Un Incontro Con… [Q&A con Ed Vedder]

Uncut Magazine | 6 agosto 2009
Grazie a primussucks@Pearl Jam Forum per la trascrizione
Traduzione a cura di FranAltereddie

E’ vero che hai registrato un disco di canzoni per ukulele nel 2000? Hai intenzione di pubblicarlo in qualche modo? – Scott Kobleske, Chicago

L’ho fatto e ne ho regalato anche delle copie a qualche amico. Era un brutto periodo -dopo Roskilde- e con una serie di cose che accadevano nel nostro privato. E questo piccolo strumento a quattro corde che potresti mettere in tasca, è diventato un buon amico. Lo “uke” è un incredibile mezzo per imparare tutto sulla struttura delle melodie e degli accordi – sei subito in grado di scrivere ragtime classici! Così ho scritto queste canzoni tristi con uno strumento allegro. Mi ha aiutato ad elaborare sentimenti davvero dolorosi, ma non ho voluto pubblicare niente perché sono cose troppo personali. E’ buffo adesso, in prospettiva non mi sembrano più così commoventi come avevo pensato. Per questo… potrei anche inciderle. Vedremo.

Quali dei tuoi testi sono stati più equivocati? Cita i casi più divertenti – Michael Stipe, REM

Forse la mia dizione non è tanto buona! Ma se Michael fa questa domanda vuol dire che è successo più a lui che a me! I suoi testi sono sempre così aperti all’interpretazione. C’è una traccia in Murmur, “We Walk”, la conoscete, “Procurati un angolo… salendo le scale e per l’atterraggio”. Ero in macchina con mia figlia, noi due soli, e lei comincia a cantare. Avrei pianto. E’ stato uno dei momenti in cui mi sono sentito più orgoglioso. Mia figlia conosceva una canzone dei REM! Ovviamente la cantava tutta sbagliata, ma non so se c’è un modo giusto per farlo. Sono liriche oblique con tanti significati. Michael è un mago in queste cose.

A cosa ti sei ispirato quando hai scritto la colonna sonora di In To The Wild? – Irene Mariani, Italy

Ricordo di aver visto il film “Harold and Maude” quando avevo 12 anni; il film è accompagnato da alcune canzoni di Cat Stevens. La voce di Cat rappresenta la voce interiore del protagonista attraverso tutto il film e lo fa in maniera perfetta. C’è una perfetta sinergia tra il film e la musica e questo mi ha davvero ispirato nel cercare di scrivere una colonna sonora. Prendi la scena finale, quando sembra che Harold guidi oltre la rupe, con la pioggia che batte sul parabrezza e tu sai come si sente. Allora c’è “Trouble” e all’improvviso si è schiacciati dalla commozione. Vedere questo lavoro mi ha fatto pensare che potevo provarci.

Olivia li ha poi fatti i quattro piani scendendo dal palo dei pompieri? – Neil Finn, Crowded House

Dite a Neil che non ho mai parlato di nessun palo! Ha ha! Come Neil sa, abbiamo una figlia giovane e avventurosa, una vera cascatrice. Immagino che, crescendo, le cose cambieranno e avremo un ridimensionamento della dinamica maschio/femmina. Ora come ora però, mia figlia è dura come nessun altro, maschio o femmina, che abbia meno di 15 anni. Il palo da pompiere? E’ una storia lunga. Essenzialmente, ho ricominciato a “fumare” dopo un lungo periodo di astinenza e ho avuto un’epifania. Ho realizzato che la casa dove vivo ha come una serie di piani uno sopra l’altro. Dopo questa bella trovata mi occorreva qualcosa come un palo dei pompieri che collegasse i quattro piani tra loro. Lo abbiamo installato tre mesi dopo. E’ davvero molto pratico! Io scrivo le mie canzoni in cantina così, se sono di sopra, non faccio altro che lasciarmi scivolare giù. Puoi anche fermarti in lavanderia ad esempio, e mentre sei lì che lavi, dimenticare un sacco di canzoni. Così ti paghi le royalties da solo

Cosa ti è piaciuto nel lavorare con Nusrat Fateh Ali Khan?- Zak, Leytonstone, London

Mi ha messo soggezione per molti motivi. Abbiamo lavorato insieme per qualche giorno – per la colonna sonora di “Dead Man Walking”, il film di Tim Robbins – e ogni cosa passava attraverso l’interprete perché mi avevano detto che non parlava inglese. Aveva un grande equilibrio, come la statua di un Buddha, sembrava fatto di pietra! E quando cantava era come se fosse il tramite di qualche incredibile potere spirituale. Dopo due giorni di conversazioni con l’interprete, è capitato che fossimo soli nella stanza, così mi guarda e dice, in perfetto inglese: “Hai davvero una bellissima voce”. Sembrava la scena di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, quando l’Indiano alla fine parla con Jack Nicholson. Io ho pensato: tu, figlio di puttana! E naturalmente abbiamo parlato e parlato e tutto è andato alla grande. Dopo quest’episodio l’ho incontrato ancora qualche volta. Credo che il suo pretendere di non parlare inglese fosse un meccanismo di difesa. Quanto avrei voluto capirlo prima! Sfortunatamente ci è stato tolto troppo presto. E così molti segreti della musica qawwali sono morti con lui.

