Eddie Vedder intervista Josh Brolin

Interview Magazine | 21 novembre 2008

Traduzione a cura di Irene

Per comprendere Josh Brolin, per entrare veramente nella sua pelle, è d’aiuto sapere che oltre ad essere un attore – e di ottima qualità peraltro – egli sa bene come incrementare il proprio capitale. Infatti, alcuni anni fa, quando i ruoli importanti non arrivavano così veloci e intensi come adesso, Brolin ha venduto il suo ranch nel Nord della California ed ha concentrato le sue energie sul day-trading – con l’idea che se avesse potuto arrotondare il suo reddito giocando in Borsa, allora non avrebbe dovuto accettare dei ruoli semplicemente per sopravvivere. Brolin era bravo nel trading, facendo le sue mosse dal computer nell’ufficio a casa sua, come un Gordon Gekko (il personaggio di Michael Douglas in “Wall Street” n.d.t.) in tuta da ginnastica. Tutto ciò, ovviamente, prima che Robert Rodriguez lo scegliesse per “Grindhouse” (2007) e Ridley Scott per “American Gangster” (2007) e i fratelli Coen gli affidassero la maggior parte del tempo sullo schermo in “No Country for Old Men” (2007). Era prima che Josh Brolin – ex star adolescente di “The Goonies” (1985), attore di esperienza, marito di Diane Lane, e figliastro di Yentl (suo padre, l’attore James Brolin, è sposato con Barbra Streisand) – diventasse il Josh Brolin che conosciamo oggi: un uomo che ha tutte le caratteristiche di un attore vecchio stile, il tipo duro, disonesto che sembra fatto apposta per il dorso di un cavallo in un film di Sam Peckinpah e a cui sembra mancare quel gene del 21° secolo che fa sì che le star del cinema si preoccupino di sapere se piacciono o meno.
Ma tornando al mercato azionario: subito dopo aver venduto il suo vecchio ranch, Brolin ne ha comprato uno nuovo, un fatto che ha tanto a che fare con la sua abilità a negoziare i tori e gli orsi (in Borsa) quanto con la sua innata comprensione della scienza del saper scegliere – quelle intangibili forze che fanno fare alle persone ciò che fanno, e la logica interna che li guida. Infatti, negli ultimi film di Brolin, egli è stato difficilmente piacevole, ma facile da amare, e le cose non saranno ora meno complicate: Brolin ha trascorso buona parte della scorsa estate a Shreveport, in Louisiana, girando “W.”, il nuovo film biografico su George W. Bush realizzato da Oliver Stone, nel quale interpreta il 43° presidente uscente degli Stati Uniti. E’ inoltre protagonista accanto a Sean Penn in “Milk” il nuovo film di Gus Van Sant sull’attivista per i diritti dei gay e consigliere comunale della città di San Francisco, Harvey Milk; Brolin interpreta Dan White, un rivale politico di Milk proveniente da un distretto operaio che voleva assassinare sia Milk che il sindaco George Moscone, sparando ad entrambi a breve distanza nel Municipio nel novembre del 1978. (Durante il processo, gli avvocati di White avrebbero prodotto la ormai famosa “ difesa Twinkie” asserendo che il loro cliente, da sempre devoto del fitness, soffriva di una grave depressione al momento degli omicidi, evidenziata dal fatto che aveva smesso di fare esercizio ed aveva iniziato a consumare grandi quantità di Twinkies).
In aggiunta a tutto ciò, Brolin ha anche preso parte a “The People Speak”, una miniserie TV di prossima uscita basata in parte sul bestseller “A People’s History of the United States” del politologo e storico Howard Zinn. La serie include la musica, tra gli altri, di Eddie Vedder, il front man dei Pearl Jam, qui intervistatore di Brolin. In questo momento di pulizia nella storia Americana e mentre sta per avvenire una storica elezione presidenziale, i 40enni Brolin e Vedder si sono messi comodi per fare congetture sullo stato dell’Unione, sulla prepotente ripresa della carriera di Brolin, e su fino a che punto alcune persone sono disposte ad arrivare in nome della loro arte. Quindi, come spiegare il recente colpo di fortuna di Brolin? E’ l’economia, stupido.

EDDIE VEDDER: Ho appena terminato un tour, e mi sto disintossicando. E’ una disintossicazione pesante, per cui nella mia pancia non c’è niente altro che acqua, sale, e pepe di cayenna. 

JOSH BROLIN: Stai bevendo la limonata, il pepe di cayenna e tutto il resto?

