio d’anni, fino a quando le società non finiranno i soldi e dovranno licenziare ancora. Allora la gente resterà di nuovo senza lavoro…”
“E Bush sarà rieletto,” aggiungo io.
“Dio ce ne scampi. Per favore …no. Andate tutti a votare. Votategli contro (ride)!”

Riportando i Pearl Jam nella conversazione – in particolare Bushleaguer – Ament spiega che: “Bushleaguer è la sorella di Fortunate Son dei Creedence Clearwater Revival. E’ una canzone da cucchiaio d’argento. Penso che la cosa che mi piace di più della canzone è che è divertente. E’ tutto quello che noi non siamo.”

E, mentre i Pearl Jam proseguono la loro ricerca per scoprire esattamente cosa siano (una voce per quelli senza rappresentanza? Leggende del rock che abbandonano la strada sicura? Un gruppo di cinque persone che fa musica?) sia Ament che il gruppo non mostrano segni di voler rallentare o prendersi una pausa.
All’orizzonte, per i Pearl Jam, c’è un album di B-sides che uscirà in autunno. “Stiamo analizzando la nostra…hu… lista dei desideri, nel senso che stiamo decidendo che canzoni vogliamo. Qualcuno pensa che dovrebbero essere una ventina. Io penso che dovrebbero essere sulle 35 (ride). Penso che se decidi di farlo, allora lo devi fare. Mettere buone versioni di queste canzoni, diverse da quelle che ci sono sui bootleg.”

Per quanto riguarda Ament, sta lavorando col batterista Richard Stuverud e il bassista dei King’s X, Dug Pinnick, per un possibile nuovo album. “Penso che le canzoni che abbiamo fatto con Doug. Abbiamo probabilmente 12 canzoni, e faremo un altro paio di sessioni con quelle. Vedremo cosa viene fuori.”

Su una nota più personale. Ament, fanatico di Skateboard (con l’appoggio degli altri componenti del gruppo), sta finanziando la costruzione di un parco per skateboard a Missula, Montana, contribuendo con 50.000 dollari alla sua costruzione.
“Facciamo ogni cosa che è nelle nostre possibilità per mettere soldi in quei progetti, per l’arte e per i ragazzi, che sono stati tagliati. Ogni volta che puoi dare ai ragazzi un luogo per essere creativi, specialmente con qualcosa come lo skateboard. Per quanto sia diffuso non è molto aiutato dalle comunità.”
“Bè, non lo so amico. Avril Lavigne è una punk da skateboard. E’ piuttosto popolare,” gli ricordo.
“Infatti amico! E’ esattamente quello che ci vuole. Deve essere coinvolta nel progetto!” replica Ament con sarcastico entusiasmo.
“Pensi che sia una punk da skateboard convinta?” chiedo.
“Non lo so amico. Non l’ho mai vista su una tavola.”

A conversation with Pearl Jam’s Ament

Special to the Herald | 13 giugno 2003

by Mary Holweger
Traduzione a cura di Angpo

Se amate la musica rock avrete sicuramente sentito parlare dei Pearl Jam, potreste anche conoscere il nome di Jeff Ament, il bassista dei Pearl Jam.

Nato a Big Sandy, Montana, Ament ha aiutato a portare la scena musicale di Seattle al centro dei riflettori mondiali. Nel 1984 lui e Stone Gossard, insieme con i futuri Mudhoney, Mark Arm e Steve Turner, formarono l’influente gruppo punk di Seattle chiamato Green River. Sempre lì, nel 1991 nacquero i Pearl Jam.

I Pearl Jam – che ora sono in tour con il loro ultimo album Riot Act – suoneranno domenica al Fargodome. In una recente intervista telefonica, Ament ha parlato del concerto e dei suoi legami personali con Fargo.

Come si sono evoluti i Pearl Jam?

Siamo stati testimoni di alcune tragedie e siamo passati attraverso dei periodi difficili. Specialmente i primi anni, quando non comunicavamo bene. Ma penso che aver superato queste situazioni ed aver imparato come comunicare tra di noi abbia creato un grande legame tra di noi. Degli ultimi 13 anni, ne abbiamo passati almeno la metà insieme, a questo punto siamo praticamente fratelli. Siamo legati per la vita.

Perché i Pearl Jam non fanno più pubblicità alla loro musica? Perché niente VH1 o MTV?

L’auto promozione non ci sembra molto naturale. Anche interviste come questa, non ne facciamo molte. Una ragione per cui sto facendo questa è che ho molti familiari nell’area di Fargo, e voglio fare loro un piccolo saluto.

Pensi che, dopo tutti questi anni, hai ancora lo stesso rapporto con la musica che avevate all’inizio?

Sì, forse perché negli ultimi tre dischi mi sono sentito motivato ancora a scrivere canzoni complete. Mi fa sentire come mi sentivo quando ho cominciato a suonare la prima volta perché allora scrivevo canzoni intere. Penso che sia una sensazione bellissima lavorare su una canzone nel tuo studio a casa, finirla, fare un demo con la canzone finita che ha sia la melodia che le parole.

Avete la possibilità di suonare dove volete durante un tour?

Perché avete scelto Fargo?

L’avevo buttata lì molte volte, soprattutto perché un paio dei fratelli di mio padre mi avevano pregato di fare un concerto in un posto più vicino a loro. Così l’ho tirato fuori, ho combattuto un pochino ed alla fine è stata scelta. Penso che stia andando piuttosto bene. Credo che siano stati venduti circa 9.000 biglietti e che ne avanzino solo un paio di centinaia. E’ piuttosto eccitante.