Intervista a Fausto Casara, batterista di Ed Vedder nel 1996

5 dicembre 1996, La Repubblica titola “Eddie Vedder torna a Roma”. Si scopre così che la sera prima il Goa (un piccolo club di Roma) ha ospitato un party a invito, dove Eddie Vedder ha suonato davanti a pochi fortunati e increduli presenti, nell’anonimato più totale. Terminato il tour europeo dei Pearl Jam, la voglia di suonare è ancora tanta e il cantante decide di organizzare un paio di show insieme a due ragazzi romani, Fausto Casara alla batteria e Francesco Aliotta al basso… questa è la loro storia.

Pearl Jam Online ha intervistato in esclusiva Fausto Casara, che ci svela ricordi, curiosità e aneddoti sul suo incontro con Eddie Vedder avvenuto a Roma nel 1996. Corredato da foto e mp3 mai circolati prima sul web.
PARTE I: L’INCONTRO

Dunque, facciamo un salto indietro di 14 anni. Siamo nel 1996, a Roma. In quali circostanze è scaturito il tuo incontro con Eddie Vedder?

Una cascata di coincidenze: avevo appena preso in affitto l’ormai famoso casale su Via della Giustiniana a Roma, un posto fatiscente ma che mi dava la possibilità di suonare a qualsiasi ora del giorno o della notte. Dovete sapere che mi ero appena licenziato da una società di animazione turistica per cominciare a studiare batteria, pur suonandola già dall’eta di 11  anni, quindi per uno studente come me era l’ideale. Ovviamente suonavo con musicisti vari e un salone era adibito a sala prove. Una di queste notti musicali, aa dicembre, mio fratello piomba al casale per avvertirmi che aveva chiamato il mio amico Davide Battista e che dovevo partire in tournee con i Pearl Jam…??? Comunque, continuò mio fratello, sarebbe passato Davide di lì a poco per spiegarmi i dettagli, erano le 4 e mezza del mattino e io come al solito ero in compagnia di 5/6 amici. Quando arrivò Davide mi spiegò che lui era stato la sera prima all’inaugurazione del Diesel Store di Via del Corso e che lì aveva incontrato Eddie  Vedder dei Pearl Jam, il quale  era in vacanza a Roma con [la sua prima moglie] Beth Liebling e gli Hovercraft dopo la tournee di ‘No Code’ appena conclusasi a Istanbul. Davide anni prima aveva suonato per 45 minuti la batteria e da buon intraprendente si presentò ad Eddie come batterista, ma intanto già pensava a me. Eddie gli disse che stava proprio cercando una sezione ritmica con cui suonare a una festa privata per dei suoi amici romani, gli diede una scaletta di pezzi da preparare e gli diede appuntamento per la mattina successiva.
Io avevo a malapena sentito parlare dei Pearl Jam perché ero rinchiuso nei villaggi turistici da 4 anni e di sicuro non avevo mai visto nè sentito nominare Eddie Vedder, tranne che per una cassetta regalatami da una norvegese che voleva farmi conoscere il ‘grunge’, e che conteneva pezzi dei Soundgarden, degli Alice in Chains, dei fantastici Nirvana (che io già conoscevo) e due brani dei nostri PJ, ‘Alive’ e ‘State of Love and Trust’, che mi conquistarono portandomi a cantarli a squarciagola, senza sapere le parole, in un villaggio turistico ai Carabi per ricconi che non erano certo in sintonia con quei miei vezzi artistici. ‘Alive’ mi diede il coraggio di mandare tutto affanculo (3 milioni al mese più vitto alloggio in posti da sogno) e tutti (il club vacanze di mister Calisto ‘ladro’ Tanzi).

Conoscevi già i Pearl Jam prima di questo incontro?

No, solo quella benedetta cassetta datami dalla norvegese.

PARTE II: I CONCERTI (con MP3 inediti)

Che ricordi hai dei concerti al Caffè Latino e al Goa?

