Ten Past Ten (1991-2001): L’articolo definitivo sui primi dieci anni dei Pearl Jam

Spin | Agosto 2001

by Eric Weisbard with Jessica Letkemann, Ann Powers, Chris Norris, William Van Meter, and Will Hermes
Traduzione a cura di Angpo

Sono passati 10 anni da quando è uscito Ten, che ha venduto 11 milioni di copie dando una nuova vita all’hard rock. In un’esclusiva retrospettiva, il gruppo e alcuni amici ripercorrono tutta la storia, dal video censurato di “Jeremy” e le lotte interne fino alla tragedia di Roskilde e ai piani futuri.

Dramatis Personae

  • Dave Abbruzzese: batterista, 1991-1994
  • Jeff Ament: bassista
  • Michelle Anthony: Vice Presidente Esecutivo Sony Music
  • Tim Bierman: manager del Ten Club, fan club dei Pearl Jam
  • Bono: cantante, U2
  • Matt Cameron: batterista, 1998-oggi
  • Chris Cornell: cantante, Soundgarden
  • Cameron Crowe: regista
  • Kelly Curtis: manager, Pearl Jam
  • Brett Eliason: ingegnere suono, Pearl Jam
  • Cathy Faulkner: direttore, KISW Seattle
  • Michael Goldstone: dirigente Epic, 1990-1996
  • Stone Gossard: chitarrista
  • Dave Grohl: cantante/chitarrista (Foo Fighters), batterista (Nirvana)
  • Karrie Keyes: fonica
  • Rick Krim: produttore, MTV/VH1
  • Mike McCready: chitarrista
  • Brendan O’Brien: produttore
  • Mark Pellington: regista, video “Jeremy”
  • Jim Rose: circus impresario
  • Susan Silver: manager, Soundgarden & Alice in Chains
  • Gloria Steinem: autrice, attivista per i diritti femminili
  • Pete Townshend: chitarrista/cantante, The Who
  • Steve Turner: chitarrista, Mudhoney
  • Eddie Vedder: cantante
  • Nancy Wilson: cantante/chitarrista, Heart

La storia orale di un gruppo che conta.

Quando 10 anni fa uscì Ten – il 27 agosto 1991 – quasi nessuno se ne accorse. A differenza di Nevermind dei Nirvana, che un mese più tardi avrebbe rivoluzionato la musica più velocemente di quanto Kurt Cobain ci mettesse a levarsi i capelli dagli occhi, Ten impiegò un anno pieno per scalare le classifiche. “Jeremy”, il terzo singolo – e l’unico vero video del gruppo – finalmente ruppe gli argini nell’estate del 1992.

Ma anche allora non avevamo quasi idea di quello che i Pearl Jam rappresentassero. Nonostante qualche milione di fan da MTV e alcuni storici concerti, il gruppo non era ancora riconosciuto. Il loro baritonale, pulsante suono era indicato da alcuni come una versione aziendale, venduta del grunge, e gli stessi membri del gruppo non potevano liberarsi dalla sensazione di non venire considerati seriamente. Specialmente il loro cantante, un apparentemente timido ma maniacalmente competitivo surfista di San Diego che era stato perseguitato da domande sulla sua identità ben prima che chiunque cominciasse a discutere sul significato di “Alternativo”.

Eddie Vedder è cresciuto con un uomo che credeva essere suo padre e che invece non lo era; quando lo scoprì, diventò quello che il regista, e suo buon amico, Cameron Crowe chiama “un personaggio vivente di Pete Townshend”, consumato da un dolore irrisolto.
Ma questo non sono i Pearl Jam – né lo sono i giorni del chitarrista McCready nel gruppo metal Shadow, né le esperienze formative del bassista Jeff Ament e del chitarrista Stone Gossard nel fondamentale gruppo indipendente di Seattle, i Green River, che portò anche ai Mudhoney. Ament e Gossard lasciarono i Green River per inseguire la gloria del rock mainstream con i Mother Love Bone, solo per vedersela sfuggire quando il cantante Andy Wood morì per un’overdose di eroina appena prima dell’uscita del loro album di debutto nel 1990.

È la combinazione di questi elementi che segna l’inizio della storia dei Pearl Jam. La voce che Eddie Vedder aggiunse ai demo strumentali che ebbe dal suo amico Jack Irons (più tardi uno dei tanti batteristi del gruppo) si confaceva perfettamente al senso di perdita che provavano Gossard e Ament. Un viaggio a Seattle per testare la combinazione, e il risultato fu un gruppo che esplose sia dal vivo che commercialmente prima che chiunque potesse avere la possibilità di capire quali fossero gli obiettivi. E poi una decade tumultuosa, segnata da scontri nel gruppo, un continuo tira e molla con l’industria musicale, e, dopo che ogni domanda sembrava aver trovato una risposta, un tragico concerto in cui morirono nove fan.

Il gruppo, che una volta era accusato di essere grunge artificiale, ora sembra tanto organico e basato su principi quanto un gruppo rock possa essere, sconcertando continuamente l’industria musicale: quello che sarebbe diventato il loro singolo di maggior successo (Last Kiss) era originariamente un’uscita solo per il fan club; hanno prodotto 72 album dal vivo per documentare il loro tour del 2000. Abbiamo parlato con il gruppo e con i loro contemporanei – musicisti, amici e gente dell’industria. Mischiata insieme ad alcune grandi storie c’è la risposta a una domanda fondamentale: perché sono i Pearl Jam, virtualmente soli tra i loro contemporanei, quelli che hanno tenuto accesa la fiamma?

1990: LA PREISTORIA

19 MARZO: Il cantante dei Mother Love Bone, Andy Wood, muore per un’overdose di eroina un mese prima che esca l’album di debutto del gruppo, Apple. I MLB si sciolgono immediatamente
SETTEMBRE: a San Diego Eddie Vedder canta su alcuni demo di una nascente band di Seattle, creando la prima registrazione dei Pearl Jam
OTTOBRE: Vedder va a Seattle per provare col gruppo
22 OTTOBRE: il gruppo, chiamato temporaneamente Mookie Blaylock, fa la sua prima apparizione all’Off Ramp
NOVEMBRE/DICEMBRE: Chris Cornell e Matt Cameron dei Soundgarden e Jeff Ament, Stone Gossard, Mike McCready e Vedder dei Mookie Blaylock registrano Temple of The Dog

KELLY CURTIS: Con i Mother Love Bone c’era questa grande aspettativa. È stato un anno così folle il 1990, perché siamo passati dal fare uscire un album alla morte di Andy. E alla fine dell’anno abbiamo trovato Eddie.

STONE GOSSARD: Ho visto Mike ad un party, era completamente ubriaco e stava suonando del blues con la chitarra, era incredibile. Conoscevo Mike da molto tempo, fin da quando ero in seconda media, e ha subito una trasformazione; ha trovato la sua voce interiore.

McCREADY: Mi ha detto: “Vuoi suonare?”, così ci siamo messi insieme e abbiamo cominciato a suonare nell’attico dei suoi genitori. Jeff suonava con altra gente in quel periodo. Gli ho detto “Dobbiamo avere Jeff, perché voi due insieme siete veramente grandi.” Jeff disse che voleva unirsi a noi. Tutte queste canzoni vennero fuori in quel periodo: Jeff aveva Jeremy, Stone Black e Alive, io ho portato Yellow Ledbetter. Matt (Cameron) ci ha aiutato suonando la batteria sui demo, sapevo che queste canzoni sarebbero state buone.

JEFF AMENT: A quel punto stavo attraversando un momento di crisi di identità; avevo messo tutto me stesso nei Mother Love Bone, avevo abbandonato la scuola solo per vedere svanire tutto così in fretta. Per tutta l’estate io e Stone ci incontravamo, andavamo in mountain bike e parlavamo. Parlavamo delle nostre sofferenze. Mi disse che dovevo tirarmi un po’ su ed io che lui doveva prendere la cosa un po’ più seriamente.

MICHAEL GOLDSTONE: Ho incontrato Jack (Irons) ad una festa, lo conoscevo dai tempi del gruppo What is this?. Gli ho detto che il nuovo gruppo di Jeff e Stone aveva bisogno di un batterista e che stava cercando anche un cantante. Inizialmente si rifiutò, ma poi mandò i demo a Eddie, e poi penso che Eddie chiamò direttamente i ragazzi.

CURTIS: Il momento chiave fu quando Jeff arrivo in ufficio dicendo “Non ci crederete”. Tutti abbiamo detto “Oh mio dio, fa paura.”

McCREADY: Non mi ero mai trovato in una situazione così. È successo tutto in sette giorni. Avevamo lavorato alla musica un mese prima con (il batterista originario) Dave Krusen. Quando Eddie è arrivato aveva Footsteps, Alive e Black. E in quella settimana abbiamo fatto molte altre cose. Era una cosa molto punk. Eddie viveva nella sala prove, scrivendo tutta la notte. Arrivavamo e trovavamo un’altra canzone. Poi è dovuto tornare a casa. Mi ricordo di avergli dato uno strappo, alle 5 di mattina, per l’aereoporto. Mi ricordo di avergli detto “Non fare tardi!”. Doveva tornare a lavorare.

EDDIE VEDDER: Ho sempre avuto dei lavori del genere targhetta sulla camicia, riempi gli scaffali dei supermercati. E per la prima settimana di prove con il gruppo, non sarei dovuto andare al lavoro. Ci sarebbe stata solo la musica. Provavamo in una galleria d’arte, nel seminterrato. E stavamo in una specie di corridoio. Mi ricordo che quando andavo in bagno al piano di sopra, passavo per tutte queste stanze che odoravano di pittura e segatura. I ragazzi arrivavano, provavamo e poi magari andavamo a giocare un po’ a biliardo e quindi tornavamo e continuavamo a lavorare, circondati da bottiglie di Gatorade piene di pipì di quelle volte che non avevamo voglia di farci le scale per andare in bagno.

CURTIS: Eddie era un tipo timido. Era il contrario di Andy Wood, che era un tipo alla David Lee Roth.

AMENT: Nel momento in cui abbiamo cominciato a provare ed Eddie a cantare – un’ora dopo il suo arrivo a Seattle – per la prima volta ho detto “wow, questo è un gruppo che ascolterei sul mio stereo a casa.” Quello di cui Eddie scriveva era il luogo in cui ci trovavamo io e Stone. Avevamo appena perso un amico per una maledetta dipendenza, e lui riusciva a mettere in versi i nostri sentimenti. L’ho visto come un fratello. È questo che mi ha fatto ricominciare a fare musica. È come quando leggi un libro e c’è qualcosa che descrive qualcosa che tu hai provato per tutta la vita.

STONE GOSSARD: Non penso di aver apprezzato subito Eddie così come lo apprezzo ora – i suoi testi e le sue esperienze. Scrivendo insieme canzoni come Release o Even Flow in quello scantinato, ho subito capito che come cantante andava bene, ma c’è voluto molto tempo perché io e Ed ci conoscessimo e ci capissimo. Eravamo persone diverse.

GOLDSTONE: Quel piccolo esperimento si trasformò in Ten nel giro di sei settimane. Ed venne a Seattle, tornò a casa, si trasferì qui e non tornò più indietro.

CAMERON CROWE: Amavo i Mother Love Bone, così mentre scrivevo quello che poi sarebbe diventato Singles, volevo intervistare Jeff e Stone per esplorare l’intero ambiente, quello del tipo “due o tre lavori, uno dei quali è il tuo gruppo”. Poi ci fu il terribile evento della morte di Andy. E tutti istintivamente andarono a casa di Kelly (Curtis) quella notte. Per la prima volta ho avuto la sensazione istintiva di avere una città – tutti che si stringevano assieme per qualcuno a cui volevano davvero bene. E’ stato un momento fondamentale per molta gente. Mi ha fatto voler fare Singles come una lettera d’amore per una comunità che mi aveva davvero colpito. Poche persone lo sanno, ma Stone appare nel mio film Say Anything… fa la parte di un taxista, e Skye lo guarda e comincia a flirtare un po’ con lui mentre sono bloccati nel traffico mentre sta andando al suo diploma.

AMENT: Non parlo proprio come Matt Dillon, ma ho ricavato un paio di migliaio di dollari prestandogli i mie vestiti. Indossavo i pantaloni corti tutto l’anno. Andavo in bici dappertutto, non avevo una macchina, così quando andavo a provare dovevo portare il basso sulla bici e non potevo mettermi i jeans. Non sono sicuro di quello che definisce cosa è grunge o cosa non lo è. Non ho mai messo camice di flanella. Sicuramente avevo un po’ di cappelli. È cominciato quando stavo nei Green River e avevo una ragazza che faceva cappelli. Non penso che assomigliassi ad una rock star a quei tempi, sembravo più un imbecille. In parte era funzionale e in parte era dovuto a quello che avevo intorno.

McCready: Mi piaceva davvero Stevie Ray Vaughn, così hey, provavo ad assomigliargli. Almeno ero uscito dalla mia fase da triglia (non ho idea di che vogliia dire, ndt) . Eddie aveva questa cosa punk. Indossava quello che capitava e continua a farlo. Jeff e Stone si vestivano in un certo modo, era il loro cliché, quell’aspetto sarcastico da “suona come se fossi in uno stadio anche se hai davanti 30 persone”.