EV: Sì, sto facendo la “Master Cleanse”, che significa anche che non sto fumando. Non fumo da quattro giorni. Questa è probabilmente la prima conversazione telefonica che faccio senza una sigaretta negli ultimi 10 anni. E’ come cercare di parlare senza utilizzare avverbi.

JB: Bene. Ne ho appena accesa una. Mi dispiace. Dove ti trovi?

EV: Sono tornato a Seattle. 

JB: Siamo appena stati alla DNC [Convention Nazionale Democratica] a Denver, per fare “The People Speak”. Non ho visto Howard [Zinn] lì, ma mi ha raccontato al telefono tutta la storia con te a Boston e di come hai acceso un riflettore su di lui nel mezzo dello show.

EV: Sì. Sua moglie [l’artista Roslyn Zinn, che è morta di cancro alle ovaie il 14 maggio di quest’anno] era la migliore. Ha fatto sembrare Ruth Gordon come una pallida luce. E così ho messo una sua foto nel programma, una foto davvero bella di lei e Howard, e le abbiamo dedicato un brano. Era una di quelle persone… Quando è morta, ho sentito la sua presenza intorno a me. 

JB: Enormemente. Anch’io. L’ultima volta che l’ho vista è stato a Boston quando abbiamo fatto la performance di “The People Speak” al Majestic Theatre con Viggo [Mortensen] e tutti gli altri ragazzi. Era molto malata in quel periodo, ma la cosa meravigliosa di lei era che non l’avresti mai detto. Era incredibile.

EV: Bè, la tempistica è stata assolutamente sbalorditiva, rendendo possibile quella performance. Quindi eri alla DNC? 

JB: Sì. Ho visto il discorso di Cindy Sheehan, e poi ho passato un po’ di tempo con lei. Penso che stia cercando di correre contro Nancy Pelosi per il suo seggio al Congresso. E poi ho visto il discorso di Sean [Penn] e circa la metà del discorso di [Ralph] Nader. Sean è stato fantastico. Sa parlare incredibilmente bene e con passione. So che lui ha molta difficoltà a parlare in pubblico, ma è straordinario. E’ l’uomo più empatico, per cui sono sempre profondamente colpito quando si alza davanti ad un pubblico.

EV: Bene, c’è questa cosa che si sente dire molto in questi giorni. La gente dice “Sono stanco di sentir parlare della guerra in Iraq. Sono stanco di sentire questi discorsi.” E questo mi fa capire come poche persone abbiano un legame più profondo con tutto ciò, finché non conoscono persone che sono tornate paralizzate o che sono morte, o famiglie che sono state colpite… Se avessero un legame con tutto ciò, allora non sarebbero stanchi di sentirne parlare.

JB: E’ quasi come un processo di negazione. Mi ricorda quando iniziò l’epidemia di AIDS. C’erano persone che dicevano “Bè, se non ci fossero i gay, non avremmo questo problema. E’ colpa loro – lascia che siano loro anziché noi”. Ma quando ti informi meglio sull’argomento, non puoi fare a meno di capire che siamo tutti coinvolti. Credo che cose come queste diventano troppo spaventose per la gente. Ecco cos’è magnifico di Howard Zinn. Ecco un uomo che dice “ Guarda, la democrazia non viene dall’alto – viene dal basso.” L’unico modo in cui il cambiamento potrà mai avvenire è attraverso la forte espressione della nostra opinione, e dobbiamo essere consapevoli che questo ha davvero un impatto. Perché abbiamo molto più potere di quello che pensiamo, io credo.

EV: Bene, un’altra idea di Howard che mi ha molto interessato è che gli uomini al vertice che hanno il potere cercano di tenerselo. Devono essere sfidati. E questo ci porta alle ricerche che hai fatto su quest’uomo, George W. Bush, per poterlo interpretare in “W.” 

