Qual è il peggior incubo per qualunque band che riesca a strappare un contratto ad una casa discografica? Essere manipolati dal discografico di turno, che vuole decidere la line up del tuo gruppo andando a modificare l’essenza stessa della tua musica.
Qual è il peggior incubo di un discografico in procinto di perdere il più grosso artista del suo roster? Che l’artista in questione si metta a sedurre tua moglie praticamente davanti ai tuoi occhi, dopo che tu stesso l’hai lusingato portandolo fuori a cena e offrendogli su un piatto d’argento droga, alcool e persino la tua segretaria, salvo poi scoprire che il “big” ha deciso lo stesso di firmare per il tuo diretto concorrente.
Questo è in sintesi quello che accade nel quinto episodio di Vinyl, serie TV targata HBO ormai giunta al giro di boa della prima stagione. Ad inizio puntata, vediamo un Richie sempre più nauseato dalla musica che gli uomini della divisione A&R della sua etichetta cercano di propinargli. Impagabile l’espressione di disgusto sul suo volto quando il giovane talent della sua etichetta, Clark (interpretato da Jack Quaid, figlio di Dennis Quaid e Meg Ryan) lo porta a vedere una band fittizia che pare modellata a somiglianza dei Jethro Tull, con tanto di flauti e costumi medievali. Lapidario il commento di Julie Silver, intenzionato a licenziare il ragazzo: “Dove li hai trovati questi tizi, nella cazzo di foresta di Sherwood?”.
Nella New York in pieno fermento musicale del 1973, certe sonorità sono lontanissime da ogni interesse del nostro discografico preferito, che predilige il suono sporco e abrasivo dei Nasty Bits. Durante una riunione all’American Century per definire il loro contratto, un collega di Finestra chiede al leader della band (interpretato da James Jagger, il figlio di Mick) di scrivere una breve biografia di presentazione per la stampa. La risposta del cantante? “Sono Kip Stevens. Fanculo a tua madre. Ecco la vostra biografia”. Molto punk rock, non c’è che dire. Nonostante Richie paia in un certo senso rispettare l’attitudine grezza e oltraggiosa della band, decide comunque d’imporsi su di loro – in un tipico cliché che rappresenta l’eterna lotta per il controllo artistico tra le band e le etichette discografiche – costringendoli a sacrificare per motivi di immagine il chitarrista solista Duck, che verrà cacciato dallo studio di registrazione senza troppi complimenti da Lester Grimes, il nuovo improbabile manager dei Nasty Bits.
Se le cose a livello lavorativo vanno di male in peggio, a livello personale Richie sembra sempre più alterato e fuori controllo, tanto da doversi rivolgere a suo padre Sal (interpretato da David Proval, il Richie Aprile dei Sopranos) per concordare con lui un alibi per la notte dell’omicidio di Buck Rogers. Dal confronto tra i due nell’ufficio di Richie, scopriamo che Sal è un ex trombettista jazz con un passato da alcolista e intuiamo come il suo rapporto con il figlio non sia certo idilliaco.
In questo episodio pare abbastanza evidente che il rapporto tra Finestra e sua moglie è ormai arrivato al capolinea, con Richie che prima la coinvolge nell’opera di persuasione di Hannibal (la versione di Sly Stone di Vinyl), poi la aggredisce per essersi spinta troppo in là nel gioco di seduzione. Cosa sei disposto a perdere e a sopportare per far sì che il tuo artista di punta rinnovi il suo contratto con te? Dopo un litigio in strada tra i due, vediamo Devon andarsene e infine fare il suo ingresso al mitico Chelsea Hotel, notorio punto di ritrovo per tutti i reietti, tossici e artisti della città. Che Devon abbia deciso di mandare al diavolo una volta per tutte la vita dorata da casalinga disperata e di buttarsi su uno stile di vita più dissoluto? Vedremo nelle prossime puntate quale sarà il destino della moglie di Richie, interpretata dalla sempre sexy Olivia Wilde.
A proposito di personaggi femminili, in questo episodio facciamo anche la conoscenza di un nuovo promettente character, Andrea, una specie di guru delle PR, nonché ex fidanzata ed ex collaboratrice di Richie, che lui implora e infine convince a tornare a lavorare per lui. Riuscirà il suo intuito a tirare fuori l’American Century e Richie dai guai?
Prima di concludere, una menzione d’onore per la musica di questo episodio, forse il migliore – da un punto di vista strettamente musicale – finora trasmesso. Ci sono i Doors, con una delle loro migliori canzoni di sempre (The Crystal Ship, se a qualcuno fosse sfuggita), Iggy Pop e i Big Star (con la sempre splendida Thirteen) e, soprattutto, una furiosa versione di White Light/White Heat di Lou Reed (qui cantata dal suo unico e solo erede, Julian Casablancas), che possiamo anche ammirare mentre si esibisce live a fine episodio (interpretato da Connor Hanwick) nel pieno del suo periodo Rock ‘n’ Roll Animal/post-Berlin. Leggendario.

Nata nel 1980, entra nel team di pearljamonline.it nel 2007, curando in particolare la versione in inglese e la sezione testi e traduzioni. Coautrice di “Pearl Jam Evolution”, sempre alla ricerca di notizie e curiosità sulla band.
Canzone preferita: Given To Fly
Album preferito: Vitalogy
Artisti o gruppi preferiti oltre i PJ: Bruce Springsteen, U2, Mark Lanegan, Cat Power, Ramones