Roskilde Dieci Anni Dopo: Una Luce Nel Buio

In seguito alla tragedia di Roskilde nel 2000, è nata una calorosa e duratura amicizia tra le rock star ed i parenti delle vittime.

Per gentile concessione di www.pearljam.com
Articolo originale in danese di Henrik Tuxen disponibile qui
Traduzione a cura di Irene

Dieci anni fa, esattamente il 30 giugno 2000, accadde l’impensabile. Nove ragazzi morirono al Roskilde Festival davanti all’Orange Stage durante il concerto dei Pearl Jam. Una tragedia incredibile che ha proiettato a lungo ombre oscure su di loro. Ma in mezzo al buio, è sbocciata una stretta e calorosa amicizia tra Stone Gossard, il chitarrista dei Pearl Jam, e i genitori di una delle vittime svedesi.

Ebbe e Birgitta Gustafsson casualmente passarono in macchina dalle parti di Roskilde la sera del 30 giugno 2000, rientrando a casa in anticipo da una vacanza in Germania, a causa del cattivo tempo. Non sapevano che loro figlio fosse al festival, né tanto meno della catastrofica disgrazia nella quale era rimasto coinvolto. Quando il prete locale, alcuni giorni dopo, portò il messaggio fatale, crollò il mondo per la coppia di Tranås nella Svezia centrale. Come altre otto coppie di genitori, le loro vite, in quel giorno fatidico, cambiarono per sempre. Anche e soprattutto grazie alla loro forte fede Cristiana, la famiglia ha elaborato quella tragedia con determinazione ed è tornata a vivere, come in parte si può leggere nel loro bel libro “After Roskilde – från Christian reconciliation” del 2003.

Suona il campanello

Nello stesso periodo, il 2003, il chitarrista dei Pearl Jam, Stone Gossard, capì che doveva reagire. Sentiva che doveva rapportarsi con quella disgrazia e con i parenti, se fossero stati interessati ad incontrarlo. Fino ad allora, il dialogo tra i Pearl Jam ed i familiari delle vittime si era limitato ad un contatto con il cantante Eddie Vedder ed i familiari di una vittima australiana, Anthony Hurley e ad uno sporadico scambio di email tra Vedder ed alcune famiglie danesi. Ma Stone Gossard non riusciva a convivere con il silenzio e, nel novembre del 2003, andò con la sua compagna Liz a Copenhagen e nelle settimane successive fece visita ai genitori e/o amici di cinque delle sei vittime scandinave. E un martedì sera suonò il campanello al numero 3 di Regnvädersgatan a Tranås. Un incontro che si rivelò essere il germe di una stretta, calorosa e duratura amicizia.

Birgitta Gustafsson: – Rimanemmo molto colpiti dal fatto che fosse partito dagli USA per venire a trovarci. Ricordo che ero terribilmente nervosa. Non sapevo che aspetto avesse e pensavo di trovarmi di fronte una rock star con i capelli lunghi (dopo anni di taglio di capelli militare ora Stone li ha lasciati crescere di nuovo). Invece era assolutamente normale, sembrava uno di noi. E’ stata una serata indimenticabile, ci ha impressionato molto. Era evidente che si trattava di una persona cordiale, affettuosa e sincera, con la quale ci siamo capiti immediatamente. Sebbene ci fossimo incontrati a causa di un dolore, fu un incontro estremamente positivo. Fin dall’inizio ho avuto la sensazione che sarebbe stato un incontro che avrebbe avuto una grande importanza in futuro, sia per lui che per noi. Già dal primo giorno avevo chiesto il suo indirizzo e l’ho avuto. Conservo ancora il biglietto sul quale scrisse l’indirizzo.

L’impressione positiva di Birgitta è stata più che ricambiata, spiega Gossard a GAFFA a proposito del decimo anniversario.