GOSSARD: Per molto tempo io e Jeff avremmo voluto vivere all’epoca degli Aerosmith, o di Iggy Pop o di David Bowie. Ma c’era qualcosa a Seattle che aggiungeva un elemento diverso, una specie di approccio garage.

CROWE: Eddie era terribilmente timido. Era strano perché era quasi come se non ci fosse. Ma non potevi togliergli gli occhi di dosso. C’era questo tipo seduto lontano da te, con le mani sulle cosce, che guardava in basso, e tu volevi avvicinarti e fargli sapere che non doveva per forza essere così timido. Era, ed è tuttora, un ascoltatore fenomenale. Quando si parla di qualcosa che ha importanza per lui, il mondo intero scompare. Le ore volano. La prima volta che l’ho incontrato abbiamo parlato soprattutto di Pete Townshwnd. Conosceva ogni particolare. Ricordo chiaramente di aver pensato che Townshend avrebbe potuto scrivere di questo ragazzo come di un suo personaggio. Era un personaggio di Pete vivente.

CHRIS CORNELL: Ho incontrato Eddie la prima volta in una sala d’attesa fuori dal nostro spazio prove comune, il primo giorno che era arrivato a Seattle. Era molto tranquillo e molto timido e non aveva molto da dire. Era sotto molta pressione, una persona da sola lontana da casa in una stanza piena di persone che avevano un sacco di esperienza in gruppi. Se ne stava sulle sue, cantando e facendo le sue cose.

VEDDER: Eravamo entrambi dei cantanti. Quando sono arrivato mi ha subito dato la mano, una cosa che è così importante per me che è quasi indefinibile. La prima volta che suonammo venne in questo piccolo locale e mi disse che ero davvero bravo e che era contento che fossi lì e che fossi quello che ero, o qualcosa di davvero carino, ma mentre diceva queste cose non si era accorto che era sotto una luce nera, e che i suoi denti e i suoi occhi brillavano. La ricordo come la mia prima conversazione con Satana.

GOSSARD: Avevamo fatto un disco con Chris Cornell che si chiamava Temple of the Dog. Lo ascolto ancora e penso che sia la cosa migliore in cui sia mai stato coinvolto. Qualunque sia stata la combinazione di persone, non sono mai stato in una situazione in cui tutto era così facile. Da allora ho quasi sempre cercato di creare una situazione simile. La prima cosa che abbiamo fatto ha stabilito uno standard davvero alto, il modo in cui i nostri due gruppi si completavano. E c’erano alcune canzoni che Chris scrisse direttamente col cuore. Scrisse queste canzoni senza alcun preconcetto su quello che avrebbero dovuto essere. È questo il vero tesoro. Scrivendo musica, essere consci di quello che si sta facendo è la cosa peggiore.

CORNELL: Ho scritto Say Hello to Heaven e Reach Down e le ho registrate da solo a casa. Il mio pensiero iniziale fu che le potevo registrare con gli ex membri dei Mother Love Bone come tributo ad Andy. Poi ho ricevuto una telefonata da Jeff in cui diceva che pensava che le canzoni fossero fantastiche e che voleva fare un album intero. Quando abbiamo cominciato a provare le canzoni, ho tirato fuori Hunger Strike e pensavo che avrebbe potuto essere solo un riempitivo, non la sentivo come una vera canzone. Eddie stava seduto là aspettando le prove dei Mookie mentre io stavo facendo le parti vocali, e in maniera umile, ma con coraggio, si è avvicinato al microfono e ha cominciato a cantare le parti basse, perché aveva visto che per me erano piuttosto dure. Abbiamo fatto un paio di cori con lui che faceva questo e improvvisamente la lampadina si è accesa nella mia testa, la voce di questo tizio è incredibile per le parti basse! La storia si è scritta da sola dopo di questo e Hunger Strike è diventato il singolo. Penso che Temple sia stato il primo album intero che McCready abbia mai registrato. Dovevi quasi urlargli dietro per fargli capire che nell’assolo di cinque minuti e mezzo di Reach Down non avrebbe coperto nessuno, che quel tempo era tutto suo. Ha cominciato a registrare quello che sarebbe diventato l’assolo, a metà era così preso che quando gli sono cadute le cuffie non se n’è neppure accorto ed è andato avanti a suonare senza sentire la canzone.

SUSAN SILVER: I Mookie fecero il loro primo concerto all’Off Ramp. Un bar per motocicliste. È lo stesso club in cui Cameron ha ripreso i Soundgarden per Singles. Tutti erano nervosi, ansiosi di vedere la fenice rinascere. Cera un rapporto così forte tra di loro. Anche se il concerto all’Off Ramp era stato fantastico e il pubblico voleva che Jeff e Stone avessero successo, quando hanno aperto per gli Alice in Chains – il 22 dicembre al Moore Theatre – c’era ancora molta tristezza per Andy. Era una persona così speciale, un tale personaggio, così oltraggioso e senza paura – la faccia bianca e i vestiti luccicanti. Quella è stata la prima volta che molti fan videro Eddie, e la sensazione che avvertivo dal pubblico era “chi è questo? È abbastanza bravo da prendere il posto di Andy?”
Mi sembrò che il pubblico lo avesse accettato con tutto il cuore.

CROWE: Al Moore Theatre, la prima canzone che fecero fu Release, e mi ricordo che ho guardato Nancy (Wilson, la moglie di Crowe) e ci siamo detti: “E questo sarebbe il ragazzo timido? Oh mio dio” – presto era appeso alle travi. È stata la fine di Eddie come persona terribilmente timida.

1991: DESTINATI A VOLARE

MARZO: Il gruppo adotta il nome Pearl Jam
16 APRILE: Esce Temple of the Dog
25 MAGGIO: Dave Krusen se ne va
2 AGOSTO: Esce il singolo Alive
23 Agosto Dave Abbruzzese suona il primo concerto col gruppo
27 AGOSTO: Esce Ten
OTTOBRE-DICEMBRE Tour con RHCP, Smashing Pumpkins e Nirvana

CORNELL: Stone e Jeff erano nei Green River, e tra i Green River e i Soundgarden c’è sempre stata un’amichevole rivalità. Ho parlato con Johnny Ramone di com’era la scena di New York da cui i Ramones provenivano, e lui era molto sorpreso di come andassero d’accordo i Pearl Jam e i Soundgarden, perché diceva che nella scena di New York i gruppi non erano molto amichevoli gli uni con gli altri.

NANCY WILSON: Fu una serata davvero bella quando tutta quella gente venne a casa mia, una fattoria vicino a Seattle. Vennero Kelly e la maggior parte dei Pearl Jam, dei Soundgarden e degli Alice in Chains. Tirammo fuori le chitarre e suonammo. Fu una di quelle sere che non dimenticherai mai, come andare in campeggio insieme. Alcuni erano alterati chimicamente e stavano dando lo champagne ai miei cavalli, quando mi sono svegliata la mattina dopo. Eddie e Beth (Liebling) sembravano piccoli eschimesi nei loro sacchi a pelo.

AMENT: La prima volta che ho parlato di Pearl Jam – come nome per il gruppo – è stato quando Ed, Stone ed io stavamo guardano i Sonic Youth suonare con i Crazy Horse. A metà dei Crazy Horse mi sono girato verso Stone e ho detto: “Che ne pensi di Pearl Jam?”. Un paio d’anni più tardi, la prima volta che abbiamo suonato al Bridge School, ho visto la grossa Chevy nera del ’55 di Neil (Young) e la targa era PEARL 10. Pensavo di sognare. Chiesi a Neil da quanto tempo avesse quella targa e lui mi rispose “da 15 anni”.

KELLY CURTIS: Jeff e Stone non erano liberi dal loro contratto con la Polygram. Ma ora noi non avevamo nessun contatto con la Polygram, che ci ignorava. Così facemmo un piano. Assumemmo l’avvocato che aveva negoziato il contratto per la Polygram perché ci aiutasse ad uscirne. Questo dopo aver provato per sei mesi a farci dare i soldi dalla Polygram.

MICHAEL GOLDSTONE: Il gruppo combattè duramente per liberarsi dal contratto. Kelly e il gruppo si incontrarono con Rick Dobbis per dirgli che volevano uscirne per ricominciare da capo. E lui benevolmente diede loro la libertà. Quindi Kelly venne in centro in un ristorante di Chinatown per far sapere a me e a Michele Anthony (della Sony Music) com’era andata. Era lì con Stone e Jeff ad aspettarci quando improvvisamente Dobbis entrò nel ristorante. Allora fecero finta di aver appena finito di mangiare e corsero fuor,i dove ci presero mentre stavamo uscendo dal taxi, così scappammo tutti di corsa dal centro. Piccola città: così tanti ristoranti, vero? È stato come in A Hard Day’s Night. Quando Eddie stava già cantando con i Mookie, nulla era stato ancora concluso, almeno dal punto di vista legale, e mi trovavo nel più completo panico. Ma riuscirono a liberarsi. Penso che ci fossero delle persone che volevano tenerli bloccati con la Polygram. Sono sicuro che non ricordano la cosa con molto piacere.

McCREADY: Registrando Ten, avremmo fatto Even Flow almeno 30 volte. Yellow Ledbetter (la B-side di Jeremy) venne probabilmente al secondo take; quando abbiamo fatto quella canzone, Ed la azzeccò subito. Ma Ten è stato soprattutto di Stone e Jeff, io ed Ed eravamo solo dei passeggeri quella volta.

AMMENT: Mi piacerebbe moltissimo remixare Ten. Ed sicuramente sarebbe d’accordo. Tre, quattro anni fa ho preso una cassetta e c’erano i mix grezzi di Garden e Once, ed erano grandiosi. Non sarebbe come cambiarlo, solo togliere un po’ di riverbero.

DAVE GROHL: La prima cosa che ricordo dei Pearl Jam è stato quando ho sentito Alive alla radio quando vivevo a Seattle. Mi sono immaginato i Mountain o qualche serio ritorno agli anni ’70. La musica mi sembrava rock classico, così mi ero fatto l’idea che il cantante fosse qualche tipo barbuto e con una giacca di pelle, grasso, torturato e spaventoso.

STEVE TURNER: Stone era, ed è tuttora, un tipo così divertente e sarcastico nella metà degli anni ’80. Continuavo a pensare, spero che Stone diventi una star così potrò vederlo intervistato su MTV, perché è così fottutamente divertente.

GOSSARD: Pensavamo che il metal fosse abbastanza ridicolo a quel punto, ma sapevamo anche che era un’area in cui potevamo attingere qualche fan. Headbangers Ball (trasmissione sul metal di MTV) e la rivista Rip, tutte quelle cose lì. Fai qualunque cosa per mettere in movimento le cose. Facemmo un video per Even Flow che non è mai uscito, sono molto sensibile al riguardo perché fu una mia idea. Venne fuori una cosa totalmente grezza, un sacco di grossi riflettori su una cima, assolutamente comico a vederlo ora. Forse ad un certo punto saremmo in grado di ridere di noi stessi così tanto da farlo vedere.

CURTIS: La gente non sapeva chi fossero. Ma una volta che la gente li vedeva dal vivo, si accendeva una lampadina. Durante il primo tour sapevi che stava succedendo e non potevi fare nulla per fermarlo. Suonare nel Midwest e vendere tutti i biglietti in posti da 500 persone. Eddie poteva dire che voleva parlare con Brett, il tipo dell’audio, e glielo trascinavano davanti. Non avevo mai visto una reazione simile prima.

GOLDSTONE: Il gruppo fece un lavoro così incredibile aprendo per i Chili Peppers che gli spalancò le porte delle radio. Guarda quanto tempo c’è voluto perché il disco esplodesse, è esattamente come loro avrebbero voluto che fosse – non farlo ingoiare a tutti nei primi 5 minuti. La gente è arrivata a scoprire i Pearl Jam da sola: il ragazzino portava tutti i suoi amici, e la volta dopo venivano tutti.

MATT CAMERON: Eddie scriveva molto a tutti in quel primo periodo. Ricevevo delle cartoline con dei piccoli disegni quando era in tour. Una volta si è intrufolato in una sala da ballo chiusa, che doveva essere abbattuta, e sulla cartolina c’era una grossa freccia che puntava al centro della pista con scritto “io sono qui”. Era pronto a tutto.

CATHY FAULKNER: I primi tempi, scommettevamo sempre su cosa Eddie sarebbe salito per tuffarsi.

GROHL: Non mi ero fermato a vederli suonare fino al concerto di San Diego, dove Eddie salì su un fottuto traliccio delle luci. Giuro su Dio che sarà stato a 80 metri d’altezza. È stata una delle cose più paurose che abbia mai visto in vita mia. Ho visto gente tagliarsi, ho visto gente cagare, ho visto gente picchiata sul palco, ho visto gente rompersi le ossa, rompersi la schiena. Onestamente ero terrorizzato. Avevo davvero paura che si ammazzasse.