Il cioccolato e la merda…

La serata al Caffè Latino la ricordo come una delle più belle della mia vita, mentre al Goa mi veniva da vomitare. Alcuni flash:
al Caffè Eddie mi presenta sua moglie Beth, non certo una modella ma simpaticissima e figa come non mai;
ho ripreso tutto il concerto degli Hovercraft (molto bello) e poi l’ho regalato alla regale coppia;
Eddie col cappello di paglia che sorseggia una birra sul palco, poi si leva il Sampei e mentre conta ‘one-two-three-four’ vedo gli occhi cambiare da bravo ragazzo qual è in animale da palco, pur suonando di fronte a 60 persone con 2 ragazzini;
musica suonata bene e con energia, eravamo sereni e convinti, la scaletta era buona;
io, Eddie e Davide Lepore che, dopo una piccola strizzata di coglioni per gioco e una rissa fra amici, ci ubriachiamo di Batida de Coco rubata da Eddie al bar dopo il concerto, disgustoso (la Batida, non il concerto), roba da testosterone galoppante;
io, Alessio Picci e Brando Lupi che festeggiamo e ci ubriachiamo con due bottiglie di spumante da 3.500 lire all’Autogrill della Pisana interna sdraiati sul raccordo alle 6:25 del mattino;
la faccia provata di Eddie a pranzo prima di dirigerci nella fogna del Goa.

Il Goa è stata una trappola tesa da furfanti a degli inermi musicisti.
Sarebbe dovuta essere una serata privata; gli invitati, 10 a testa, in tutto 110, avrebbero assistito al concerto prima dell’apertura del locale, appuntamento alle 21. Vi dico solo che a mezzanotte, a concerto ancora da iniziare, ho dovuto pagare 35.000 lire per fare entrare mio fratello!!
Ero amareggiato, stanco e deluso, Eddie stava con i suoi nel privè mentre io tappavo le falle organizzative a botte di biglietti da 10.000 lire; certo Eddie era (ed è) Eddie e io ero un povero stronzo, però lui era il mio capo branco e non ha fatto nulla per proteggermi, e questo si è sentito durante il concerto.
Il fonico era una pippa mal tirata (i primi 2 pezzi Francesco li ha suonati con l’amplificatore del basso spento!!!), i monitor erano tutti linkati tra loro, quindi se io chiedevo più chitarra, si alzava il volume su tutti i monitor, c’era un continuo via vai di gente sul palco e la cosa non era rilassante; comunque basta sentire la registrazione, il mio concerto più brutto della vita, per come ho suonato e per come è andato in generale; credo, spero, che sia lo stesso per Eddie e Francesco.

ASCOLTA LA VERSIONE LIVE TRATTA DALLO SHOW DEL GOA DI “I CAN’T EXPLAIN” suonata da Ed Vedder, Fausto Casara e Francesco Aliotta

Il giorno dopo Eddie è partito per vedere il concerto degli Who a Londra.

Durante lo show dei Pearl Jam a Venezia 2010, Eddie ha dedicato MFC ai suoi amici romani. Qual è il rapporto che lo lega alla città di Roma?

Tre fratelli di Roma andarono negli anni ’80  in California o giù di lì e fecero amicizia con Edward Louis Severson III/Vedder da Chicago, il quale non sapeva nemmeno che si sarebbe trasferito a Seattle da lì a poco per diventare l’icona del canto degli ultimi 20 anni.
Oltre a questo, so che si è sposato in Campidoglio [con la prima moglie, Beth, nel 1994].

Avete provato molto prima degli show? Si mormora che abbiate registrato diverse ore tra cover, canzoni inedite e improvvisazioni. Raccontaci qualcosa in più.

Non molto, abbiamo provato due giorni, nel senso di 48 ore. Dovete ricordare che io i suoi brani originali non li conoscevo affatto.
Ammetto che alcuni pezzi non li avevo proprio capiti, tipo RVM, che infatti ho sbagliato al concerto del Goa (adesso è uno dei miei brani preferiti e per esorcizzare l’errore al concerto l’ho registrata tutta da solo, ogni strumento, e gliel’ho regalata).
Le registrazioni invece le abbiamo fatte dopo i concerti in uno studio di amici miei a Roma, studio che avevo contribuito a costruire con le mie mani.
Dimenticavo che ‘MFC’ e ‘Parting Ways’ sono state create ed eseguite per la prima volta dal trio EFF (così mi diverto a chiamare il nostro trio: Eddie, Fausto e Francesco); ovviamente io e Fra non abbiamo composto nulla, anzi, l’idea ritmica per ‘MFC’ me l’ha passata Eddie (per i tecnici: la cassa suonava i levare d’ottavo e il rullante era fisso sul secondo e quarto quarto, l’uno era solo di charleston).