JB: Puoi immaginare quanto sia stato strano per me aver fatto così tante ricerche su George W. Bush? C’è questo stato di agitazione che si verifica quando entri veramente nella vita di qualcuno. “W.” non è necessariamente un film politico, ma c’era una specie di realtà contrastante per me ad entrare nel personaggio di George W. Bush a causa di quello che provavo nei confronti della sua amministrazione prima che iniziassi a girare il film. Non lo dimenticherò mai. Diane ed io eravamo su al nord – era una specie di vacanza prima che io iniziassi il film – ed ho parlato con molte persone ed ho letto tanti libri. Così un giorno ero fuori circondato dalle sequoie, ed avevo appena finito questo libro intitolato “The Faith of George W. Bush”, e sono entrato e ho guardato Diane negli occhi, e lei mi ha detto “Che cosa c’è?” Ed io ho detto “Adesso mi piace veramente quest’uomo. Non so perché, e non so come.” Ciò che era così affascinante è che George W. Bush è una sorta di ispirazione per chiunque se ne sia andato per la tangente ubriaco perso. Quest’uomo letteralmente un giorno ha detto “Così non va bene. La mia vita non sta andando da nessuna parte – Smetterò di bere.” E così inizia ad approfondire la sua relazione con Gesù e diventa quasi una persona diversa che alla fine riesce a diventare il presidente degli Stati Uniti. Non puoi fare a meno di essere ispirato da qualcuno con quel tipo di convinzione e volontà d’acciaio. Ma quei demoni con cui aveva a che fare esistono comunque in qualsiasi condizione ti trovi, ed alla fine troveranno il modo di venire fuori. Risaliranno in superficie – si tratta solo di vedere come.

EV: Sì, ecco perché mi sto disintossicando questa settimana. E’ proprio per mettermi a posto per il mese prossimo. 

JB: [ride] Perché ti stai disintossicando?

EV: Bè, negli ultimi due anni sono stato molto “on the road”… Sono pronto per migliorare il mio comportamento. Non so quale sarà il risultato – sono quattro giorni per ora. In effetti, non ne voglio parlare. Ma mi fa sentire strano. Mi sento diverso. 

JB: Ti senti più forte? Ho fatto qualche volta quello che stai facendo tu. Dopo il periodo iniziale in cui ti senti come se avessi l’influenza arrivano quei cinque o sei giorni di accelerazione. Ovviamente, non ti ha ancora preso.

EV: No. Sono più nella fase in cui mi aggiro stordito chiedendomi se tutto questo sta accadendo realmente.

JB: E’ perfetto per questa conversazione.

EV: Ma ora, oltre a George W. Bush, tu interpreti un altro tipo di figura politica intensa, Dan White, in “Milk”. Sei diventato così clemente con Dan White come dicevi di essere stato con George W.? 

JB: No, e Dan White è all’apparenza il personaggio più perdonabile. Non voglio insultare la sua famiglia o suo figlio, che ho incontrato e che sono stati molto piacevoli. Non voglio insultare nessuno, ma la verità della questione è che una delle maggiori differenze tra George W. Bush e Dan White è che George W. Bush ha questa convinzione nella sua preveggenza. O per lo meno Bush dice – e l’ho sentito dire – “Non potete giudicarmi ora, perché, guardate Abraham Lincoln. Quando si trovò nel mezzo della guerra e 600.000 persone erano morte, egli è stato vilipeso per il discorso di Gettysburg perché era sembrato troppo breve e quasi oltraggioso, ed ora ti guardi indietro ed è considerato uno dei più grandi discorsi di tutti i tempi ed egli è considerato uno dei più grandi presidenti di tutti i tempi.” Tutto questo genere di merda. Ma la questione con Dan White era che egli non aveva alcuna preveggenza. Erano stati creati diversi consiglieri comunali [posizioni]. A San Francisco, c’era solo un consigliere comunale che si occupava dell’intera città, e poi credo che sia stato suddiviso in nove diversi distretti, o qualcosa del genere. Dan White era la Grande Speranza Bianca perché tutto stava cambiando. C’era il movimento dei gay e delle lesbiche e tutta quella roba che stava accadendo. Ma non era il suo momento. Così qualcuno che fosse stato politicamente più esperto avrebbe pensato: Okay, questo è ciò che sta accadendo ora – questo è il momento di Harvey Milk, e poi più avanti arriverà il mio momento. Ma egli non vide questo. Si impantanò nel fatto che egli non era stato preso in considerazione, che non era stato acclamato – e questo è un uomo che era stato acclamato nel suo piccolo distretto. Credo che divenne via via più frustrato, e andò a finire come andò a finire. Chi può dire perché? C’è tutta questa storia della “difesa Twinkie”, che fu una piccola parte della sua difesa, ma insistettero su questo, e divenne una cosa molto più grande di ciò che in realtà era. Gli omicidi furono ovviamente premeditati. Aveva i proiettili nel gilè. Credo che avesse pianificato l’uccisione di quattro persone e poi finì per uccidere solo il sindaco Moscone e Harvey. Hai mai visto Elephant [2003] il film di Gus Van Sant? C’è una ripresa di un elefante che segue il ragazzo quando entra nella scuola, e dura per tutto il tempo. Lo segue per, qualcosa come 10 minuti. Mentre stavamo girando “Milk” ci siamo resi conto che quando Dan White sparò al sindaco Moscone, si trovava in un’ala del Municipio, per cui egli deve aver lasciato quell’ufficio dopo aver sparato a Moscone e deve aver camminato, non so, deve essere stata una camminata di almeno quattro minuti per raggiungere l’altro lato del Municipio. E’ affascinante per me quello che deve aver pensato durante quel cammino. C’è stato un momento in cui ha pensato “Cosa sto facendo?” Era completamente immerso in questa sorta di psicosi momentanea? Così ho detto a Gus, “Ricordi quella ripresa in “Elephant”? Che ne dici se cercassimo di fare qualcosa del genere, giusto per vedere cosa sta pensando quest’uomo? Forse potrebbe passare attraverso questa miriade di emozioni: pianto, riso, sorriso, concentrazione, completo torpore, qualsiasi cosa. Lasciami provare un po’ di cose.” Comunque, Gus ha tenuto alcune di esse, e funziona.