VEDDER: A San Diego suonavamo con i Nirvana e i Chili Peppers. Mi sono arrampicato su uno di quei tralicci a cui puoi aggrapparti. Arrivato in cima ho pensato: ”Bene, ed ora come scendo?” – o rinunciavo facendo la figura dell’idiota o mi buttavo. Così ho deciso di provare, ed era follemente alto, tipo 30 metri, qualcosa di mortale. Pensavo che c’era mia madre lì, e non volevo che mi vedesse morire. Così in qualche modo sono riuscito a tornare sul palco, ho finito la canzone, sono andato a lato del palco e ho vomitato. Sapevo che era davvero stupido, oltre il ridicolo. Ma, ad essere onesti, suonavamo prima dei Nirvana. Dovevi far qualcosa. Il nostro primo disco era buono, ma il loro era migliore!

McCREADY: Mi ricordo che dopo lo spettacolo dell’ultimo dell’anno del 1991, qualcuno corse sul bus dicendo che i Nirvana avevano appena raggiunto il numero uno in classifica. Mi ricordo che pensai “Wow, adesso si comincia.” Ha cambiato qualcosa. Avevamo qualcosa da dimostrare – che il nostro gruppo fosse così buono come io pensavo che fosse.

1992: PERCHÉ TORNARE A CASA?

18 LUGLIO: Comincia il Lollapalooza con Ministry, Pearl Jam, Soundgarden, Red Hot Chili Peppers, e il Jim Rose Circus (un collettivo di persone a cui piaceva sollevare pesi con i propri genitali, farsi colpire nello stomaco etc.)
22 LUGLIO: esce il singolo di Jeremy
18 SETTEMBRE: esce Singles di Cameron Crowe, vagamente basato sulla scena rock di Seattle

JIM ROSE: La competizione “Bevi la bile” cominciò con Chris Cornell dei Soundgarden. Nel nostro spettacolo, uno dei membri del mio circo – ed era uno diverso ogni giorno, perché nessuno poteva farlo due volte di fila – si infilava un sondino attraverso il naso con un tubo di due metri e attraverso quello gli pompavamo nello stomaco birra, maionese e Ketchup. Poi aspiravamo il tutto, il risultato veniva chiamato birra di bile. In una delle prime tappe del Lollapalooza, Chris venne e lo bevve. Il giorno seguente arrivò Eddie e fece lo stesso. Nei due giorni seguenti Al Jourgensen dei Ministry lo fece. Cominciò a dire a Eddie e Chris che lui ne aveva bevuto più di loro. Beh, Chris rinunciò, ma Eddie ogni giorno si beveve questa roba. Alla fine del tour Eddie disse “Ne ho bevuto 2 litri più di te, Al, ho vinto.”

VEDDER: Cercavo solo attenzione, credo. In ogni città c’erano vecchi amici o parenti di mia moglie, e dovevo impressionarli tutti.

MICHELLE ANTHONY: Mi ricordo la tappa di Jones Beach, ero con Kelly a guardare Ed scalare quest’enorme ponteggio. Lui guardò giù e sembrava che ci fosse dell’acqua, solo che noi sapevamo che l’acqua era alta solo 15 centimetri. E tutti e due ad urlare “oh no, per favore non lasciatelo tuffarsi”. C’erano sempre questi momenti al limite.

McCREADY: Ad un concerto del Lollapalooza, Ed perse l’autobus. Mi ricordo che andai nel panico pensando “oggi non suoneremo!.” Era rimasto in una stazione di servizio e si fece dare un passaggio da un tir. Corse tra il pubblico mentre stavamo cominciando a fare un set dei Temple of the Dog. Suonammo Hunger Strike e Reach Down e poi salì sul palco e facemmo il nostro concerto.

CROWE: I Pearl Jam si riunivano in cerchio prima di salire sul palco e prima di uno dei loro concerti al Lollapalooza, Eddie mi trascinò nel cerchio. Ho messo questa scena in Almost Famous, anche se il film è ambientato circa 20 anni prima.

CORNELL: C’era un secondo palco al Lollapalooza, così Eddie ed io lavorammo a un set acustico e ottenemmo un po’ di spazio sul secondo palco a metà pomeriggio. Prendemmo un cart da golf e attraversammo la folla per raggiungere il palco, era come coi Beatles. Cerano almeno 100 persone che inseguivano il cart urlando e correndo. È stata la prima volta che ho capito davvero quello che stava succedendo con questo gruppo.

BRETT ELIASON: Una delle ultime volte che Ed si è buttato tra il pubblico è stato al Loolapalooza a Ontario. La gente stava cercando letteralmente di farlo a pezzi. Era insanguinato, la maglietta strappata, qualcuno l’aveva preso per i capelli.

CURTISS; Quando Jeremy ebbe successo e la suonarono agli MTV VMA (l’amministratore delegato della Sony Music) Mottola al party after show disse “Dovete fare uscire Black” mentre il gruppo diceva: “No, è abbastanza, questo è stato grosso abbastanza.”

GOLDSTONE: Black era un argomento scabroso; un sacco di gente alla Sony voleva davvero che fosse il singolo successivo.

CURTIS: Abbiamo rifiutato inaugurazioni, speciali in TV, tour negli stadi, qualunque tipo di merchandising a cui tu possa pensare. Ho ricevuto una telefonata da Calvin Klein che voleva Eddie per un suo spot. Ho imparato a dire No davvero bene. Ero orgoglioso del gruppo, orgoglioso delle loro prese di posizione. Cominciavamo ad usare il potere per delle cose più politiche e di beneficenza.

McCREADY: È stato in quel periodo che Eddie ha preso il comando. Una dittatura benevola: questa è la teoria. Jeff e Stone a fare le cose da un angolo, ma con Eddie era tutto un tirarsi indietro.

AMENT: Mark Eitzel (degli American Music Club) ci disse “ho visto il video di Jeremy e l’ho odiato. È stato scioccante, avevamo appena incontrato questo tipo. Ci disse “avevo un’idea completamente diversa della canzone, e questo ha mandato a puttane tutto.” E io ero d’accordo con lui.

MARK PELLINGTON: Probabilmente la frustrazione maggiore che abbia mai avuto è che la fine del video di Jeremy viene spesso male interpretata, come se lui avesse sparato ai suoi compagni di classe. L’idea era: è il suo sangue su di loro, e loro sono paralizzati da quello che hanno visto. Avrei ricevuto telefonate anni dopo, ai tempi della Columbine. Penso che il video abbia rappresentato qualcosa che c’è sempre stato e che ci sarà sempre. Subirai sempre la pressione da parte dei tuoi simili, avrai sempre la rabbia giovanile, avrai sempre famiglie disfunzionali.

RICK KRIM: Ho il video non tagliato di Jeremy. Era troppo esplicito. Il ragazzo che si metteva la pistola in bocca… mi dà ancora i brividi quando lo guardo. Come potete immaginare, il gruppo non voleva cambiarlo. Pensavano che quella fosse la loro presa di posizione. Ho avuto un paio di discussioni al telefono con Eddie del tipo “qualche ragazzino potrebbe pensare che è figo mettersi una pistola in bocca”. Ma non è stata un’esperienza piacevole, né per me né per loro. Nel mio ufficio ho un poster del loro primo disco, una foto della figlia di Kelly quando aveva 3 anni, in cui sta giocando con una pistola. È firmato da tutti, e c’è una nota di Eddie che dice “La pistola che non ci hai lasciato mostrare. E grazie a te penso che hai mostrato fin troppo.” Che voleva dire aver compromesso la loro visione artistica per farli diventare così popolari. È stata la fine dei video per i Pearl Jam.

CROWE: Singles era pronto da un anno prima che uscisse. Ma tutto il successo del cosiddetto suono di Seattle ha fatto in modo che raggiungesse le sale. La Warner Bros mi disse: ”Se puoi fare in modo che gli Alice in Chains, i Soundgarden e i Pearl Jam suonino ad una festa di MTV che noi possiamo usare per pubblicizzare il film, lo faremo uscire.” Così, dolorosamente, dovetti provare e parlare ai gruppi per farglielo fare. I Pearl Jam dissero che l’avrebbero fatto come un favore nei miei confronti. Così ci fu la registrazione e fu… un disastro. Il pubblico era composto soprattutto da dirigenti dello studio e dai loro figli che volevano vedere il Seattle sound.

KRIM: Eddie stava con un gruppo dei suoi amici surfisti di San Diego. Ricordo un principio di rissa sul palco. Eddie urlava agli uomini della sicurezza. Dovettero fermare tutto. Dovemmo trascinare via Eddie prima che lo arrestassero.

CROWE: Stavano suonando delle cover, e qualcuno finì in una rissa, anche Cornell e penso anche Kim Thayil dei Soundgarden. Mi ricordo Eddie che urlava “Cazzo, che cazzo sta succedendo?” e i dirigenti che trascinavano fuori i loro figli. Stavo vedendo tutto il lavoro fatto per far uscire il film finire nel cesso. Ma Singles uscì lo stesso, e il concerto fu trasmesso due volte, pesantemente tagliato. Per chiunque l’abbia registrato è davvero una cosa da collezione. Più tardi facemmo delle magliette per commemorare la festa: davanti c’era scritto “Festa per la prima di Singles” e sul retro “Nessuno è morto”.

GROHL: Noi venivamo da un punto di vista punk. E anche i Pearl Jam avrebbero potuto. Ma noi ce lo caricavamo sulle spalle un po’ più di loro. Kurt (Cobain) aveva fatto sapere la sua opinione “Come è possibile considerare i Pearl Jam alternativi?” – perché la loro musica aveva assoli di chitarra e cose così. Era abbastanza ridicolo. E la cosa mi sembrava così divertente perché pensavo che Kurt ed Eddie sarebbero potuti andare davvero d’accordo.

GOSSARD: Quando Jeff ed io eravamo alla Sub Pop, lasciammo nella nostra scia una spaccatura. E questa spaccatura fu ciò a cui si attaccò Kurt, e fu percepita dai media come una grossa linea di divisione. Mi ricordo che mi sentivo accecato da questo, perché quando avevo sentito il suo disco, l’avevo trovato così buono e così immediato che volevo a tutti i costi che a lui piacesse il nostro gruppo. Questo ha esasperato tutti. Lui si è cristallizzato nella sua opinione negativa del gruppo. Penso che non sapessimo di meritare tutta la pubblicità di quello che stava succedendo. Perché proprio io? Conosco 100 grandi chitarristi. Che cosa sto facendo di così diverso? Ci sono stati un sacco di giochi mentali che sono cominciati quando abbiamo cominciato a vendere. E poi, dall’altra parte, ripensando a me stesso mi sentivo come destinato a qualcosa. Avevo raggiunto il mio sogno, così mi sentivo di avere una qualche missione. Era davvero un mix di questi due tipi di estremismo: sentirsi benedetti da una parte, e dall’altra odiarmi per aver fatto qualcosa che i miei amici non erano stati in grado di fare.

AMENT: Se una ragazza ti lasci, tu la odi. Mark Arm era molto amareggiato con noi perché avevamo lasciato i Green River. Poi ho sentito quello che diceva di noi. È quello che ha fatto iniziare tutta la faccenda di “Stone e Jeff in particolare sono dei carrieristi”. Questo deriva dal fatto che io, nei Green River, ero l’unico che lavorava. Gli altri avevano fondi fiduciari o aiuto finanziario dai genitori. Ero l’unico che era affamato e voleva qualcosa per pagare l’affitto. Con Kurt Cobain è stato tutto un malinteso. Forse io ero quello che nessuno avrebbe tirato fuori dai guai se a 30 anni avesse lavorato ancora in un ristorante. Stavo ripagando i debiti di scuola. Quelle cose che Mark o Kurt hanno detto all’inizio mi hanno fatto piuttosto male. Mi dipingevano come se da bambino avessi deciso che sarei stato una rock star. E certamente non era così. Ho fatto parecchi tentativi di parlare con Kurt, ma lui abbassava la testa e se ne andava. Sono sicuro che molto derivasse dalle continue domande che gli facevano su di noi. A noi chiedevano spessissimo di loro, e dopo un po’ ne hai piene le tasche.

KRIM: Mi ricordo che agli MTV Awards del ’92 Eddie e Kurt fecero pace. Me li ricordo sotto il palco abbracciati. Clapton stava suonando Tears in Heaven, penso, e loro si abbracciarono sotto il palco. Un momento magico.

GROHL: Sì, una specie di fottuto summit. Era così ridicolo, era tutto stato gonfiato all’inverosimile, mi ricordo loro due sorridere e abbracciarsi e all’improvviso Seattle era a posto!

CURTIS: C’è una storia divertente – beh, Eddie è riuscito a riderci sopra solo tempo dopo – dopo essere rimasto chiuso in casa per mesi, Eddie dice “penso che andrò a fare i regali di Natale”, arriva a Pioneer Square e immediatamente 400 fan lo circondano.

VEDDER: Ero già spaventato a lasciare la mia casa, e finalmente ce l’ho fatta, tre giorni prima di Natale, salgo sulla mia vecchia Plymouth e vado. Non uscivo di casa probabilmente da una settimana, mi ero davvero isolato. Esco ed improvvisamente c’è della gente sul tetto della mia macchina, provo ad uscire per comprare un paio di cose e mi ritrovo della gente sul tetto della macchina. Parcheggio, posso solo stare lì seduto con della gente che mi urla in faccia. Finalmente riesco a uscire e comincio a correre. Mi nascondo dietro una mappa. Corro su per la strada e mi nascondo dietro un lampione.