Stone Gossard: – Non ringrazierò mai abbastanza Ebbe e Birgitta per la gentilezza e l’affetto che hanno mostrato nei miei confronti. Capita poche volte nella vita di incontrare qualcuno con una tale presenza affettiva e spirituale. L’apertura e l’affetto di Birgitta hanno avuto un impatto significativo su di me. Penso che siamo rimasti entrambi toccati in un modo bellissimo e inaspettato. E derivava tutto da una tragedia, l’incubo di ogni genitore. Le sono molto grato.

Il vuoto

L’amicizia tra Gossard e i Gustafsson è di un genere speciale, che ovviamente è strettamente legato alla memoria del figlio deceduto.

Birgitta: – Abbiamo apprezzato enormemente la sua amicizia. Penso che con il suo largo entourage continuerà ad avere contatti con noi. Carl-Johan non potrà mai essere sostituito, era nostro figlio, ma Stone riempie una parte di quel vuoto. E’ la sensazione che ho, rinforzata dal calore e dall’affetto che lui esprime sempre quando ci sentiamo tramite Skype o ci incontriamo.

L’incontro è avvenuto alla luce di una tragedia. Tenersi in contatto riapre la ferita?

Birgitta: – No, no, semmai il contrario. Ci dà supporto e attenzione per alleviare il nostro dolore, è sempre bello avere un contatto con lui. Questo accade quando ci scriviamo, ci incontriamo o vediamo suonare i Pearl Jam.

Lo stesso vale per il chitarrista dei Pearl Jam:

Stone: – Io e Birgitta ci siamo visti diverse volte ormai. Lei viene ai nostri concerti, e incontra la band, mangiamo insieme, e ci scriviamo. Dopo ogni incontro, ci diciamo quanto siamo grati reciprocamente e volta per volta continuiamo a guarire dalla più grande forma di perdita. Fin dal primo incontro abbiamo avviato un’amicizia che è tuttora viva e vegeta. La nostra comune spiritualità ed aperture reciproca è stata una parte importante della mia personale guarigione, e sono enormemente grato del suo affetto e perdono. Mi ha aiutato a sentire ed accettare la tragedia della perdita, conservando la speranza nella bontà del mondo.

Oggi ti sei riappacificato con ciò che è successo quel giorno?

Stone: – Ognuno nella band – e tutti coloro che lavorano con noi – ha vissuto in maniera molto forte la tragedia di Roskilde. E’ sempre con noi. Può essere una cosa molto intensa sentire, rendersi conto e guardare negli occhi il passato. Ma l’abbiamo fatto tutti, ognuno a suo modo, e continueremo sempre a farlo. Vogliamo mantenere aperta la comunicazione tra di noi e con le famiglie. Il tempo e i molti incontri positivi con le famiglie sono stati d’aiuto nel processo di guarigione, ma non posso davvero dire di aver trovato pace rispetto a quella disgrazia.

Pearl Jam Live

Per Birgitta c’è stata una rivoluzione del suo punto di vista sui Pearl Jam e sulla loro musica. Prima non era altro che un rumore involontario proveniente dalla stanza di un teenager, ora può addirittura applaudire insieme al pubblico.

Birgitta: – I Pearl Jam erano la band preferita di Carl-Johan, ed è per questo che si trovava a Roskilde. Li ascoltava sempre ad alto volume nella sua stanza ed io spesso pensavo che avrebbe potuto ascoltare una musica più tranquilla e rilassante. Ma oggi riesco a comprendere molto meglio i suoi valori ed il suo entusiasmo. Noi siamo più per qualcosa di più soft e tranquillo, quindi i Pearl Jam non saranno mai la “nostra” musica, ma hanno molte belle canzoni e poi è forte vederli dal vivo. E’ stata una grande esperienza anche incontrare il resto della band, mi sembrano persone molto piacevoli ed umili. Sappiamo anche che sono molto attivi in diverse azioni umanitarie e filantropiche, comprese cause ambientaliste, e che si impegnano tutti per aiutare a creare un mondo migliore e più giusto. Non sono persone che tendono a mettersi in mostra, ma fanno quello che possono per aiutare gli altri. Quando siamo andati al concerto di Parigi Eddie (Vedder, ed.) ci ha accolto nella maniera più calorosa possibile. Ci ha mostrato le foto della sua bambina (ora ha due bambine, ed.) e ci ha detto che non riusciva ad immaginare cosa avrebbe fatto o come avrebbe reagito se le fosse accaduto qualcosa. La band è stata molto carina con noi e ci hanno fatto stare a lato del palco. Eddie ha dedicato l’intero concerto alla famiglia Gustafsson e hanno suonato la canzone che volevo – Thumbing My Way. Mentre stavamo salendo nella macchina che ci avrebbe riportato in hotel, si sentivano ancora i Pearl Jam suonare Yellow Ledbetter come ultimo encore. Ma all’improvviso ci siamo ritrovati davanti Eddie, tutto sudato. Era sceso dal palco mentre il concerto era ancora in corso, per venire a salutarci. Tutto sommato, un gesto ed una attenzione che hanno significato molto per noi.