Essendo entrambi icone grunge, cosa pensi del nuovo LP di Chris Cornell con Timbaland? – Einat Shaul, Israel

Non l’ho ascoltato. Timbaland quello delle scarpe? O è un produttore? Non so proprio chi sia. Dunque. Mi piacciono davvero i dischi di Chris e penso che sia il miglior cantante sulla faccia della terra. L’ho incontrato la prima volta quando sono venuto a Seattle e abbiamo cominciato a fare conoscere. Non so nulla della vita dei musicisti, ma ho realizzato velocemente cosa ne faceva lui della sua un venerdì notte, quando ha preso una confezione da 12 di birra schifose ed è andato a cercare il suo cane nel fango di un bosco per quattro ore. Ho avuto una rivelazione incredibile! E’ un po’ che non lo vedo in giro ma ormai so tutto sulla tecnica di ritrovamento dei cani – io e il mio bastardino Hawaiiano. La birra migliora il risultato.

Dal vivo avete realizzato molte grandi cover versions – hai mai pensato di farne un album in studio? – Jeff Tweedy, Wilco

Non sono sicuro del motivo per cui suoniamo canzoni che non abbiamo scritto, specialmente quando è chiaro che niente possa superare l’originale. Una ragione è suonarle per della gente che non le ha mai sentite. Quando suono le canzoni di Cat Stevens è ovvio che non potrò mai farlo bene quanto lui, ma so di presentarlo a delle nuove generazioni di fans. Per quanto riguarda farne un intero disco, be’, immagina quanti dischi si potrebbero fare se non si dovessero scrivere le canzoni! E’ per questo che Elvis ha realizzato così tanti albums!

Qual’è il libro che ti ha cambiato la vita? – Jennifer Coppertino, New York

Mi viene in mente “Cat’s Cradle” [“Ghiaccio-nove”] di Kurt Vonnegut. E’ la storia di un umanista che si trasforma in ateo ed ha avuto una profonda influenza su di me. Ho finito per leggere ogni cosa che ha scritto dopo questa, due, tre, quattro, cinque volte. L’unico altro autore che ha avuto su di me un effetto paragonabile al suo, è stato Charles Bukowski, che ti apre gli occhi sulla bellezza che c’è in ciascuna vita. Anche l’esistenza più infima é colorata e piena di significato più che in qualsiasi carattere di una novella di F. Scott Fitzgerald. Questo ti fa capire che tutti noi siamo individui e tutti abbiamo qualcosa che è degno di introspezione e rispetto .

Qual’è la volta che ti sei messo più paura facendo surf? e dove? – Selin Hall, California

Se ti trovi in una grande massa d’acqua ti senti già come se stessi compiendo una prodezza. Consiglierei di surfare a chiunque sia abbastanza alto e robusto. (Fare surf) assorbe tutta la tua attenzione e non ti consente di pensare a nient’altro. Puoi farti un gran male anche con un’onda che sembra piccola e insignificante, se non stai attento. Quando sei sull’onda vivi uno di quei rari istanti di purificazione in cui non puoi pensare ad altro che sopravvivere e celebrare quest’onda che tocca terra dopo aver viaggiato per 2000 miglia. C’è una quiete profonda in questo, perché l’oceano è il luogo da dove veniamo tutti e sono convinto che c’è qualcosa nell’oceano che ti proteggerà.

Hai aderito al Movimento di Meditazione Trascendentale di David Lynch; hai indossato magliette di Aleister Crowley e hai dichiarato di essere ateo. Qual’è il tuo credo personale e come ci sei arrivato? – Stephan Rott, Germany

Be’, si cambia! E credo che bisogni essere elastici. Ogni sistema di fede è rigido, chiuso alle altre fedi e questo non è molto sano. Penso inoltre che, se guardi alla vita come a una lunga serie di cambiamenti evolutivi cominciata miliardi di anni fa da piccole cose che nuotavano nel fango, e poi pensi a dove siamo adesso, è certo una serie importante di circostanze. Per me c’è molta più magia in questo che in qualcuno che crea il mondo in sei giorni e si riposa il settimo. Quando capisci quanto tempo ha impiegato l’umanità per arrivare al punto in cui si trova, il tuo rispetto per l’esistenza di un’altra persona acquista profondità e assume un significato più ampio. Non potrei mai pensare di uccidere nessuno perché il suo lignaggio risale ai mari primordiali, non perché c’è un qualche occhio nel cielo che controlla a quanti comandamenti stai disobbedendo.

Sii onesto. Sei tu quello di “Yellow Ledbetter”, anche se non al 100 per cento? – Ed Byrne, comedian

Ha ha ha! Questo è l’attore che fa quelle cose su me, vero? Bene, ha ragione – il testo di “Yellow Ledbetter” si evolve costantemente… Ammetto di aver cantato, a volte, una cosa senza senso! La canzone originale trattava della prima Guerra del Golfo, e io pensai a questa immagine di un ragazzo con capelli lunghi e vestiti buffi, che riceve un telegramma giallo dove gli comunicano che suo fratello è stato ucciso durante un’azione militare. Allora va da questi tizii più vecchi, con l’aria da conservatori, che se ne stanno sotto un portico, sventolando la bandiera americana, cercando di coinvolgerli mostrandosi solidale e loro lo scacciano e gli alzano il medio. Così, secondo voi, suo fratello che cosa è morto a fare?

L’ultima volta che i PJ hanno suonato alla Wembley Arena, alla fine dello show, ti sei offerto di pagare da bere a tutto il pubblico. Vuoi saperlo? Sono passati due anni e io sono ancora a bocca asciutta… – Thomas Birch, Harefield, Middlesex

Come? Non ti ricordi? Siamo andati tutti a questo piccolo pub di Wembley. La maggior parte di noi ha bevuto due volte! Maledizione, Thomas, ho ancora lo scontrino, ho pagato in contanti, accidenti. Vabbè, è stata una gran nottata, Thomas, peccato che non c’eri…