CURTIS: E si scopre che era finito dentro il set di un video degli Alice in Chains.

1993-1994: LASCIATELO SANGUINARE

19 OTTOBRE: Esce Vs., che vende 950.378 copie nella prima settimana, un record che durerà per 5 anni
8 APRILE 1994: Kurt Cobain Viene trovato morto a Seattle
30 GIUGNO 1994: Gossard e Ament testimoniano di fronte al sottocomitato congressuale che investiga su possibili pratiche anticoncorrenziali di Ticketmaster
AGOSTO 1994 Dave Abbruzzese 
viene licenziato.
6 DICEMBRE 1994: Jack Irons, 
vecchio amico di Vedder, si unisce al gruppo

VEDDER: Il secondo disco è quello che mi è piaciuto di meno fare. Non abbiamo registrato a Seattle ed era come essere in tour. Non mi sentivo a mio agio nel posto dove eravamo proprio perché era molto comodo. Non mi è piaciuto per nulla.

AMENT: Mentre registravamo Vs. c’era molta pressione su Eddie. Pensavo che stavamo suonando così bene come gruppo che si sarebbe risolto tutto. Verso la fine è diventato tutto piuttosto intenso. Faceva fatica a finire le canzoni, la pressione, il non stare bene in un posto così bello. Abbiamo provato a farlo diventare il più scomodo possibile per lui. Dormiva nella fottuta sauna.

BRENDAN O’BRIEN: C’è una grande canzone che abbiamo registrato per Vs, Better Man, che è finita poi su Vitalogy. In una delle prime prove l’hanno suonata e io ho detto “ragazzi questa canzone sarà un successo.” Eddie disse solo “uhhhh.” Ho capito immediatamente di aver detto la cosa sbagliata. L’abbiamo tagliata da Vs, voleva darla a Greenpeace per un disco di beneficenza, l’idea era che il gruppo l’avrebbe suonata e qualche altro cantante l’avrebbe cantata. Mi ricordo di aver detto all’ingegnere del suono, Nick, “Questa è una delle loro migliori canzoni e vogliono regalarla! Non può succedere!” L’abbiamo registrata e non voglio dire che non ce l’abbiamo messa tutta, ma alla fine non suonava molto bene. Potrei aver sabotato quella versione, ma non ammetterò di averlo fatto. Nel disco successivo la registrammo ancora due volte prima che andasse bene per Eddie, perché era una grandissima canzone pop.

GOSSARD: Ed ha provato a smontare la nostra formula sin dall’inizio; ha capito subito che diventare ancora più grossi non ci avrebbe necessariamente resi più felici. La canzone che tu pensavi sarebbe stata veramente grande per il disco non sarebbe necessariamente stata quella che lui preferiva. Sarebbe stato qualche riff di terza mano o una canzone sciocca: all’improvviso quella sarebbe stata la canzone su cui lui voleva lavorare. Guardando indietro ora, posso apprezzarlo. Sono entrato in questo gruppo scrivendo la maggior parte delle canzoni,ed avendo il controllo musicale. Ma se avessi auto il comando per tutto il tempo, a quest’ora il mio stile sarebbe diventato noioso.

DAVE ABBRUZZESE: Pensavo che fosse ridicolo. Mi piaceva come avevamo cominciato, mi piaceva l’idea di andare a suonare per 10 dollari a concerto e di vendere le magliette e di fare tutte queste cose mantenendo la nostra integrità. Ma, sai, non devi sacrificare la fottuta musica che fai. Quando sono stato cacciato pensavo di andare a un incontro con Stone per parlare di una collaborazione con Daniel Lanois (produttore degli U2). Pensavo: ”dovremmo lavorare con qualcuno che porti questo gruppo da qualche parte e che ci lasci essere magici, invece che trascinare i piedi e fare solo uscire qualche disco”. Potevamo vendere un pezzo di merda incelofanato e ne avremmo venduti due milioni prima che qualcuno si accorgesse dell’odore. Allora facciamo qualcosa di fantastico.

VEDDER: Dico che Stone è il mio arcirivale nel gruppo, soprattutto perché fa la parte dell’avvocato del diavolo. Puoi avere la migliore idea del mondo, che è assolutamente incontestabile, e lui salta fuori con qualcosa e ti spiega perché non possiamo proprio farla. Ma è una cosa davvero positiva. Qualcuno deve farlo, e lui lo fa.

AMENT: La foto della pecora sulla copertina di Vs è stata fatta in una fattoria a Hamilton, nel Montana. Quella foto è più o meno semi rappresentativa di come ci sentivamo in quel momento. Per dirla come la direbbe Prince, eravamo schiavi.

TIM BIERMAN: A Halloween ero giù a San Francisco, quando Kelly mi disse che i ragazzi avevano venduto un milione di copie in una settimana, e che nessuno aveva mai fatto qualcosa del genere. Invece di darsi il cinque, avevano tutti la testa bassa. Invece che una situazione esaltante, era diventata scomoda. La cosa bella è che praticamente tutti nel gruppo la pensavano allo stesso modo su questo. Erano tutti sconvolti, non era solo una persona, era una vera confusione di emozioni.

VEDDER: Forse non ero pronto a ricevere tutta quell’attenzione. Penso anche che non fossi pronto per le cose pratiche, o gli affari legali. Non sapevo che qualcuno poteva metterti sulla copertina di una rivista senza chiedertelo. Potevano vendere le riviste e fare soldi e tu non avevi diritti sulla tua faccia.

WILSON: Eddie chiese molti consigli a Bono. Dopo i concerti vedevi Bono e Eddie in un angolo immersi in una conversazione. Uscivano insieme, andavano dove stava Bono, bevevano vino e parlavano dell’industria musicale e ci litigavano anche un po’ su.

BONO: Sembra che io faccia sempre la parte di quello che li sgridava per non voler essere delle rock star. Penso che mi sopportassero con grazia. Chiunque con la testa a posto avrebbe fatto quello che hanno fatto i Pearl Jam, in pratica come riuscire ad avere una vita e a mantenere la tua dignità.

PETE TOWNSHEND: Ho incontrato Eddie al mio concerto a Berkeley (California) nel 1993. L’ho riconosciuto tra il pubblico, ma sembrava confuso, un po’ perso. Dopo ho trascorso un’ora con lui. La parte che stavo recitando avrebbe potuto essere ironica – la vecchia star bruciata che tenta di passare la propria “saggezza” agli artisti più giovani. Non mi ricordo quello che gli dissi. Probabilmente qualcosa sull’accettare semplicemente quello che chiaramente era, una nuova rock star. Penso che forse vedeva le regole rock della sua vita venir riscritte, e non gli piacevano.

CROWE: Eddie di solito aveva un registratore DAT nascosto. Elvis Costello venne nel backstage per congratularsi con i Pearl Jam ed incontrare Eddie, e lui aveva il DAT che registrava nascosto sotto la sua giacca, perché voleva salvare in qualche modo quest’esperienze. Questo per dire che tipo di fan era.

FAULKNER: Ogni volta che il gruppo veniva in studio per un’intervista, era veramente dura riuscire a tenere Mike e Eddie nello studio, perché erano dei così grandi fan dei vinili e io nel mio ufficio avevo una grande collezione di vinili. Così ogni volta che c’era la pubblicità mi giravo e non li vedevo più. Non so se furto è la parola giusta, ma certamente hanno incrementato la loro collezione di vinili. Potevano passare ore nel mio ufficio, impazzendo per un 12 pollici di Lou Reed o per un mix di una canzone di Pete Townshend. E dopo facevano “compere”. Eddie fu l’unico a lasciarmi un biglietto di ringraziamento. Scarabocchiò a matita su un blocco: “grazie per tutti i vinili, in un anno in cui ogni giorno è stato come Natale.” Era l’anno di Vs.

ROSE: Ricevetti una telefonata da Eddie, diceva: ”è il cinquantesimo compleanno di Roger Daltrey, ho una torta per lui, perché non vieni con me?” Così siamo andati e c’erano tutti: Alice Cooper, Lou Reed, Townshend, Sinéad O’Connor. Ci incontrammo alla Carnegie Hall, Demmo la torta a Roger, e poi Eddie andò nel suo camerino, mi passò una sedia di metallo e disse: ”fai il primo lancio.” Mi guardai attorno, e c’erano questi meravigliosi candelieri e specchi e faretti dorati. E io avevo bevuto. Quando finimmo, non era rimasto nulla. Anche il bagno era stato devastato. Solo un tubo che buttava acqua sul pavimento.

VEDDER: Penso di aver lanciato una bottiglia di vino contro uno specchio che esplose. Ad un certo punto mi tagliai la mano e cominciai a scrivere col sangue: “Spero di morire prima di diventare vecchio”. Che era molto bello. Ricevemmo un conto di 25.000$ dalla Carnegie Hall. Al massimo doveva essere di duemila, uno specchio, un paio di lampadine ed un quadro. Parlammo con loro. Ci dissero anche che non avrebbero mai più ospitato gruppi rock. Cosa che è solo giusta.

TOWNSHEND: Ne sentii parlare solo dopo, nessuno pensava che fosse stata una cosa fatta particolarmente bene. Dopotutto è solo un fottuto surfista!

GOSSARD: Fu il periodo più di successo e più snervante allo stesso tempo. Stavo andando fuori di testa. Il gruppo non aveva mai avuto così tanto successo, ma non potevamo stare tutti nella stessa stanza. Tutto era così drammatico e enorme.

McCREADY: Stabilimmo una regola dei 10 minuti nel periodo di Vs-Vitalogy, perché dopo i concerti, analizzandoli, litigavamo come pazzi. Era una cosa del tipo, godiamocela. Poi sediamoci distanti, in modo da non picchiarci.

STEVE TURNER: I media stavano cercando di far apparire Pearl Jam e Nirvana come totalmente opposti, di far sembrare i Nirvana come quelli veri e i Pearl Jam come il gruppo costruito per i ragazzini che guardavano la televisione. Anche Cobain lo diceva. La cosa che ci colpì di più fu che il tour coi Nirvana, per noi (Mudhoney) fu terribile. Perché era davvero mal organizzato e tutti erano infelici, quelli della crew venivano licenziati a destra e a manca, ci dicevano che non potevamo avere birra nel backstage perché stavano cercando di fare un tour astemio. Così pensavamo, “merda se il tour coi Nirvana è stato così, cosa diavolo potrà essere quello coi Pearl Jam?” Ma lo facemmo lo stesso e immediatamente capimmo che c’era un atmosfera molto migliore. Eravamo assolutamente pazzi dei Nirvana, ma cristo, con loro era stato un periodo così terribile, tutto faceva schifo. E non doveva essere così. Bastava guardare i Pearl Jam. La crew era fatta da gente allegra e gentile, molti di loro sono ancora oggi coi Pearl Jam, sin dal primo giorno. È stato davvero piacevole, davvero divertente. Cerano degli skateboard, mi ricordo che ci andavo in giro per il backstage con Jeff, ha davvero cambiato la mia percezione della cosa. Sembrava che loro avessero lavorato per essere lì, non facevano finta che non fosse quello che volevano. E inoltre non si comportavano come delle stupidissime rock star.

VEDDER: Mi ricordo di aver devastato la mia stanza d’albergo quando seppi che Kurt era morto. Suonammo quella notte (vicino a Washington D.C.) e me ne dispaccio ancora. Ian MacKaye (dei Fugazi) era con me, e mi offrì ospitalità per la notte. Così andai su per prendere la mia valigia, ma non avevo la chiave, e dovetti salire con quello della manutenzione per poter entrare nella stanza. Quando aprì la porta, lo guardai e gli dissi: “Devi capire quello che è successo oggi”

O’BRIEN: Vitalogy fu un po’ tirato. Per essere educato… c’era qualche segno di implosione.

McCREADY: Brendan ci raccontava delle storie su Jerry Lewis. Coniammo una frase per quello, “Lewisismo”, che vuol dire parlare bene di se stessi. Aveva più a che fare coi nostri ego al tempo. Fu certamente una buona strategia quella di Brendan.

GOSSARD: Vitalogy fu il primo disco in cui fu Eddie a prendere le decisioni finali. È stato un disco molto difficile da fare per me, perché avevo ceduto un sacco di controllo.

AMENT: Per i primi due dischi, io e Ed riuscivamo a parlare. Per il primo anno e mezzo di tour dividevamo la stanza, così siamo riusciti a conoscerci abbastanza bene. Stavamo improvvisando su Release, e lui cominciò a cantare questa cosa, e dopo aver finito mi disse “ti devo parlare” e mi lasciò fare da solo, dicendomi tutto quello che era successo tra lui ed il padre. Fu un momento importante. Ma in Vitalogy la comunicazione era al minimo. E io risposi come ho sempre risposto: abbassai la testa e suonai. Nel primo disco Ed rivelava queste sue cose personali molto di più di quanto abbia fatto nei due o tre album seguenti. Ci sono canzoni su Vs e Vitalogy che non avevo idea da dove venissero. Divento quasi un gioco, un puzzle. Come essere un fan all’interno del tuo stesso gruppo.

ABBRUZZESE: Stone era il ponte che univa tutti gli altri. Quando smise di impersonare questo ruolo, la musica cambiò, e il gruppo diventò meno comunicativo, più un luogo di sussurri.