Ci sono delle canzoni particolarmente difficili da ascoltare? Sembra che la situazione sia precipitata a Roskilde durante Better Man

Birgitta: – Sì, riservo sempre un pensiero quando sento questa canzone. Probabilmente è stata l’ultima che Carl-Johan ha ascoltato.

La reazione del pubblico di solito è molto forte ai concerti dei Pearl Jam. Non si possono risvegliare ricordi spiacevoli stando tra il pubblico quando l’atmosfera si surriscalda?

Birgitta: – Quando suona, la band ha una tale aura positiva che rimane attaccata al pubblico, è soprattutto entusiasmo positivo. Ma, in effetti, non mi piace quando la cosa diventa troppo selvaggia. A Parigi e a Londra avevamo posti a sedere VIP ed eravamo in qualche modo protetti dalla folla che spingeva e spintonava. A Copenhagen abbiamo visto un po’ di più ed è stato un po’ scomodo. Non mi piace lo stage diving, perciò guardo da un’altra parte e non voglio stare in mezzo al pubblico durante un festival. Ma so che i Pearl Jam hanno un servizio di sicurezza molto più efficace, e questo dà un maggiore senso di protezione.

Nuove procedure di sicurezza

E’ stato per molti versi paradossale che proprio i Pearl Jam fossero coinvolti in quella disgrazia, visto che la band anche prima del concerto aveva lanciato un allarme per una maggiore sicurezza prima e durante i loro concerti. Dopo Roskilde la band dichiarò che non avrebbe mai più suonato ai festival. Questa affermazione ora è cambiata, ma solo quando vengono applicate le loro misure di sicurezza.

Stone (sec found da Pete Beattle, Capo della Sicurezza dei Pearl Jam, all’epoca e tuttora):

Prima di Roskilde, il nostro standard operativo in relazione ai festival, era di accettare le procedure operative e di sicurezza del festival stesso. Le band venivano viste solo come “performers” e tradizionalmente non avevano molto da dire sulle procedure di sicurezza così come nei loro concerti. Dopo Roskilde, c’è stato un cambiamento totale per noi. Abbiamo intensificato gli standard per la sicurezza portandoli allo stesso livello dei nostri concerti. I nostri contratti con i festival evidenziano che se non vengono soddisfatte e applicate le nostre condizioni operative, non ci sarà nessun contratto e noi non saliamo sul palco. Chiediamo il diritto di valutare in anticipo tutte le policies operative e di sicurezza, come il disegno e la configurazione delle barriere e le procedure volte a garantire la sicurezza dei nostri fan. Ciò include preaccertamenti preventivi nelle seguenti aree:

struttura di comando per la sicurezza del festival
adeguatezza e appropriata collocazione degli EMTs (Addetti all’Emergenza Medica)
tipologia delle barriere, configurazione e dislocamento
vendita controllata di alcool
capacità
procedure di ingresso e di transito
procedure di interruzione del concerto

Non sapevamo ci fosse qualcosa che non andava

Tutti ritengono che i Pearl Jam non avessero controllo sulla fatidica serata dello show di Square Cattle nel 2000. Un concerto che sembrava come qualsiasi altro, la band non sentì nessun campanello di allarme suonare in anticipo.