EV: Senza volerti mettere in condizione di abbandonarti ad eccessive effusioni , sembra che gi ultimi film che hai fatto sono stati diretti da alcuni tra i migliori filmmakers della nostra generazione: i fratelli Coen, Gus Van Sant, Oliver Stone. E tutto negli ultimi tre anni. 

JB: Anche Ridley Scott, in “American Gangster”. E’ un altro uomo straordinario.

EV: Oh, sì, sì. Voi attori vi muovete molto. Noi stiamo in una band, per la maggior parte, e facciamo le nostre cose. Quindi, per me, quello che stai facendo tu è come suonare con Jimi Hendrix e poi suonare con John Coltrane. 

JB: Non so com’è per te essere circondato da persone che apprezzi da quando eri ragazzo, ma c’è stato un momento nella mia vita… Guarda, non mi sono mai amareggiato per la mia carriera. Ho sempre guadagnato abbastanza per mandare a scuola i miei figli, farli mangiare e tutto il resto, perciò non sono mai stato uno di quelli che dicono “Perché non sono in quest’altra posizione? Perché non sono al posto di quell’altro? Perché sono io?” Quando queste cose hanno iniziato ad accadere… Credo che tutto sia cominciato quando Robert Rodriguez mi ha scelto per “Grindhouse” e poi da lì c’è stato una sorta di effetto valanga. Io so che, per me, lavorare con persone come Robert Rodriguez e Ridley Scott e i fratelli Coen e Oliver Stone e Gus Van Sant è stato molto più facile che lavorare con tante altre persone con le quali avevo lavorato in precedenza, perché con loro non c’è così tanto coinvolgimento dell’ego. Tutto riguarda il lavoro. Tutto riguarda come migliorare la storia. Così, alla fine della giornata, senti una fiducia che di solito non senti – o almeno io non ho sentito in passato con la maggior parte delle persone. Avevo sentito delle dicerie su Oliver Stone prima che iniziassimo a lavorare a “W.”, e non capisco. Per me, è uno dei registi più sensibili. Lui è affascinato dalle motivazioni che sono dietro ai comportamenti delle persone. I suoi film sono una scusa per esplorare questa idea, e vuole lavorare con persone che siano altrettanto appassionate a questo tema. Perciò siamo andati brillantemente d’accordo.

EV: Dicevi prima di aver visto il discorso di Sean e di quanto fosse valido. Ed ora abbiamo Barack Obama – 

JB: Che è un grande oratore.

EV: Bè, se egli potesse arrivare al termine del processo delle elezioni senza dover soddisfare i più grandi poteri corporativi e parlare di cose in un modo che porti la gente ad ascoltare… E’ una cosa difficile da fare; io certamente non potrei farlo. Ma sembra che Barack sia l’uomo giusto. 

JB: Hai fiducia in lui?

EV: Assolutamente. Ho fatto un po’ di ricerche per arrivare a questa conclusione, ma ho fiducia. Penso inoltre che qualsiasi candidato, chiunque venga eletto, potrà essere influenzato su alcune questioni o programmi da coloro che le hanno a cuore. Non si può essere perfetti. Non puoi essere il padre perfetto. Non puoi essere il cantante perfetto. Non puoi essere il presidente perfetto. Ma mi sono fermato a pensare alcune volte e ho avuto questa follie visione che siamo fortunati ad averlo come candidato in questo momento della nostra storia. Se mai avessimo dovuto avere un uomo di colore che diventasse presidente – e non dovrebbe essere questo il punto, e non ha bisogno di esserlo, perché è qualificato a tutti i livelli – ma se ci pensi, proprio nei termini dell’idea di unire le persone, è un’enorme cosa positiva.