JEFF AMENT: Per Vitalogy, Ed portò quel libro e noi dicemmo “sarà una grande copertina”. Cercammo davvero di farlo come un libro, in modo che si aprisse orizzontalmente. Il che fece incazzare i negozi di dischi, perché dovevano tenerli impilati per il lungo. Da Vs in poi abbiamo sempre cercato di fare qualcosa di un po’ più unico. Finì per costarci 50 centesimi per copia. A quei tempi avevamo delle teste così dure. Non so se lo rifarei: dare alla casa discografica 50 centesimi del mio dollaro e mezzo!

ANTHONY: Eddie si portava in giro quel libro, un libro di medicina fai da te degli anni ’20. Cosa fare per stare meglio. Lo amava. Pensavamo “grande: un libro di dominio pubblico (senza copyright). Nessun problema.” Lo mandammo al nostro dipartimento legale e saltò fuori che c’erano due diverse versioni di Vitalogy, una delle quali aveva il copyright. Ora avevano, nella stanza di guerra, le due diverse versioni, le parti che il gruppo voleva usare e gli avvocati che le leggevano tutte e tre.

GOSSARD: E Mike stava cominciando a combattere con le sue dipendenze: alcool e cocaina.

CURTIS: Mike non era proprio un buon bevitore. Faceva cose stupide: togliersi i vestiti, svenire, pisciare negli angoli.

GOSSARD: Mike si prendeva queste sbronze terribili ed era ridotto ad uno straccio per tutto il giorno seguente. Era conscio di quello che stava succedendo. Mike è sempre stato straordinariamente onesto e duro nei confronti di se stesso. Ma alla fine di Vitalogy, avevamo qualche giorno di vacanza e affrontammo il problema. Io e Jeff ci eravamo già passati con Andy, così sin dal primo giorno sapevamo che c’era la possibilità che Mike l’avrebbe fatto. Ma forzarlo non sarebbe servito a nulla, doveva capirlo da solo.

McCREADY: Caddi in pieno in quello che pensavo essere la vita da rock star e tutte le stronzate che l’accompagnano. È stato certamente un periodo selvaggio. Fortunatamente non sono finito come un cliché del rock. Eravamo nel pieno del vortice dell’essere diventati così grandi. Ma negli anni, Eddie, Stone, e Jeff mi hanno salvato. Loro e l’aver mantenuto i contatti con i miei genitori.

GOSSARD: La faccenda di Ticketmaster saltò fuori in un periodo perfetto per poterci far dire “sapete, non faremo tour”. Fu perfetto per noi trovarci invischiati in questa storia.

AMENT: L’intera faccenda fu uno scherzo. Il dipartimento di giustizia ci usò per avere pubblicità. Io e Stone passammo una settimana con questo tizio, John Hoyt. Ci preparò con delle difficili domande che si supponeva ci avrebbero fatto, e che alla fine nessuno ci fece. Mi ha fatto diventare molto più cinico riguardo a come vanno le cose nel nostro governo.

VEDDER: Alla fine uscì un comunicato stampa che diceva più o meno: ”Il dipartimento di giustizia ha terminato le sue indagini su Ticketmaster, non ci saranno ulteriori indagini.” Questo dopo un anno di lotta. È stato davvero incredibile esserci così vicini e poi essere schiacciati da un’enorme società.

O’BRIEN: Qualunque fosse la ragione, Dave Abbruzzese e Eddie non andavano d’accordo.

ABBRUZZESE: C’era un periodo in cui eravamo amici. E poi all’improvviso non lo conoscevo più. Ma capisco – merda, me la facevo sotto e avevo attacchi di panico in pubblico, non posso nemmeno provare a capire che inferno stesse passando lui.

CURTIS: C’era una certamente una differenza nelle loro filosofie. La politica, l’aborto, le armi da fuoco, il rispetto per le donne, e tutte queste cose. Le responsabilità di essere membri dei Pearl Jam e quale messaggio mandare.

AMENT: Dave era un tipo diverso, di sicuro. C’erano un sacco di cose su cui non la pensavo come lui. Si trovava meglio a fare la rock star che il resto di noi. Feste, ragazze, macchine. Non so se eravamo nella stessa dimensione. Anche musicalmente, quando gli dicevi “Voglio che assomigli ai Buzzcocks”, non penso che capisse davvero cosa intendevi. Era un tecnico, mentre noi suonavamo tutti per il sentimento, o per aver visto dei gruppi.

GOSSARD: Era il modo in cui funzionavano le politiche all’interno del nostro gruppo: toccava a me dire “Hey, ci abbiamo provato, non funziona, facciamo qualcos’altro.” A un livello superficiale, era uno scontro politico: per una qualche ragione la sua capacità di comunicare con Ed e Jeff era scemata. Certamente non penso che sia stata solo colpa di Dave se questo è successo.

ABBRUZZESE: Stone si comportò da uomo, era un buon amico, spero un giorno di avere la possibilità di dirgli quanto ho apprezzato questo. Mi ero semplicemente inacidito. Non ero davvero d’accordo con quello che stava succedendo. Non ero d’accordo con la faccenda di Ticketmaster e cose del genere. Ma non do la colpa a nessuno, nè ho cattivi sentimenti. Mentirei se dicessi che non sono stato furioso e ferito per molto tempo. Ma ora vorrei solo che ci fosse stata più musica del gruppo di cui facevo parte.

GOSSARD: Jack entrò nel gruppo mentre stavamo finendo Vitalogy. Jack portò una ventata di aria fresca, era un uomo di famiglia. Tutti diventarono immediatamente suoi amici. Era lì semplicemente per suonare la batteria e darci una mano.

1995: SPINGIMI, TIRAMI

8 GENNAIO: I Pearl Jam conducono il Self Pollution, quattro ore e mezza di trasmissioni radio con esecuzioni dal vivo e interviste a, tra gli altri, Pearl Jam, Soundgarden, Mudhoney, membri dei Nirvana e degli Alice in Chains.
FEBBRAIO: il gruppo registra Mirror Ball con Neil Young
21 Febbraio: Comincia il tour in Asia e nel Sud Pacifico
12 APRILE: Eddie Vedder va un tour con Mike Watt e Dave Grohl
16 GIUGNO: Comincia il tour in luoghi alternativi (senza Ticketmaster) a Camper, nel Wyoming
24 GIUGNO: Dopo essere stato ricoverato per intossicazione da cibo, Vedder crolla a metà di un concerto al Golden Gate Park di San Francisco. Il resto del tour viene cancellato

10 CONCERTI ESSENZIALI

OFF RAMP CAFE, SEATTLE, 22 OTTOBRE 1990
… e il settimo giorno tennero il loro primo concerto. Un Eddie Vedder diverso è fisso al suo posto, ma la sua voce baritonale esplode nelle canzoni che sarebbero diventate Ten. Un fan vicino a chi stava filmando chiede: “Wow! Chi cazzo è quel tipo?”

COW PALACE, SAN FRANCISCO, 31 DICEMBRE 1991
Come competono i Pearl Jam quando devono aprire per i Nirvana e per i Chili Peppers? Ament salta contro un amplificatore e Vedder esegue un tuffo a volo d’angelo tra il pubblico, tornando sul palco senza scarpe.

MTV UNPLUGGED, 16 MARZO 1992 
I Pearl Jam perfezionarono la loro capacità acustica in un piccolo concerto a Zurigo il mese prima, ma l’unplugged lo cattura meglio. Con Vedder su uno sgabello che si scrive PRO-CHOICE sul braccio e McCready che randella le sue corde, questa versione di Porch è una delle migliori.

ALPINE VALLEY, EAST TROY, 29 AGOSTO 1992 
La Quintessenza dei vecchi Pearl Jam: Ament che salta, le pose di Gossard, un Vedder dagli occhi spiritati che interrompe il concerto per salire sul tetto dell’anfiteatro, da dove si lancia tra il pubblico con una corda che penzola da un palo.

MTV VIDEO MUSIC AWARDS, 3 SETTEMBRE 1993 
Un mese prima dell’uscita di Vs., senza preavviso Neil Young fa da spalla ai PJ per una cover della sua Rockin’ in the Free World.

SATURDAY NIGHT LIVE, 16 APRILE 1994
Un gruppo sconvolto, scosso, incanala la propria tristezza per la morte di Kurt Cobain avvenuta la settimana precedente. Passano i titoli di coda con Vedder che porta la mano alla K scritta sulla sua maglietta all’altezza del cuore.

SOLDIER FIELD, CHICAGO, 11 LUGLIO 1995 
47.000 fan gridano “Ticketmaster fa schifo” senza che venga loro chiesto. Uno dei pochi concerti dopo la cancellazione del tour senza Ticketmaster. Queste 3 ore e oltre comprendono cover, pazze improvvisazione e praticamente tutto il catalogo dei Pearl Jam.

RANDALL’S ISLAND, NEW YORK, 29 SETTEMBRE 1996
Tour senza Ticketmaster 2.0, e qui i Pearl Jam si confrontano con l’art-rock. Durante una versione da 11 minuti di Porch, Vedder si annerisce gli occhi con un tappo bruciato, si copre gli occhi con del nastro adesivo e fa il suo famoso soliloquio “voi siete qualcosa”.

MADISON SQUARE GARDEN, NEW YORK, 11 SETTEMBRE 1998 
Migliaia di cartelli che chiedono Breath vengono innalzati dai fan. I Pearl Jam la suonano per la prima volta dopo anni, e le persone si alzano in piedi sulle sedie a cantarla. Vedder duetta con Ben Harper su una Indifference strappalacrime e si arrampica sul filo del microfono che aveva lanciato sui supporti delle luci durante Alive.

KEY ARENA, SEATTLE, 6 NOVEMBRE 2000
Dopo Roskilde il gruppo trova la forza di non annullare il tour americano. Questo è il loro emozionante ritorno a casa e il trionfante finale. Gli amici arrivano da tutto il mondo, le lacrime scorrono, e il gruppo fa magie fino all’una e mezza di notte. Il concerto dei Pearl Jam più toccante dell’intero decennio. Punto.

TURNER: Il primo show radiofonico pirata dei Pearl Jam fu in quel luogo per le prove che avevano, era una casa diroccata sul bordo di una piccola strada. La casa era male messa che pareva condannata. Fu una festa punk. Con attrezzature di trasmissione da un milione di dollari. C’era un po’ di gente fuori, gli amici più vicini, la gente della scena di Seattle era lì. Fu davvero divertente. Vorrei che ci fossero più cose del genere, dove sia possibile vedere tutta quelle persone su base regolare.

GLORIA STEINEM: Ho incontrato i Pearl Jam la prima volta perché si stavano esibendo con Neil Young per il ventiduesimo anniversario della causa Roe contro Wade (la causa che liberalizzò l’aborto negli USA) al concerto annuale che Voters for Choice organizza a Washington DC. Quando l’aspetto delle interruzioni di gravidanza in stadio avanzato emerse come cruciale, loro chiesero degli incontri in modo da poter davvero capire il problema. Maureen Brittel di Voters for Choice, che è stata una delle donne che hanno convinto Clinton a porre il veto sulla legislazione che avrebbe reso fuori legge gli aborti in stato avanzato, venne, e c’era l’intero gruppo ad ascoltarla. Vuol dire che ci tenevano davvero. Da allora siamo diventati amici. E, ovviamente, i miei nipoti mi tributano una stima che non avevo mai avuto prima.

O’BRIEN: Ricevetti una telefonata da Kelly. Disse: “Non essere sorpreso, ma entro un’ora ti chiamerà Neil Young e voglio che tu produca un disco con lui.” Chiamò e mi disse “Puoi essere qui domani o dopodomani?” Abbiamo fatto Mirror Ball in una settimana e mezza. Eddie non c’è stato molto.

VEDDER: Ero in un periodo in cui avevo qualche problema di stalking e uscire di casa non era esattamente semplice. Inoltre non avevamo molto tempo libero, e mi ero riproposto di staccare per un po’.

GOSSARD: Il fatto che Neil Young pensasse che fossimo un gruppo con cui sarebbe stato bello fare un disco, venne in un momento in cui ne avevamo davvero bisogno. Probabilmente gli dispiaceva per noi. Ci fece sentire a nostro agio. Lui non prende la sua carriera così seriamente da lasciarsi scappare certe occasioni. Improvvisamente il nostro gruppo sembrava troppo serio.

GROHL: Io e la mia ragazza ci prendemmo una vacanza in Australia. Così sono passato nel backstage dei Pearl Jam per salutarli, e Jack Irons, che al tempo suonava con loro la batteria, mi chiese di sostituirlo per qualche canzone perchè aveva problemi al tunnel carpiale e ai polsi. Era difficile dire di no ad un fratello nel momento del bisogno. All’inizio ero terrorizzato perché era un anno che non suonavo la batteria di fronte a qualcuno. Inoltre, non avevo mai visto una folla reagire in quel modo. Faceva fottutamente paura. La gente era fuori controllo. Erano così eccitati di vedere i Pearl Jam che sembrava che i ragazzini si riversassero sul palco. Non vado ai concerti dei fottuti N’Sync, ma immagino che probabilmente sono così.

