Roadies – Quarto episodio: The City Whose Name Must Not Be Spoken

3 dicembre 1979. Gli Who, impegnati con il loro Who You Are Tour, arrivano a Cincinnati, Ohio, dove avviene una delle più grandi tragedie che il mondo del rock ricordi. Poco prima dell’inizio del concerto della band inglese – tra l’altro orfana da pochi mesi di Keith Moon – una tragica combinazione di eventi (ingresso mal organizzato, soundcheck tardivo, folla accalcata all’inverosimile) causa la morte di undici fan all’entrata del Riverfront Coliseum.

Questa triste pagina della storia del rock serve da spunto per il quarto episodio di Roadies, che si distacca completamente dall’impianto narrativo fin troppo statico e ripetitivo dei primi tre episodi per raccontare quello che può succedere durante un giorno libero del tour. Tutti hanno dei progetti, che ovviamente sono destinati a naufragare quando il manager inglese Reg Whitehead arriva sul bus della crew e pronuncia inconsapevolmente il nome della “città il cui nome non si deve pronunciare” (Cincinnati), scatenando il panico generale. Grazie a Gooch (Luiz Guzmàn), l’autista che macina miglia per trasportare la truppa della Staton-House Band da una città all’altra, scopriamo che l’intero tour sarà maledetto se tutte le persone all’interno del bus non seguiranno uno strambo rituale scaramantico che annulli la maledizione: percorrere 100 miglia senza una destinazione precisa, rompere undici uova e liberare in cielo undici palloncini cantando una canzone degli Who. Con l’aiuto di Jim James, il cantante dei My Morning Jacket che magicamente si materializza sul bus, i roadies rinsalderanno il loro patto di fratellanza, trasformando una giornata nata male in una celebrazione del potere catartico della musica.

Nel frattempo, Shelli (Carla Gugino) e Bill (Luke Wilson) vanno alla ricerca del bassista Rick (Christopher Backus), scomparso perché la Staton-House Band ha deciso, su consiglio di Kelly Ann (Imogen Poots), di inserire in scaletta un pezzo scritto dal cantante su una storia d’amore finita male che però pare aver colpito particolarmente il bassista. In realtà l’imprevisto della sparizione di Rick è solo uno spunto per approfondire il rapporto di sempre maggiore complicità tra Bill e Shelli, così come l’avventura parallela del tour bus serve a porre l’attenzione sul rapporto nascente tra Reg e Kelly Ann.

The City Whose Name Must Not Be Spoken in definitiva non brilla certo a livello narrativo, con la sua trama a tratti sfilacciata e confusionaria, ma continua a farci immergere nel mondo frenetico dei roadies e ad emozionare come nella scena che vede Jim James impegnato a suonare in acustico, insieme ad alcuni membri della crew, They Are All In Love degli Who. Un momento delicato e intenso che coglie tutta la poeticità cinematografica/musicale di Cameron Crowe, nonostante l’episodio non sia diretto da lui ma da Jeffrey Reiner che, da vero emulo dello stile di Crowe (incertezze comprese) pare averne recepito più che bene la lezione.

Roadies Episode 4 | Song List

Lightspeed – Wolfgang Black (during the recap)

16 Days – Whiskeytown

Gooch’s Wife (Score)- Jim James

Freaky Feedback Blues – Benji Hughes

Come On Get Higher (Live Session iTunes Exclusive) – Matt Nathanson

The “C” Word (Score) – Jim James

Born to Lose – Jesus Sons

Roadrunner – Jonathan Richman & the Modern Lovers

Victim of Life – Avett Brothers

Curse Instructions (Score) – Jim James

Boston – Augustana

She Lit a Fire – Lord Huron

(Let’s) Jack – Breach

If I Am a Stranger (Live in Porto Bonus Track) – Ryan Adams

Hot Bag (Score) – Jim James

Only Ghosts – Gregory Alan Isakov

Milo Finds Balloons (Score) – Jim James

30 Bones – Fistful of Mercy

They Are All in Love – Jim James (and Cast)

They Are All in Love – The Who

Money – Leaf

Actors – Still Parade

The First Time – My Morning Jacket