ASCOLTA LA VERSIONE EMBRIONALE DI “MFC” (snippet) registrata dal trio EFF (Ed Vedder, Fausto Casara e Francesco Aliotta)

ASCOLTA LA VERSIONE LIVE TRATTA DALLO SHOW DEL GOA DI “M.F.C.” suonata da Ed Vedder, Fausto Casara e Francesco Aliotta

Le registrazioni sono andate avanti per tre notti intere nelle quali lo studio era diventato il santuario del rock e tuttora è meta di pellegrinaggi da tutto il mondo.

PARTE III: EDDIE VEDDER

Qualche aneddoto particolare che ti è rimasto impresso relativo a Eddie?

Il fatto che al pub di Viale delle Milizie pagò la sua birra media 7.000 lire contando i biglietti da mille uno ad uno.
Il fatto che parla come se avesse un topo in bocca.
Il fatto che quando gli passavi una canna faceva un solo lungo tiro e poi la passava.
Il fatto che quando il basso acustico di Fra cadde e si spezzò, si mise quasi a piangere.
Il fatto che non conoscesse Jeff Buckley, che noi ammiravamo (fu Eddie a chiamarmi per darmi l’annuncio della morte di Buckley).
Il momento in cui entrò in casa mia felice come un bambino perché aveva trovato un libro dei suoi testi tradotti in italiano da un editore minore e le lacrime che a lungo e veramente pianse quando gli ho ritradotto in inglese ciò che quei delinquenti avevano tradotto in italiano, ad esempio: ‘Around the Bend’ era tradotta ‘Ti ruberò l’anima’…
Il fatto che quando stavamo al bar del suo albergo io ero seduto di spalle ad Arnold Schwarzenegger, sfiorando con le mie spalle quel gigante, e lui mi disse di stare attento a non sporcarmi toccando la merda.
Il fatto che gli negai il mio ultimo saluto.
Il fatto che ci abbracciammo sinceramente e a lungo prima che lui partisse.
Dimenticavo, quando lo riportavo in albergo la mattina dopo le prove, lui andava a correre. Quando io e Fra abbiamo scelto ‘Next to you’ dei Police come pezzo in più lui non la sapeva molto bene, ma la sera dopo la sapeva PERFETTAMENTE. Onore al merito, quell’uomo non smetteva mai di suonare quando noi andavamo in pausa.
Per ultimo, il fatto che durante l’improvvisazione al Goa tirò le corde della sua Stratocaster fino a farle saltare una ad una e il mi cantino gli s’infilò per 3-4 centimetri nel palmo della mano e quando lo estrasse il sangue zampillò per qualche attimo sulla sua chitarra, non la lavò.

Nel tempo trascorso insieme, avete parlato di musica? Quali gusti musicali avevate in comune?

Non parlavamo, si suonava.

Avete parlato di politica?

Solo quell’accenno a Schwarzenegger che ho detto prima, ricordati che io tornavo dalla luna dopo un viaggio di quattro anni; pensa che all’epoca ero felice che il nano infame era sceso in politica! Il mio entusiasmo durò pochissimo.

Come ha influenzato la tua vita musicale questo incontro?

In maniera importante, su più livelli.
Intanto è stata una conferma da parte della mia musa preferita che la mia scelta di abbandonare il settore del turismo per la musica in maniera definitiva, è stata una scelta saggia e giusta.
Mi ha fatto capire il grunge, movimento punk rock colto, d’importanza fondamentale per la musica contemporanea, oltre che mooolto bello.
Mi ha fatto annusare l’odore di merda che si portano appresso quei lecchini servi che per 2 secondi di fianco a una ‘star’ darebbero il culo.
In più ho guardato negli occhi e ho sentito l’odore di un uomo unico, non lo scorderò mai.

Sei rimasto in termini di amicizia con Eddie?

Sì, gli spedivo le cartoline di Diabolik che trovavo in giro e lui mi faceva uno squillo ogni tanto.

Tu e Francesco avete incontrato di nuovo Vedder negli anni succesivi al 1996?