AMENT: Manila fu un’esperienza talmente folle. Il posto teneva 8.000 persone e ce n’erano 10.000, più altra gente fuori. Era un posto all’aperto recintato. Cosi la gente formava queste specie di torri umane cercando di arrampicarsi per vedere. La polizia arrivò con i cannoni ad acqua, innaffiando tutti via dal muro. E anche dentro, Essere in una parte completamente diversa del mondo e vedere tutto il pubblico cantare le canzoni insieme a te. Questi sono i concerti dove devo suonare con la mia testa per tutto il tempo. C’è una forza completamente diversa che ti spinge a suonare.

GROHL: Per chiunque come me, o Krist (Novoselic, il bassista dei Nirvana) o Eddie, che può essere diventato in qualche modo disilluso, spossato o insensibile, stare con Mike Watt (Minutemen) nello studio solo per un giorno, rinnova l’eccitazione. Ha cominciato a parlare di fare un tour insieme. Voleva avere Eddie alla chitarra e me alla batteria, mentre lui avrebbe suonato il basso. Per tre persone che avevano così bisogno di una cosa del genere fu eccezionale. Eddie e il gruppo di sua moglie (gli Hovercraft) avevano questo furgone che avevano dipinto con bombolette d’argento – sembrava il distintivo di un poliziotto, una così cattiva idea. E noi avevamo questo Van Dodge rosso che chiamavamo Big Red Delicious. Avevamo tutti i CB, e tramite molte conversazioni sul CB guidando nel mezzo del nulla ho capito che Eddie era un figlio di puttana maledettamente divertente. Penso che in quel momento, per Eddie molte cose fossero uscite di prospettiva. Quel tour lo rimise molto insieme. Suonammo tre concerti a sera per 12 giorni di fila, con 10 ore di guida da un posto all’altro.

VEDDER: Fu veramente grande fino a metà, poi non riuscivo più a gestirlo. C’era gente che ci tirava monete a Chicago – fan dei Minuteman che non volevano vedere gruppi rock compromessi sullo stesso palco insieme a Watt. E io ero frustrato. Pensavo “vi appoggio, è anche il mio eroe.” Cristo, capivo il perché. Avrei potuto essere uno di quelli che tirava le monetine.

ELIASON: Il Self-Pollution sembrava una radio pirata. Questo diede a Eddie l’idea di usare un furgone per trasmettere durante il tour americano del 1995. Fino ad un certo livello di emissione, puoi farlo senza bisogno di una licenza. Durante i concerti io trasmettevo, dopo, spesso Eddie veniva sul furgone e parlava del concerto fino a quando era ora di andare. Molto spesso raggiungeva la tappa seguente col furgone. Penso che sentisse il bisogno di essere punk, di tornare alle radici. Il resto del gruppo volava. Ragazzi, non avreste voluto avvicinarvi a quel furgone. Era chiaro che della gente ci aveva vissuto dentro.

VEDDER: Avevo appena fatto il tour con Watt in un furgonr, e sentivo che il nuovo tour avrebbe attratto un certo tipo di attenzione, la gente era piuttosto eccitata. Non volevo collegarmi a un certo tipo di pubblicità. In quel modo avevo la possibilità di mantenere i piedi per terra e di mantenere un basso profilo per quanto possibile. Viaggiare con il furgonr era il modo che avevo scelto per fare queste cose. Funzionò per un po’. Ma poi mi stancavo troppo.

AMENT: Avevamo la testa così dura per il tour del 1995. Dovevamo dimostrare di poter fare un tour da soli, e la cosa ci ha quasi distrutto, distrutto la nostra carriera. Creare tutto lo spettacolo dalle fondamenta, in ogni posto in cui andavamo.

ELIASON: Dio li benedica per averci provato, ma alla gente non interessava. Volevano solo vederli suonare. Quella fu la prima volta che si sentirono colpiti alle spalle dai fan, era qualcosa a cui non erano abituati. Il peggio lo toccammo al Golden Gate. Il gruppo era davvero arrabbiato. Non molti avevano davvero capito quanto fosse malato Ed.

VEDDER: Tutto il casino del Golden Gate Park fu causato da del cibo avariato. Fu davvero, davvero brutto. Ripensandoci ora non sembra così intenso come in realtà è stato, ma fu orribile. Non mi sentivo umano, e ripensandoci avrei dovuto finire in qualche modo quel concerto, e il fatto che Neil Young fosse li probabilmente mi ha fatto pensare che potevo in qualche modo andarmene. Non mi sentivo per nulla bene, era come se dovessi vomitare tutto. Era una situazione in cui non puoi lavorare. Ma penso che ora probabilmente finirei il concerto.

CURTIS: Temevamo che ci sarebbe stata una rivolta. Neil usci e li calmò. Dopo quel concerto Neil disse, ”Sapete una cosa? Se non vi sentite a posto andate a casa. E il gruppo si guardo e disse, “Sai una cosa? Vogliamo andare a casa”. E così facemmo.

KARRIE KEYES: Ripensandoci sono sorpresa che ce l’abbiano fatta ad andare avanti. Dopo il tour del ’95, si presero un periodo di pausa.

ROSE: Ok, ritorniamo al wrestling travestito messicano. Nel ’95 Eddie si presentò ad un spettacolo, indossava una maschera da wrestling, e diede a me e a quelli del mio circo delle maschere. Nessuno poteva riconoscere Eddie, così lui poteva camminare tra il pubblico e fare questi fottuti incontri di wrestling. Abbiamo pensato: “Wow, facciamo del wrestling una parte dello spettacolo. E cosa succederebbe se cambiassimo le regole? Cosa succederebbe se indossassimo dei falli artificiali? E cosa succederebbe se chi riesce ad infilarlo in bocca all’avversario per il conteggio, vincesse? E questo è il wrestling travestito messicano. Così dal ’96 al ’98 abbiamo fatto uno spettacolo di wrestling con il Jim Rose Circus come apertura. E visto che avevo detto alla gente che Eddie mi aveva aiutato ad avere quell’idea, tutti decisero che Billy Martinez “The Barrio Bottom”, sotto la maschera era Eddie. In ogni città in cui andavamo c’erano centinaia di ragazzini che mi chiedevano “Eddie è davvero Billy Martinez?” Non sapevano neppure cosa volesse dire “bottom” nella cultura gay. Incontrai Eddie un anno dopo – avevo davvero timore di incontrarlo perché sapevo che era finito tutto sui giornali – ma lui semplicemente sorrise e disse “mi è stato chiesto del lottatore messicano travestito 100 volte quest’anno.” Mi guardò e alzo gli occhi.

1996-1999: FLUSSO COSTANTE

27 AGOSTO 1996: Esce No Code.
14 SETTEMBRE 1996: 
Tour americano ed europeo senza Ticketmaster, proseguirà fino a novembre.
3 FEBBRAIO 1998: Esce Yield.
APRILE 1998 Jack Irons lascia; Arriva Matt Cameron (ex Soundgarden).
20 GIUGNO 1998: Il primo tour completo nei palazzetti Usa parte da Missoula e continua fino a settembre.
4 AGOSTO 1998: Esce Single Video Theory.
24 NOVEMBRE 1998: Esce Live on 
Two Legs.
23 DICEMBRE 1998: Esce Last Kiss per il fan club; le radio di tutto il paese cominciano a trasmetterla.
8 GIUGNO 1999: Last Kiss esce come singolo commerciale. Raggiunge la seconda posizione nella classifica di Billboard, più in alto di qualunque altro singolo dei Pearl Jam.

O’BRIEN: Con No Code le cose furono un po’ più rilassate. Fu davvero un disco di transizione. Passammo un bel periodo facendolo. Jack si era appena unito al gruppo. Jack era un vero professionista e un assassino della batteria. Con lui tutti diedero il meglio musicalmente.

GOSSARD: Non importa quello che fai, ma avrai un momento in cui la gente comincia a perdere interesse in te. Puoi continuare a fare il tutto esaurito nei concerti, il che guarisce un po’ le ferite al tuo ego. Ma c’era comunque la sensazione di non fare le cose nel modo in cui le masse se le aspettavano. Ma è solo col senno di poi che ti sembra giusto. Allora ne soffrivo. Non ne parlavamo. Parlare di cosa? Di come fare per piacere ancora alla gente?

AMENT: Non sono stato supercoinvolto in No Code a nessun livello. Ho scoperto dopo tre giorni di sessioni che stavamo davvero registrando. Avevo lavorato davvero duramente, avevo fatto i demo di un bel po’ di canzoni, e fortunatamente in quel momento stavo lavorando al disco dei Three Fish. Se non ci Fossero stati i Three Fish probabilmente avrei raggiunto il limite di rottura.

McCREADY: Sono sicuro che Jeff fosse incazzato, ma dipendeva più dal fatto di suonare divisi, perché se avessimo suonato insieme non avremmo combinato nulla. Eravamo tutti incazzati gli uni con gli altri.

O’BRIEN: E’ stato davvero un disco di transizione. Lo ascolti e vedi che ci sono davvero cose fuori dal comune. Off He Goes è una delle loro canzoni che preferisco.

VEDDER: Off He Goes in effetti è sul mio essere un amico di merda. Arrivo, tutto va benissimo e improvvisamente sparisco. Mi ricordo anche di aver detto che avrei dovuto scrivere una ninnananna e quello stesso giorno, avevo scritto una ninnananna, è Around the Bend. E’ stata una specie di esercizio di scrittura. Poi ho pensato: “Beh, non puoi davvero scrivere una ninnananna perché è troppo dolce.” Così, solo cambiando qualche parola, l’ho resa che se la senti in un modo è una ninnananna come quella che un padre canterebbe al figlio, essenzialmente una canzone per Jack Irons da cantare al figlio, ma se la senti in un altro modo potrebbe parlare di un serial killer che ha appena mangiato metà di suo… vedi, ha un lato cattivo.

GOSSARD: C’era una divisione tra Jack, il nostro amico e Jack che tentava di avere una famiglia e di riuscire a conciliare le sue cure mediche. C’era anche molto stress associato al fatto che stavamo tentando di fare un tour quando l’eccitazione di essere parte del gruppo stava svanendo. Ticketmaster, per quanto monopolista possa essere, è molto efficiente così noi non potevamo suonare nei posti in cui avremmo voluto. Per vederci i fan dovevano fare i salti mortali. Facemmo di tutto per prenotare quei posti e per fare in modo che fossero sicuri.

KEYS: Nei loro tour c’è sempre stata una vibrazione diversa da quella dei normali tour rock; il gruppo aveva obbiettivi diversi, ideali diversi, e generalmente trattavano le donne con molto più rispetto della maggior parte degli altri gruppi. La vibrazione non era mai prendere droghe, bere e vedere quante donne riuscivi a farti. Tutti gli altri ci chiamavano il tour vietato ai maggiori. Arrivavamo in città e l’organizzatore pensava che ci sarebbe stato qualche grossa festa e tutti dicevano “Quando? Sto andando a dormire”

AMENT: Durante quel periodo nero ci furono un sacco di lotte di potere. Ma Yield fu un disco davvero divertente da fare. E questo fu dovuto soprattutto al fatto che Eddie si mise un po’ da parte, lavorammo su tutte le nostre canzoni prima di lavorare sulle sue. Fu una cosa enorme.

O’BREIN: Mi ricordo che ci su uno sforzo concertato per mettere davvero insieme le canzoni migliori e più accessibili che potessero.

McCREADY: Uscivamo molto, io ed Eddie, parlando di politica vita, surf, musica. Mi ricordo di avergli detto che avremmo dovuto essere molto consapevoli dei poteri che c’erano, perché era cruciale per la nostra sopravvivenza. Dovevamo andare in giro e suonare, e divertirci, all’interno di questa struttura capitalistica. Per appoggiare ancora quelle cause, ma attraverso i canali ufficiali.

VEDDER: Yield è stato grande perché la musica nasceva così velocemente che era impossibile stargli dietro coi testi, e i testi che gli altri hanno scritto sono qualcosa che sono davvero orgoglioso e felice di cantare.

CURTIS: E poi Jack se ne andò. Era un ragazzo che tutti avevano voluto nel gruppo e che, almeno inizialmente, aveva avuto un grande impatto su tutti. Ma entrare nel mondo dei Pearl Jam è qualcosa che ti travolge. E lui non riusciva più a continuare.

ELIASON: Facemmo le Hawaii e l’Australia con Jack. Quando tornammo Jack non riusciva più a continuare. Prese quella decisione più o meno da solo. Può essere davvero un grande batterista, ma aveva difficoltà a tirare fuori tutta quell’energia necessaria per dei concerti così lunghi. Non so se pensasse che avremmo fermato le cose per lui.

VEDDER: Ho parlato con Jack solo recentemente, per la prima volta dopo un certo periodo. Penso che la sua decisione di non stare più nel gruppo mi abbia fatto davvero male.

MATT CAMERON: Ho ricevuto dal nulla una telefonata da Mr. Ed Ved, Stoney e Kelly. Mi avevano teso un’imboscata. Non ho quasi avuto preavviso. Mi ha chiamato e mi ha detto:”Hey, cosa fai quest’estate?”

CURTIS: Matt disse: “Sicuro, lo farò” e il cambiamento fu davvero buono. L’isteria cominciò a svanire. Fu il primo tour senza drammi nella nostra vita.