Stone: – Non avevamo idea che ci fossero dei problemi finché il nostro tour manager non è salito sul palco e ci ha detto che c’era qualcosa che non andava. Mi è preso un colpo. Mi sono sentito sopraffatto da un senso di shock quando ho cominciato ad accorgermi che le persone venivano calpestate a morte e che coloro che venivano sollevati sopra le barriere erano morti. Tutti coloro che erano lì erano ammutoliti; questo è successo. Più tardi in albergo ci siamo seduti fissandoci l’uno con l’altro, impauriti e scioccati.

E’ impossibile tornare indietro nel tempo, ma c’era qualcosa che avreste potuto fare per prevenire quello che è successo?

Stone: – Se ci fosse stato qualcosa che avrei potuto fare per prevedere ciò che è accaduto, vorrei averlo potuto evitare. Mi rammarico che non tutte le famiglie colpite abbiano avuto una mano d’aiuto da parte nostra immediatamente dopo l’incidente. Non è stato sufficiente garantirlo attraverso i media e i nostri contatti internazionali.

Perché ci sono voluti tre anni prima che decidessi di fare visita alle famiglie coinvolte?

Stone: – Abbiamo cercato di esprimere la nostra disponibilità a tutte le famiglie immediatamente dopo la tragedia ma non si stabilì nessuna vera connessione. All’epoca pensavo che ciò fosse dovuto al caos generale e allo shock che avevamo subìto tutti noi. Ma ho capito poi che alcune famiglie avevano cercato di contattarci, anche allora, senza successo. Me ne sono sempre rammaricato. Poi c’è stato il fatto che alcune prime reazioni della stampa sostenevano che noi avessimo ispirato il pubblico a tenere quel tipo di comportamento e che noi avessimo gran parte della colpa. Credo che fu dopo questi fatti che tutti noi cominciammo a muoverci. Eddie fu il primo a stabilire una connessione con una delle famiglie. Trascorse alcuni giorni con la famiglia di Hurley in Australia, dove pianse insieme a loro, riconoscendo e sentendo l’intensità della loro perdita. Io fui ispirato dal coraggio e dall’affetto che dimostrò, cosa che mi ha guidato verso il mio personale viaggio. Così tre anni dopo l’incidente ho contattato te, Harry, che eri sul palco durante il concerto e, con il tuo cortese aiuto, ho potuto contattare una serie di familiari ed altri parenti, offrendomi di incontrarli se fossero stati interessati a farlo. Sono così grato a tutte le famiglie che hanno condiviso i loro ricordi, le foto, il dolore e la rabbia. Nulla avrebbe potuto essere più profondo della loro dignità e sincerità durante queste visite. Tutte le famiglie erano ancora stordite, tre anni dopo. Ma mi hanno aperto la porta con ospitalità e mi hanno accolto come un ospite. Non dimenticherò mai quanto sia stata forte questa esperienza. Non ci siamo scambiati così tante parole e tu, Henrik, hai fatto del tuo meglio come traduttore. Ho cercato di trasmettere la disperazione della nostra band e la comprensione per le loro perdite. Forse in piccola parte la mia visita è stata di aiuto.

Roskilde e i parenti

Diverse famiglie hanno avuto contatto con i responsabili del festival sia prima che dopo la visita di Stone e non è stata per tutti una bella esperienza.

Stone: – Posso solo dire che la maggior parte delle famiglie con le quali ho parlato per varie ragioni, non erano soddisfatte del modo in cui il festival ha gestito il periodo dopo la tragedia. Secondo alcuni avrebbero dovuto assumersi maggiori responsabilità, per altri avrebbero dovuto rispondere legalmente dell’incidente. Questa è un questione importante sulla quale dovrebbe essere interpellata ogni famiglia, poiché ognuno ha avuto la propria esperienza di contatto con il Festival di Roskilde ed i loro rappresentanti.

Pensi che il festival avrebbe dovuto assumersi la responsabilità legale dell’incidente?