JB: Anch’io la penso così. Sono appena stato in Europa. Non siamo molto amati laggiù.

EV: Noi giriamo molto in tour, per cui ne sono consapevole. Ma forse molte persone negli States non ne sono affatto consapevoli nella loro quotidianità. Non si rendono conto dell’enorme quantità di benevolenza che abbiamo bisogno di ricostruire daccapo.

JB: Hai visto l’RNC [Convention Nazionale Repubblicana]? Hai visto il discorso di Sarah Palin?

EV: L’ho visto, sì.

JB: Cosa hai pensato?

EV: Ho pensato che lei era… Non ho risposto al tipo di tono sarcastico. Sembrava che parte del discorso fosse stato scritto come se fosse un notiziario del Saturday Night Live. Forse perché lei somiglia molto… Ha questa cosa di Tina Fey…

JB: E’ quello che ma moglie continuava a dire: Tina Fey.
Mi sembra che dalla prospettiva Repubblicana, l’attenzione sia molto centrata su quanto sia cattiva l’altra fazione, anziché correre sulla propria traiettoria dentro le varie questioni.

EV: Io penserei che ci sia una traiettoria perdente dalla parte Repubblicana – una direzione strategica fallita – salvo che penso si sia lavorato per loro. Quando pensi a come sono riusciti a far sembrare cattivo John Kerry durante l’ultima elezione per aver realmente prestato servizio in Vietnam, e testimoniato al Congresso dopo aver ottenuto delle medaglie, e aver detto che non credeva in loro o che non credeva nella guerra e che avrebbe dovuto essere fermata… Che loro abbiano potuto trasformare questo – 

JB: In una cosa negativa.

EV: Quando il loro uomo, George W. Bush, non era nemmeno mai andato in Vietnam. Vi siete occupati di tutto ciò in “W.”? 

JB: Il fatto che non ci è andato? No. Non ce ne siamo occupati. Ma ci siamo occupati di molte altre pietre miliari. Lo abbiamo seguito approssimativamente dai 21 ai 57 anni, quindi dal 1967 fino a dopo che gli Stati Uniti sono entrati in guerra con l’Iraq nel 2003. Molto di ciò che è accaduto ha avuto come trampolino la relazione con suo padre, e molte cose sono una reazione a ciò che era quando era più giovane, prima di prendere la decisione – a 40 anni – di prendere i pezzi della sua vita e rimetterli insieme. Non so come la gente reagirà al film – perché penso che ciò che il film realmente fa è riportare l’idea del “Perché abbiamo votato per quest’uomo?” Perché nonostante ci sia stata o non ci sia stata una manipolazione dei voti, hai comunque 50 milioni di persone che hanno votato per George W. Bush [nelle elezioni del 2000]. E perché? Perché è fallibile? Perché ci ricorda noi stessi? Quindi il film entra davvero in quell’idea di “Non dimenticare che abbiamo il potere di assumere queste persone. Ed è quello che facciamo. Noi assumiamo queste persone. Non si assumono da sole.” E’ da irresponsabili disprezzare quest’uomo come un maldestro idiota blaterante che non ha nessuna specie di intelligenza, perché non credo che saremmo nella situazione critica in cui siamo ora se fosse così. “W.” è realmente su un uomo che era completamente abbattuto che diventa presidente degli Stati Uniti. Ed è una storia irresistibile.

EV: La cosa interessante è che sembra come se George W. Bush sarebbe stato felice di essere il presidente di qualsiasi cosa. Avrebbe potuto essere presidente della Major League di Baseball. 

JB: Sarebbe stato meraviglioso.

EV: Meno persone uccise. Non avrebbe influenzato il mondo a livello planetario. Sicuramente ci sarebbero state piccole cose. Ci sarebbero stati scandali e alcune cose idiote qui e là… 

JB: Ma ad un livello davvero piccolo.

EV: E lui sarebbe stato felice e la famiglia sarebbe stata felice e suo padre sarebbe stato felice. I Repubblicani inizialmente lo vedevano come una tela nera, no? 

JB: Completamente.