CAMERON: Lavorare con loro è davvero fantastico. Possono fare il tutto esaurito in qualunque posto al mondo. Giocano davvero in un campionato a parte. Possono fare dei tour davvero comodamente, ma riescono a mantenerli abbastanza piccoli nello stesso tempo. Punk rock da stadio: è il modo in cui approcciano la cosa.

SILVER: In Texas, un Dennis Rodman (Giocatore dei Detroit Pistons e poi dei Chicago Bulls dell’NBA) molto molto ubriaco, si rifiutò di lasciare il palco per quanto fermamente glielo chiedessero. Andava dietro a Stone e cominciava a toccargli la chitarra mentre suonava, o gli andava di fronte e gli diceva quanto fossero incredibili. Alla fine riuscirono a farlo sedere di fronte alla batteria, e stette lì per una canzone, sembrava un bambino messo in castigo. Quindi si è guardato dietro e ha capito che non conosceva affatto il batterista. Ha passato, quello che a me è sembrata un’eternità rivolgendosi a Matt con cose del tipo: “Chi sei? Fammi vedere quello che sai fare.”

KEYES: Una delle feste di fine tour più divertenti fu quella del ’98. Affittarono un locale e fecero una festa disco. Tutti erano in costume. Eddie probabilmente aveva il miglior costume, un grandioso vestito anni ’70 con una parrucca afro. Intepretò quella parte quella notte.

CAMERON: Fine del tour, Eddie dice “Hey amico, vuoi unirti a noi?” Io ho detto “Fammici pensare un po’” Così ho detto “Farò il disco e farò un tour, se ti fa bene così.” Non sono entrato nel gruppo a lunga scadenza.

GOSSARD: Last Kiss è uno dei miei momenti preferiti nella storia del gruppo.

VEDDER: Avevo trovato una copia della versione di Last Kiss di Frank Wilson end the Cavaliers quel giorno e l’avevo imparata. Suonavamo in un piccolo locale a Seattle e io e Matt la facemmo alla fine della serata.

GOSSARD: Brett la registrò dopo, spendemmo circa 1.500$ mixando il singolo a casa, ed è stato il nostro più grande successo. La stessa versione che facemmo al soundcheck. Cercando di farla sembrare una canzone anni ’50. L’interpretazione di Ed è sentimentale e bella, non è ironica, furba o sarcastica.

TIM BIERMAN: Non facciamo di incredibile per il Ten Club, però non sempre è roba di scarto. Il Singolo di Natale è il loro regalo ai fan e sono da sempre due canzoni inedite su 45 giri con artwork originale.

CURTIS: C’era questa pressione da parte dell’etichetta perché lo facessimo uscire commercialmente. Ci venne quest’idea: lo potete far uscire, ma dovrete dare in beneficenza tutti i soldi.

VEDDER: Anche Jeremy è una canzone sulla morte di un teenager. Siamo davvero bravi con i teenager morti.

GOSSARD: In questo momento Binaural è un po’ la mia pecora nera. Alla gente piace, ma non necessariamente li trasporta. Possiamo fare un disco migliore di questo. Mi piacerebbe tornare indietro e fare qualche canzone più spontanea.

McCREADY su Binaural: Avevo dei problemi personali. Stavo affrontando le mie cose. E’ stato un periodo duro. Ne ero fuori. Ma in quel periodo stavo prendendo farmaci prescritti dal medico. E ci sono ricascato, a causa del dolore.

VEDDER: Spero che sappia che almeno con noi quattro e con la gente con cui lavoriamo, ha un terreno solido. E che la gente gli vuole bene, non solo la gente che gli vuole bene perché suona la chitarra, ma la gente che gli vuole bene davvero.

O’BRIEN: Abbiamo fatto 4 album insieme, cinque contando quello con Neil Young. Per una qualche ragione hanno deciso di fare un disco da soli. Era giunto il momento. Non c’era nessuna follia in quello. Mike mi chiamò, fu davvero gentile. Tipico Mike McCready: “Stai bene? Va tutto Bene?.” Ma quando lo finirono, immagino che non gli piacesse molto come suonava. Non lo so davvero. Mi chiamarono e dissero:“Puoi darci una mano?”

CAMERON: Furono davvero chiari riguardo al fatto che portassi delle canzoni per Binaural. Portai quattro o cinque canzoni, e a Ed piacque molto quella che diventò Evacuation. Voleva scrivere il testo per quella. Cambiò un po’ l’arrangiamento, le strofe e il ritornello. Aveva davvero un’idea chiara di che tipo di canzone voleva.

VEDDER: E’ brutto quando hai il blocco dello scrittore nello studio e hai tre canzoni senza parole e solo quattro giorni ancora. E’ quello che ci è successo con l’ultimo disco. E la cosa peggiore è che si trattava di canzoni che avevo scritto io. Avevo scritto la musica per Insignificance e Grievance. Non ero contento di quello che avevo scritto così continuai a lavorarci sopra, a cancellare e a stare su di notte, suonando melodie al piano per renderle perfette. E alla fine funzionò. Questo provoca l’inferno in una relazione, è tutto quello che ti dirò.

2000: I DADI DEGLI DEI

16 MAGGIO: Esce Binaural.
23 MAGGIO: I Pearl Jam cominciano il tour europeo a Lisbona.
30 GIUGNO: nove fan muoiono schiacciati durante il concerto dei Pearl Jam al festival di Roskilde in Danimarca.
3 AGOSTO: Il gruppo comincia il tour americano a Virginia Beach.
26 SETTEMBRE: Escono 25 album dal vivo (il tour europeo).

SIDE-PROJECTS ESSENZIALI

TEMPLE OF THE DOG
Jeff Ament, Stone Gossard, Mike McCready e Eddie Vedder con Matt Cameron e Chris Cornell. Un tributo al cantante scomparso dei Mother Love Bone, Andy Wood, in cui il suo ex coinquilino (Cornell) si unisce ai suoi ex compagni di band (Ament e Gossard). Ne derivano assoli di chitarra olimpionici e intensi duetti vocali.
USCITA: Temple of the Dog, 1991

BRAD
Gossard con Regan Hagar, Shawn Smith e Jeremy Toback. Il primo vero progetto parallelo è un quartetto soul-rock con alla voce un ragazzo che canta come un bianco che pare aver studiato da Prince.
USCITE: Shame, 1993; Interiors 1997

THREE FISH 
Discorsi annaffiati dal Chianti tra Ament, Robbi Robb e Richard Stuverud su Rumi, il poeta Sufi, e sul prete diabolico Aleister Crowley portano alla nascita di due album mistici, vagamente zeppeliniani, comprensivi di tablas e segmenti spoken-word.
USCITE: Three Fish, 1996; The Quiet Table, 1999

MAD SEASON 
Con John Baker Saunders, McCready alimenta gli assoli della sua chitarra insieme al notturno cantante degli Alice in Chains (Layne Staley) e al batterista degli Screaming Trees, Barrett Martin. Ne nasce Above, 55 minuti di nenie come “Lifeless Dead.”
USCITA: Above, 1995; Live at the Moore (home video), 1995

TOUR CON MIKE WATT 
Vedder, Mike Watt, Dave Grohl e altri. Un roadshow punk rock del 1995 in cui Vedder suona la batteria con il trio space-rock di sua moglie Beth Liebling, gli Hovercraft, poi esce a suonare la chitarra solista nella band di Watt prima di essere inseguito da orde urlanti dipendenti da MTV.
USCITA: solo bootlegs. Vedi anche Ball-hog or Tugboat? di Mike Watt, 1995

THE QUICK ONES
Vedder con Brad Balsley e Jon Merithew. Nel 1999, Vedder arruola i mentalisti Hobbit C-Average per una vacanza estiva di concerti mordi e fuggi come trio punk/garage. I concerti includono un set al Tibetan Freedom Concert e un altro come cover band degli Who (con Vedder che sfoggia una spaventosa parrucca alla Roger Daltrey) a Olympia, Washington, in un negozio di legnami.
USCITA: solo bootlegs

THE ROCKFORDS 
McCready con Carrie Akre, Rick e Chris Friel e Danny Newcomb. McCready si riunisce con i ragazzi della sua prima band, gli Shadow, e aggiorna il loro sound influenzato dai Cheap Trick con la grande voce di Akre e con una serie di brani pop-rock fastidiosamente simpatici.
USCITA: The Rockfords, 2000

VEDDER: Non ho mai parlato con nessuno di Roskilde. E’ la peggior esperienza che abbia mai avuto, sto ancora tentando di venirne a capo. Appena prima di salire sul palco quella sera avevamo ricevuto una telefonata. Chris Cornell e sua moglie Susan avevano appena avuto una figlia. Anche uno dei tecnici del suono era andato via il giorno prima perché stava per avere un bambino. Mi veniva da piangere, ero così felice. Salimmo sul palco con quei due nomi in testa. E 45 minuti dopo tutto era cambiato.

CURTIS: Penso che se si fossero sentiti in qualche modo responsabili, non avrebbero suonato mai più. Ci sono un sacco di momenti nella carriera dei Pearl Jam, in cui hanno interrotto il concerto quando succedeva qualcosa tra il pubblico.

GOSSARD: Beh, in quel concerto le barriere erano a 30 metri, era buio e pioveva. Avevano venduto birra per tutto il giorno. La gente cadeva e noi non ne avevamo idea.

CURTIS: La ragione per cui è morta della gente è che nessuno riusciva a capire quello che stava succedendo. Era il caos. Molta stampa danese ha sostenuto che noi incitavamo la gente a pogare. Non è successo durante la parte più agitata del concerto, è successo durante Daughter.

GOSSARD: Eravamo parte di un evento che era disorganizzato su tutti i livelli. Mi sentivo come se avessi assistito ad un incidente d’auto. Ma ad un altro livello, eravamo coinvolti. Avevamo suonato li, ed era successo. Non puoi essere lì e non sentirti in qualche modo responsabile. E’ semplicemente impossibile. Tutti abbiamo passato due giorni in un albergo in Danimarca a piangere e a cercare di capire cosa stesse succedendo.

VEDDER: L’intensità di quello che quell’evento ha causato sembrava surreale, e invece tu volevi che fosse reale. Così ti sedevi cercavi di capire e lo ridigerivi. Vuoi continuare a rendere omaggio alla gente che era là, o alla gente che è morta e alle loro famiglie. Omaggio alle persone che tengono a te. Un amico del ragazzo australiano, Anthony Hurley, mi chiese se avrei potuto scrivere qualcosa per il funerale. Questa è stata semplicemente la cosa più difficile che abbia mai fatto – non sapendo davvero cosa fosse appropriato, non sapendo cosa provassero gli amici e la famiglia; forse ero l’ultima persona al mondo da cui volevano sentire qualcosa. Ma significò molto per loro, e mi ha molto aiutato. Penso che abbia aiutato anche gli altri. Hurley aveva tre fratelli più giovani, e ci hanno detto che lui teneva davvero molto al nostro gruppo, ed è per quello che era davanti. E che stava facendo qualcosa che amava nei suoi ultimi minuti. Sua sorella e un suo amico – che era con Anthony quella sera – vennero a Seattle per i nostri ultimi due concerti. E fu bellissimo trascorrere un po’ di tempo con loro. E’ stato davvero importante.

AMENT: Alcuni di noi pensavano che forse era meglio cancellare il tour americano. Io sentivo che se l’avessimo cancellato, da che cosa saremmo fuggiti? Ci ha fatto fare i conti con quello che era successo ogni giorno, e questa è stata la cosa più positiva che potessimo fare. I concerti erano con tutti i posti seduti, il che ci ha reso le cose molto più facili. All’inizio era dura guardare il pubblico. Un paio di ragazzi che ho visto a Roskilde sono stampati nella mia mente. Qualche volta, quando guardo la folla, non posso fare a meno di vedere quelle facce.

KEYES: il tour americano fu grande. Tutti avevano bisogno di finirlo, e di non avere nessun problema riguardo nessuna cosa: biglietti, concerti cancellati, o, Dio non volesse, qualche orribile incidente.

AMENT: Il concerto di Las Vegas fu piuttosto intenso. Quel pomeriggio fu la prima volta che suonammo Crown of Thorns dei Mother Love Bone. Kelly e Susan Silver e i miei genitori erano lì, tutta la mia famiglia, e all’improvviso, suonando quella canzone, per la prima volta ho davvero riflettuto su quello che avevamo passato e su che razza di viaggio era stato. Ed è stato un momento totalmente positivo, mi sentivo benedetto, felice di star suonando ancora.

FAULKNER: Ogni ritorno a casa del gruppo si trasforma in un evento speciale per le organizzazioni benefiche con cui lavorano. Lo fanno sembrare così facile. Ogni giorno passo di fianco al parco da skateboard che hanno aiutato a costruire con i concerti di beneficenza. Parte dell’accordo con le radio locali è che loro facciano pubblicità alle organizzazioni che noi scegliamo per raccogliere fondi. Facciamo un giorno di servizio alla mensa locale, con gente che lavora per avere i biglietti, questo è stato il tema principale del loro concerto del 2000 a Seattle. E’ stato un grande modo per far capire al pubblico quanto è facile partecipare.