Stone: – Io penso che quando le persone intorno a te rimangono ferite o muoiono, devi riconoscere il tuo ruolo, identificare i tuoi errori in modo onesto e completo ed imparare da essi, ed implementare gli standard per evitare che qualcosa di simile possa accadere di nuovo.

Con l’aiuto di Dio

Alcune famiglie hanno intentato cause legali per costringere il festival ad accettare la responsabilità legale dell’incidente, ma senza successo. Il risultato è stato che l’incidente fu causato da una serie di eventi imprevedibili che non possono essere attribuiti solo ai responsabili del festival. Questo ha causato grande amarezza e dispiacere in molte famiglie. Su questo i Gustafsson sono stati un po’ in disparte. Sebbene vicini alle famiglie che hanno seguito il lungo ed estenuante processo, loro hanno scelto sin dall’inizio un sentiero diverso, principalmente sulla base della loro forte fede Cristiana.

Birgitta: – La fede in Dio è sempre stata una parte importante delle nostre vite ed è stata una enorme consolazione alla morte di Carl-Johan. Ci ha tenuto in vita nei giorni più difficili. La Bibbia ci insegna a perdonare coloro che ci hanno fatto del male ed a riconciliarci con loro. Noi non crediamo che la sicurezza fosse in regola e pensiamo ancora che il festival abbia una responsabilità e che quello che è successo sia colpa loro, ma tuttavia abbiamo scelto di perdonarli. Pensiamo che ci sia una differenza tra perdonare e dire che era tutto a posto, che è accaduto. Abbiamo deciso di perdonare per andare avanti. L’altra ipotesi sarebbe stato per noi come andare indietro nelle nostre vite. Le nostre scelte e la nostra fede ci hanno aiutato a muoverci in avanti.

Prima di incontrare Stone siete stati in contatto con Leif Skov (ex direttore del festival, ed.). Com’è andata?

Birgitta: – E’ stato difficile ma importante incontrarlo. Gli abbiamo detto che avremmo perdonato e che ci saremmo riconciliati con lui e con il festival, che loro sapevano. Come festival, crediamo che loro abbiano la responsabilità che le persone non si facciano male. Ci furono circostanze difficili, c’era la pioggia, suono scarso, ma rimane comunque una responsabilità del management. Quando Leif Skov ci ha fatto visita, ci ha mostrato le nuove procedure di sicurezza implementate. “Sì, va benissimo” ho pensato, “sono solo in ritardo di un anno.” Ma è stato comunque bello incontrare e riconciliarci con Leif Skov.

Libri e letture

Nel 2003 è uscito “After Roskilde – från Christian reconciliation”, il libro in cui Ebb e Birgitta Gustafsson raccontano la loro storia al giornalista Jonathan Sverker. Nel corso degli anni Ebb e Birgitta ne hanno fatto una serie di letture, alcune in chiesa, durante le quali hanno raccontato la loro storia ed il loro modo di vivere con il loro destino.

Birgitta: – Il libro è stato scritto perché magari poteva aiutare altri in simili difficili situazioni, quando la vita diventa dura. Il concetto fondamentale è che c’è una luce all’orizzonte, è possibile andare avanti. Spesso ci hanno chiesto una lettura sulla base del libro. E’ stato difficile ma molto gratificante ed una testimonianza di vita. Abbiamo avuto molti contatti attraverso il libro, cosa che abbiamo apprezzato. E’ stato faticoso affrontare il processo di scrittura del libro, e tenere le molte letture, ma ci ha aiutato ad aiutare gli altri e questa è stata la cosa più importante. Ma c’è anche un limite che va tenuto in considerazione quando ci viene chiesto di fare delle letture, cosa che noi non perseguiamo attivamente.

Vedere Venezia …

Birgitta, Ebb e la loro figlia Sandra (e l’ultimo paio di volte anche il suo fidanzato John) hanno visto i Pearl Jam a Parigi nel 2006, a Copenhagen nel 2007, a Londra nel 2009 e presto andranno in Italia.