EV: Sembra che l’abbiano intervistato quando era governatore del Texas per vedere che tipo di candidato potesse essere. Quindi pensarono “Oh, sì – ” 

JB: “E’ il nostro uomo.” Perché pensavano che sarebbe stato facile da controllare. Ma niente di tutto ciò accadde. Voglio dire, per i primi mesi della sua amministrazione, non c’era molto da fare perché l’11 settembre non era ancora avvenuto. George W. Bush portò molte minoranze nella sua amministrazione, che è stata una cosa positiva, e avevano alcune questioni che volevano affrettare, ma l’11 settembre realmente dettò loro la direzione. Diede loro uno scopo. Credo, d’altra parte, che W. fosse in qualche modo un ingenuo nel suo pensare a ciò che Ronald Reagan aveva fatto durante la Guerra Fredda e portando la democrazia nell’Europa dell’Est. Penso che lui credesse di poter fare la stessa cosa portando la democrazia in Medioriente. Credo davvero che lui pensasse che fosse possibile. “Voglio fare per il Medioriente ciò che Reagan fece per l’Unione Sovietica.”

EV: Sarebbe una cosa difficile da credere. Io non ho una laurea, ma non so come possa aver davvero creduto che il fiore della democrazia avrebbe potuto sbocciare in quella parte del mondo – almeno in parte perché i governi lì sono così legati alla religione… Questo tipo di discorso mi fa davvero venire voglia di fumare! Ti ricordi quella canzone dei Pixies “I’ve Been Tired” in cui Frank Black canta “Politics go so good with beer”. 

JB: C’è qualcosa di molto vero in questo.

EV: Hai detto che tutto è iniziato per te con “Grindhouse”, ma fai film da tanto tempo. Io ricordo “Flirting With Disaster” [1996] – sicuramente era di 7 o 8 anni fa. 

JB: No, 12. L’hai visto?

EV: L’ho visto quando è uscito, e l’ho rivisto recentemente. La prima volta che ci siamo incontrati, non mi sono reso conto che eri in quel film finché non mi hai ricordato la conversazione che facevi sui sedili posteriori della macchina circa – 

JB: Giusto. La conversazione sul sesso orale.

EV: Poi alla fine del film, con la tua testa nella – 

JB: Ascella di Patricia Arquette. Ti ho raccontato quella storia?

EV: No.

JB: Okay, allora Patricia ed io, ci eravamo appena conosciuti. Comunque, stavamo facendo questa scena nel modo in cui era stata scritta: ci baciavamo e poi il personaggio di Ben Stiller entra nella stanza e dice “Cosa state facendo? Come lo state facendo?” Ma l’abbiamo vista ed era noiosa. Allora io ho detto “Bè, che ne dite se il mio personaggio fosse un feticista dei piedi? Che ne dite se le succhiasse l’alluce? Potrebbe parlare del suo alluce e di quanto sono belli gli alluci e di quanto sono belli i piedi.” Ma il regista, David O. Russell, diceva “Uh…non so.” Allora Patricia disse “Che ne dite dell’ascella?” E David dice “Sì, sì, fantastico.” Ma io dicevo “non so” perché stavo pensando che avrei dovuto leccare l’ascella. E Patricia continua “Sì, potresti leccarmi l’ascella” e sollevò il braccio e, penso, a causa del modo in cui vedeva il suo personaggio, si era lasciata crescere i peli sotto l’ascella. Allora ho avuto una brutta reazione. Ho detto “No! Non mi piace l’idea. Mi piace molto di più l’idea del piede. O forse potremmo andare con i reni. Ma la cosa dell’ascella non credo sia appropriata. Mi sembra un po’ disgustosa.” Comunque, loro erano tutti già convinti che avrebbe funzionato. Così abbiamo girato ed io ho dovuto leccare la sua ascella con i peli.

EV: Questo è davvero fantastico per me, amico. Mi impedirà di mangiare per giorni. 

JB: E’ la disgustosa verità della mia professione. Comunque, abbiamo guardato il girato ed era così disgustoso che David disse “Non possiamo avere i peli. Patricia deve raderli.” Così quello che vedi nel film è il terzo tentativo di fare la scena.

EV: Bè, la scena funzionava come se fosse stata scritta. [Brolin ride] Comunque, credo sia meraviglioso che si possano realizzare film come “W.” e “Milk”. 

JB: Vedremo come saranno accolti. Vorrei chiederti una cosa: cosa hai pensato quando hai sentito che avrei fatto il ruolo di George W. Bush?

EV: Ho pensato a quanto fosse strano il fatto che Diane sarebbe andata a letto con un Repubblicano.