Francesco non so, io sono andato a sentirlo a Verona [con i Pearl Jam, nel 2000] prima del fattaccio danese. Stava bene, mi ha fatto mangiare i lamponi e ho conosciuto McCready (lo adoro). Mi ha invitato a seguire il concerto sul palco ma io avevo già il mio biglietto.

Che tipo era con voi? Era timido ed introverso, come vuole la leggenda, o aperto e comunicativo?

Con noi era equilibrato, i modi di fare erano diversi da quelli di noi italiani però fu sempre molto amichevole e diretto. La prima volta che venne a casa mia si presentò con una boccia di Champagne!!! Lo bevemmo in bicchieri di plastica!

Avendolo conosciuto nel contesto di quegli anni per Eddie così strani e tormentati, avresti mai pensato che coi Pearl Jam sarebbe arrivato dove si trova oggi?

Veramente io non ho mai dubitato della sua prospettiva di diventare il numero uno nel suo genere. Ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare assieme ad altri numeri uno e li so riconoscere; credo, anzi, che non abbia ancora finito di deliziarci.

PARTE IV: PEARL JAM

Proprio quest’anno i Pearl Jam compiono vent’anni. Qualche riflessione?

Una band eccellente, che ha saputo scrollarsi di dosso il proprio passato pur rimanendo fedeli a se stessi e alla loro musica. Trovo tutti i loro dischi di alto valore musicale e letterario, tranne qualcosa di ‘Binaural’ e (non mi odiate) di ‘Ten’. Con l’ultimo ‘Backspacer’ hanno cancellato quella nube nera che gli era piombata addosso dopo Roskilde.

Hai visto recentemente i Pearl Jam dal vivo?

No, purtroppo.
Ho comprato il DVD ‘Immagine in Cornice’, bellissimo.

PARTE V: THE SHOWS

3 Dicembre 1996 Caffè Latino: Rome, Italy
Setlist: I Can’t Explain (The Who), My Generation (The Who), Corduroy, Immortality, Mini Fast Car, Not For You, Love->Building On Fire (Talking Heads), Next To You (The Police), RearviewmirrorSo You Wanna Be A Rock n’ Roll Star (The Byrds).

4 Dicembre 1996 Goa Club: Rome, Italy
Setlist: Off He Goes (Ed Vedder solo), The Kids Are Alright (The Who), I Can’t Explain (The Who), My Generation (The Who), Corduroy, Immortality, Mini Fast Car, Not For You, Crazy Mary (Victoria Williams)/Love->Building On Fire (Talking Heads), Lukin, Next To You (The Police), Rearviewmirror, So You Wanna Be A Rock n’ Roll Star (The Byrds)/Improv, Around The Bend, Rockin’ in the Free World (Neil Young)

PARTE VI: BIOGRAFIA DI FAUSTO CASARA

Inizia a suonare la batteria all’età di 11 anni e le sue prime esperienze lo vedono coinvolto in formazioni pop rock: si esibisce con gli EX.I.T., gruppo che copre la scena musicale romana negli anni ’80.
In seguito la sua attenzione si sposta su batteristi che si distinguono in drumming fantasiosi e innovativi spaziando dai classici Bonham e Paice ai capo scuola Gadd, Colaiuti, Weckl e Beauford, passando per Copeland, Mullen e Collins.
A 26 anni approfondisce i sui studi nel campo della musica jazz con Ettori Mancini , Gianni Di Renzo e Fabrizio Sferra.
La sua carriera si svolge sugli orizzonti della musica originale indipendente e collabora con gruppi come Carlostanout, Fleurs du Mal, Fifty Fifty di Marco Liotti e i Jahmila.
Collabora in studio e sui palchi dal vivo con il cantante statunitense Eddie Vedder dei Pearl Jam.
La sua esperienza musicale non si limita alla batteria ma approfondisce l’abbinamento di cori-armonizzazioni/canto solistico al suo drumming.
Nel 2001 si conferma musicista a 360° componendo 8 volumi di sonorizzazioni per la RAI TV con il Submax pjr. Il gruppo riscuote consensi notevoli con la trasmissione “Italia Amore Mio”.
Nel 2007 fonda il “Quinto Quarto” per il quale compone testi e musica del primo album “Misticanze Metafisiche” di cui è anche il cantante.
Dal 2006 con Andrea Romanazzo dirige a Roma i laboratori di musica di insieme presso Ladybird Project – Scuola di Musica.