Birgitta: – Sì, è quasi incredibile. Stone ci ha invitati tutti a Venezia in occasione del concerto dei Pearl Jam. Ci offre il soggiorno, il viaggio aereo e tutto il resto. Diventa un’esperienza unica nella vita.

All’inizio Stone aveva invitato i Gustafsson a Berlino, ma il concerto dei Pearl Jam in città si svolge nel giorno del decimo anniversario della tragedia e sarebbe stato troppo per Birgitta.

Birgitta: – No, non voglio andare a Berlino il giorno dell’anniversario. E’ sempre un giorno difficile per me e non voglio vedere i Pearl Jam nel giorno che associo al lutto. E’ diverso per Ebb, per lui è così tutti i giorni per questo aspetto. Ma abbiamo la tradizione di fare un piccolo viaggio nei giorni dell’anniversario. Ogni anno mettiamo una ghirlanda di rose rosse a forma di cuore sulla tomba di Carl-Johan.

Una benedizione ed un privilegio

Come dicevamo, i Pearl Jam saranno sul palco il 30 giugno 2010 a Berlino, il 10° anniversario dell’incidente, che il chitarrista riassume così:

Stone: – E’ impossibile sfuggire al passato. Tutte le famiglie stanno soffrendo ancora terribilmente per la perdita dei loro figli. Spero di prendere atto del passato ed onorare coloro che sono morti e coloro che hanno perso i loro cari. Come band sentiamo quelle perdite ancora in maniera significativa e speriamo e preghiamo che il tempo possa ridurre e trasformare il dolore.

Il supporto di Stone ha realmente aiutato la famiglia Gustafsson nel loro grande dolore.

E’ stata una grande novità la vostra relazione con i Pearl Jam. Cosa pensate che ne direbbe Carl-Johan guardandovi dal Paradiso?

Birgitta: – Probabilmente direbbe “bra morsan! Riderebbe e sorriderebbe e potrebbe vedere come sono cambiata. Sarebbe felice di questa relazione e forse un po’ geloso! Un giorno, mentre stavo parlando con Stone, gli ho detto “Pensa se potesse vederci ora”. E’ stato un momento molto intenso.

Uno dei molti esempi di una coesione ed una amicizia che, su uno sfondo di tristezza, ha portato a far avvicinare persone con background totalmente diversi: Stone Gossard, rock star da due decenni e Birgitta Gustafsson, segretaria a Tranås nella Svezia centrale. Una comunanza che include anche il resto dei Pearl Jam e la famiglia di Birgitta.

Birgitta: – Abbiamo registrato solo reazioni positive dal mondo rispetto alla nostra relazione con i Pearl Jam, sebbene molti potrebbero non comprendere pienamente le nostre sensazioni e la nostra esperienza. Ma anche se Stone è una grande rock star, è una persona assolutamente normale quando si tratta di contatto umano. Noi abbiamo a cuore la nostra profonda amicizia e vogliamo conservarla. Conosciamo molte persone che hanno perso un figlio, ma noi abbiamo avuto questo contatto con Stone e per questo ci sentiamo fortunati e privilegiati.

La tragedia di Roskilde e i Pearl Jam:

Tre delle vittime erano Svedesi, tre Danesi, un Tedesco, un Olandese ed un Australiano.

I Pearl Jam hanno dato aiuto a tutte le famiglie colpite.

Negli anni ‘90 i Pearl Jam erano la più grande rock band. Hanno pubblicato nove album, un “Greatest Hits”, una doppia compilation di “rarità”, un numero enorme di concerti live, alcuni DVD ed hanno venduto più di 60 milioni di dischi. L’ultimo, “Backspacer”, è stato n° 1 in USA nel 2009.

I Pearl Jam sono sempre stati fortemente coinvolti in varie attività umanitarie e filantropiche, e questo vale anche e soprattutto per Stone Gossard.

La visita di Stone Gossard in Scandinavia è descritta nel libro “The Pearl Jam’s footsteps – before and after Roskilde” del presente scrittore.