WILSON: Li ho visti a Seattle. L’ultimo concerto del tour. E’ stato incredibile. Tutte quelle incredibili versioni diverse delle canzoni, arrangiamenti diversi, lunghe improvvisazioni. Praticamente tutte le persone del pubblico hannoc antato ogni singola parola di ogni singola canzone. E ogni volta che Eddie guardava la nostra sezione, tutte le braccia si alzavano. Dopo sono andato nel backstage e Eddie è venuto verso di me e stava provando tutti i sentimenti possibili, perché era la fine dell’intero tour, “il tour della vita e della morte.” Ho detto “Mi sono emozionato così tanto durante il concerto. E’ stato forse il miglior concerto che abbia mai visto.” Gli sono venute le lacrime agli occhi e ha detto “sì, lo so” e mi ha abbracciato forte. Ha significato così tanto per me che quella notte sia stata così bella.

CURTIS: Degli album dal vivo ne parlavamo da anni, ma era una cosa proibitiva. Abbiamo sempre registrato i nostri concerti, d ora il nostro ingegnere del suono ci ha detto che può essere fatto economicamente.

ELIASON: Per il tour europeo mi diedero due settimane per mixare 25 concerti. In ore uomo, ci sono volute 15 ore per ogni concerto. Il mio assistente si è trasferito qui e facevamo “Cambio, tocca a te.” Uno dormiva mentre l’altro lavorava. Ma ne è valsa la pena. Abbiamo avuto 14 dischi nella Top 200! Nessuno ha mai fatto una cosa del genere.

BIERMAN: La gente ha cominciato a collezionare i concerti, e il gruppo lo sapeva, cosa che li spingeva a continuare a cambiare scaletta, cosa che faceva impazzire i fan. Dirty Frank, la B-side di Jeremy, era stata fatta in un concerto del tour, e il bootleg di quella data ha avuto un’impennata di vendite per via di quella traccia. La gente conosceva la scaletta, sapeva quali erano le canzoni rare.

ELIASON: Non ci sono piani per il vecchio materiale, ma se ne sta discutendo. Dei fan mi hanno avvicinato per dei concerti su cui non riescono a mettere le mano. Eravamo a Zurigo nel febbraio del 1992, in un piccolo caffè. Così ci siamo fatti prestare delle chitarre e il gruppo ha fatto un concerto incredibile. Fu votat come o il miglior concerto in Svizzera quell’anno. I fan pregano per quel concerto perché non si trova.

2001: IL PRESENTE

27 FEBBRAIO: escono altri 23 album dal vivo (la prima parte del tour americano).
27 MARZO: escono altri 24 album dal vivo (la seconda parte del tour americano).
1 MAGGIO: esce il DVD Touring Band 2000.

CURTIS: Il prossimo album sarà l’ultimo previsto dal contratto. Per quello che pensiamo ora, non firmeremo per una Major.

GOSSARD: Abbiamo giocato in piccolo. Ed è stato grande.

GOLDSTONE: come qualunque altro grande gruppo, ci sono alti e bassi. Se continueranno a fare quello che vogliono, saranno uno di quei gruppi che stanno sulla cresta dell’onda per 20 anni. E non è una cosa facile da raggiungere.

BONO: Sono un fan dell’organizzazione dei Pearl Jam, o di come si voglia chiamare la cultura che sta attorno al gruppo. Sono come i Grateful Dead. Abbiamo pensato spesso al modo di intendere l’industra della West Coast. Devo dire, non so per quanto a lungo gli U2 avranno l’energia di rimanere nel mainstream. E il modello dei Pearl Jam è qualcosa di cui bisogna essere davvero orgogliosi. Esistono solo grazie a se stessi. Non dipendono dai media, non dipendono dalle radio.

GOSSARD: Se finissimo per somigliare ai Grateful Dead, questo sarebbe il massimo. Un gruppo che crede nel proprio piccolo strano mondo e con della gente che li ama per questo.

TOWNSHEND: Quello che colpisce è che i Pearl Jam sono veri e della giusta dimensione. Sono in qualche modo riusciti a conservare un rapporto con il loro pubblico. Hanno anche guardato e imparato molto. Non si sono fermati solo perché il processo creativo diventava difficile, o perché una tragedia li ha colpiti.

CORNELL: Meglio di quasi qualunque altro gruppo nella storia che ha avuto un tale enorme successo, sono riusciti a gestirlo in maniera davvero eloquente. Penso che questo sia di grande esempio per gli altri musicisti. Puoi davvero controllare il riflettore dei media. Penso che siano rimasti vitali. I dischi che fanno non necessariamente piacciono a tutti quei fan di Ten, ma piacciono a un mucchio di gente. Hanno venduto milioni di dischi senza dover fare video e senza dover fare campagne stampa eccessive per ogni disco.

VEDDER: Mi piace com’è uscito il DVD, è molto organico. Era gente che lavorava già per noi nel tour, e che quando iniziava il concerto smetteva di fare quello che stava facendo e prendeva una telecamera.

CURTIS: In un certo senso abbiamo appena fatto 28 video, ma alla maniera dei Pearl Jam.

AMENT: Penso che non sappiano ancora quello che succederà, ma siamo molto più rilassati. Abbiamo appena fatto una bella corsa di 10 anni.

GOSSARD: individualmente, ogni persona in questo gruppo ha dentro di sé molta musica, e decideremo come gruppo quello che sarà del prossimo album. Non so proprio mai quello che succederà. Spero in una specie di risorgimento. Voglio solo entrare in una stanza insieme e improvvisare un po’. Vedere dove Ed ci porterà.

VEDDER: Sto scrivendo molto con l’ukulele ultimamente. E’ uno strumento interessante. Perché ha solo 4 corde, e meno sono le corde, più melodie trovo. Inoltre è praticamente lo strumento più piccolo che puoi suonare. Così ora sto solo fuggendo. Per quanto riguarda il futuro, in questo momento ho il lusso di non pensarci per nulla. In questo momento tutti stanno cercando di capire cose riguardo a loro stessi. Dopo tutto quello che è accaduto, è davvero bello che non si stia cercando di fare quello che facciamo di solito. Sarebbe semplicemente insopportabile. Ma ho la sensazione che registrare un nuovo disco sarà uguale. Sarà nella stessa sala prove, lo stesso modo di gironzolare attorno, di infilare le spine. E Stone sarà il primo ad attaccare la chitarra e a suonare ad alto volume mentre il resto di noi prova a parlare e a salutare. Urleremo: “Qualcuno ha un registratore?” e qualcuno troverà un grosso registratore nella stanza sul retro e suoneremo qualche canzone, e ne impareremo un paio e poi io andrò a casa e mi farò una birra.


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ATHLETIC SUPPORTERS: I PEARL JAM E LO SPORT
By Eric Weisbard

Lo stereotipo vuole che le rock star diventino rock star perchè facevano così schifo negli sport che dovevano trovare un altro metodo per impressionare la gente (Ok, le ragazze). Ma i Pearl Jam, che originariamente si chiamavano Mookie Blaylock, dal nome del playmaker NBA, hanno fatto tutti i tipi di sport. “Il primo anno giocavamo a ping pong nel backstage, e avevamo anche una classifica,” dice Jeff Ament. “Abbiamo giocato per un mese, dando a tutti un punteggio, e facendo accoppiamenti tra il più forte e il più debole. Un vero torneo.”

Ament, ex giocatore di basket al college, che nel 1994 fece da spalla a Billy Packer per commentare le Final Four del college, agganciò i Pearl Jam a Dennis Rodman dopo aver intervistato il rimbalzista tatuato per la rivista Slam. Rodman divenne un frequentatore assiduo dei Pearl Jam. “Fa certamente la vita della rock star, molto più di noi” dice Ament. Ho buttato via un sacco di cocktail solo per fargli credere che ero con lui. Ho passato molto tempo con lui quando i Sonics hanno giocato le finali con i Bulls, per spomparlo, per farlo giocare male. L’ho fatto per la squadra.”

I legami tra Rodman e il gruppo si sono raffreddati dopo che da ubriaco ha occupato il palco in Texas nel 1998, rifiutandosi di andarsene. Come ricorda Susan Silver, “Andava dietro a Stone e cominciava a toccargli la chitarra mentre suonava, o gli andava di fronte e gli diceva quanto fossero incredibili. Alla fine riuscirono a farlo sedere di fronte alla batteria, e stette lì per una canzone, sembrava un bambino messo in castigo. Quindi si è guardato dietro e ha capito che non conosceva affatto il batterista. Ha passato, quello che a me è sembrata un’eternità rivolgendosi a Matt con cose del tipo: “Chi sei? Fammi vedere quello che sai fare.'” (Raggiunto recentemente per un commento, Rodman prima ha parlato in modo completamente incomprensibile, poi ha riattaccato).

Stone ha il suo mito personale, la star del tennis Pete Sampras, che ha giocato con il componente più preppy del gruppo. “Per la quantità di tennis che Stone gioca, che non deve essere molta visto il poco tempo che ha, colpisce la palla piuttosto bene” dice diplomaticamente Sampras. “Un ragazzo coi piedi molto per terra, non ha nessuno degli atteggiamenti che si vedono quando guardi Behind the Music”

Gossard e Ament fanno anche viaggi regolari in Alaska per fare snowboard. “Atterrare con l’elicottero in posti pazzeschi,” dice Ament. “Onestamente è l’unica cosa che io abbia fatto che si avvicina ai livelli di suonare di fronte a 20.000 persone che cantano le tue canzoni. Lo snowboard è lo skateboard per gli anziani.”
Non che Ament l’abbia abbandonato del tutto: “Recentemente siamo andati qualche volta anche con lo skateboard,” dice Steve Turner dei Mudhoney. “Ma poi un mio amico si è rotto il braccio, io mi sono fatto male a un ginocchio e Jeff si è rotto un dito, così abbiamo smesso.”

L’amore per il surf di Eddie Vedder è leggendario: è stato visto di recente con l’ex campione mondiale Kelly Slater in Australia, dove i Pearl Jam amano sounare, perché possono fare surf tutto il giorno e suonare la sera. McCready gioca a tennis e a basket.
“È abile,” dice Ament. “Solo non ha la spinta che abbiamo tutti noi. Può essere che non sia così competitivo.” In quella categoria, Vedder regna sovrano. “Sono un buon giocatore di flipper,” dice Jim Rose “e avevamo scommesso che gli avrei fatto il culo. Non c’era nessuna possibilità al mondo che qualcuno con l’abilità di Eddie potesse battermi. Ha colpito la pallina quando non avrebbe dovuto, ma è finita esattamente dove doveva finire. E mi ha battuto.” Ament ha subito la stessa esperienza: ”L’ultima volta che abbiamo giocato a basket, Ed mi ha battuto e da allora non vuole più giocare. Vole rimanere imbattuto. E’ un tipo competitivo. Qualunque cosa faccia, ce la mette tutta.” 

MAXIMUM ROCK AND ROLL
La Cassetta Definitiva dei Pearl Jam

By Jessica Letkemann

C’è un sacco di roba dei Pearl Jam in giro, i 72 concerti dal vivo, i sei album in studio, un live convenzionale, e innumerevoli singoli. Ma qualche volta non c’è niente di meglio di una buona vecchia cassetta. La maggior parte delle versioni di queste canzoni sono disponibili sul mercato. Mentre solo un paio sono disponibili attraverso le registrazioni dei fan. Ora tutto quello di cui avete bisogno è una cassetta da 90 minuti.

Intro: “The Color Red” – da Yield, 1998
1. “Sleight of Hand” – from the 6/16/2000 Spodek; Katowice Poland official bootleg
2. “Corduroy” – from Vitalogy, 1994
3. “Do The Evolution” (live 7/13/98 in L.A.) from Live on Two Legs, 1998
4. “Black Red Yellow” – B-side of import “Hail Hail” single,
5. “Lukin” – from No Code, 1996
6. “Not For You” – (live 1/8/95) from the Hype! soundtrack, 1996
7. “MFC” – from Yield, 1998
8. “Romanza/Better Man/(Save It For Later)” – from the 10/7/2000
9. “Long Road” – from the Merkin Ball single, 1995, with Neil Young
10. “Breath” – from the Singles soundtrack, 1992
11. “Daughter/(Better To Not Be Sane)” – live 4/17/94 at the Paramount Theater, NYC
12. “Black” – (live 9/7/98; Virginia Beach, VA) from Live On Two Legs, 1998
13. “Even Flow” (alt. studio version) b-side of the import “Alive” single, 1991
14. “Soldier of Love” – (live 9/98) from the 1998 Pearl Jam fan club single
15. “Angel” – from the 1993 Pearl Jam fan club single
16. “Insignificance” – from Binaural, 2000
17. “Immortality” – from Vitalogy, 1994
18. “Indifference” – (live 4/3/94; Atlanta) from pt. 3 of the import Dissident ep, 1994
19. “Hard To Imagine” – (studio, 1993)
20. “Blood/(Fame)” – live 10/2/96 Hartford, CT
21. “Leaving Here” – from the benefit album Home Alive,
22. “Porch” – from the 3/17/95 JJJ radio broadcast from Melbourne,
23. “Baba O’Riley” from the 10/9/2000 Chicago official bootleg
Outro: “Master/Slave” – uncredited Ten hidden track