Quando Gianluca Grignani e Lucio Dalla si trovarono a un concerto dei Pearl Jam

Un concerto caotico, Eddie Vedder ubriaco e una lezione di vita: il curioso aneddoto che unisce due icone italiane nel segno dei Pearl Jam.

Foto: Carlo Vergani

Gianluca Grignani ha raccontato un aneddoto interessante in un’intervista a La Repubblica nel giugno 2024: “Ero a un concerto dei Pearl Jam. Eddie Vedder sul palco completamente ubriaco, il suono della band si sentiva malissimo, ero circondato da persone che pogavano e lo facevano anche male. E a un certo punto da chi mi sento chiamare? Da Lucio Dalla. Era lì, si stava divertendo. Mi ha insegnato a non aver paura.

Sebbene Grignani non abbia svelato quale concerto dei Pearl Jam fosse, cercate di immaginate un impianto audio difettoso e un pogo scomposto. Eppure, in mezzo al caos, Grignani trova Lucio Dalla che ride, si diverte e gli lascia un insegnamento semplice e potente: non avere paura.


Lucio Dalla e lo spirito di No Code

Che Dalla fosse affascinato dalla libertà espressiva delle band come i Pearl Jam lo dimostrano alcune sue scelte fuori dagli schemi. A fine anni ’90 aprì a Bologna, in via dei Coltelli, una galleria d’arte che chiamò proprio No Code, in onore al quarto album della band di Seattle. Non un nome casuale: era un richiamo alla rottura dei codici, al rifiuto del conformismo.

Nel 2025 quel titolo è tornato a riecheggiare: la Fondazione Lucio Dalla ha organizzato un programma di eventi chiamato No Code per celebrare l’anniversario della nascita dell’artista. Non un semplice tributo, ma un manifesto di intenti per esplorare la sua eredità e il suo spirito innovativo. Come spiegano gli organizzatori, il nome riflette “l’avversione di Dalla al conformismo e il suo amore per la sperimentazione“, unendo arti visive, musica e nuove forme espressive.


Grignani tra grunge, Radiohead e Hendrix

Che Grignani sia stato influenzato anche dai Pearl Jam non è una novità: basta ascoltare due dei suoi dischi migliori, La Fabbrica di Plastica (1996) e Campi di Popcorn (1998). A metà anni ’90, Gianluca raccontava: “Ai tempi volevo tirare fuori quello che avevo in testa e in Italia non c’erano persone che lo volevano fare. Volevo fare un disco in stile The Bends dei Radiohead. Dopo aver completato il primo tour, mi sono chiuso quattro mesi in studio. Poi sono partito: una lunga permanenza ‘on the road’ fra Stati Uniti e Sud America alla ricerca del suono giusto”.

Sempre in quegli anni dichiarò: “Una volta mi è apparso in sogno Jimi Hendrix. Mi dava una canna e mi diceva che sapevo suonare. Da quella volta ho cominciato a suonare a modo mio.

Queste frasi raccontano la volontà di rompere gli schemi, ispirandosi al grunge, ai Radiohead e ai giganti del rock che vanno dritti al cuore.


L’influenza dei Pearl Jam sulle scena italiana

Il rock alternativo degli anni ’90, guidato da band come Pearl Jam e Nirvana, non ha solo conquistato il mondo: ha influenzato anche la scena italiana. Artisti come Grignani (ma anche i Timoria, per esempio) hanno accolto quel fiato di libertà, traducendolo nella propria lingua e sensibilità.

Lucio Dalla, pur lontano dalle sonorità grunge, condivideva con Vedder quell’anelito di esplorazione, il rifiuto del banale. No Code, per lui, non era solo un titolo evocativo: era una filosofia.

In fondo, ciò che resta dell’aneddoto non è il concerto in sé, ma la prospettiva aperta da un sorriso tra la folla. Grignani ricorda: “Mi ha insegnato a non aver paura.

Non temere di sbagliare: Lucio Dalla lo ricorda tra il pogo e il disordine, come mentore silenzioso di libertà.