Intervista sulla politica a Gossard, Ament e Vedder

Rebels without a Pause

George Magazine | Luglio 2000

by Rob Tannenbaum

Promuovere Nader? Far registrare gli elettori? Combattere l’avidità? I Pearl Jam vogliono fare la cosa giusta in quest’anno di elezioni presidenzali, ma faticano a capire quale possa essere… 

In un pomeriggio di Aprile, il Mercer Hotel di New York è un alveare di casual glamour. Courtney Love è sprofondata in un divano ad angolo, fuma sigarette e beve cappuccino con amici, mentre l’attore del film “U-571”, Matthew McConaughey, vestito di pelle, attraversa impettito il corridoio verso una limousine. Al piano di sopra, la più grande rock band americana degli anni Novanta se ne sta seduta in una suite da 2.000 dollari, meditando sulla politica e sulla passività. Il cantante dei Pearl Jam, Eddie Vedder, il chitarrista Stone Gossard, e il bassista Jeff Ament stanno combattendo un enigma.

Ad agosto, cominceranno il tour del nuovo album, Binaural, che durerà tre mesi e toccherà 40 città [negli USA N.d.T.]. I Pearl Jam hanno deciso che ci saranno dei tavoli per permettere agli elettori di registrarsi, situati all’esterno delle arene a ogni show [negli USA il voto non è obbligatorio, bisogna registrarsi per avere diritto a votare N.d.T.].
La decisione li ha portati ad un dilemma. Durante il tour, i PJ suoneranno davanti a circa un milione di fans insolitamente fedeli, la maggior parte dei quali è di un’età compresa tra i 18 e i 40 anni – la fascia demografica da sogno per il consulente dei democratici, James Carville. Leggono avidamente articoli sui Pearl Jam, [frequentano] siti Web, o newsgroup su Usenet. Negli anni, i Pearl Jam hanno generosamente sostenuto una serie di cause liberali. Poiché questo tour coincide con un’elezione presidenziale, sono tentati di incoraggiare i fans a sostenere uno specifico candidato. Ma non sono sicuri che la pubblicità politica sia compito di una rock band.

“Non credo che diremo loro come votare,” dice Vedder per prima cosa. “Voglio dire, c’è stato uno show che abbiamo fatto, un raduno anti-Jesse Helms, durante il quale abbiamo detto loro come votare,” aggiunge con una risata. “Ma quello è stato facile.”

Qualche minuto più tardi, Vedder comincia a cambiare idea. Recentemente, è rimasto colpito da uno dei candidati alla presidenza. Tuttavia, non si tratta di uno dei due candidati che hanno concreta possibilità di vittoria [ovvero George W.Bush, candidato dei Repubblicani, partito di orientamento conservatore, e Al Gore, candidato dei Democratici, partito di orientamento più liberale N.d.T.].

“Ho sentito parlare Ralph Nader la notte scorsa, e vorrei prendere in prestito il suo cervello per questa intervista,” dice Vedder. “Parlava di come in realtà non ci sia un sistema a due partiti, ma che si tratta di un sistema a partito unico, e che è tutto sotto l’ombrello delle corporazioni. Non avrei potuto essere maggiormente d’accordo con lui.”

Continua a tessere le lodi di Nader, ma proprio nel momento in cui sembra sul punto di appoggiare il leader del Green Party [i Verdi di Ralph Nader N.d.T.], all’improvviso si ferma. Forse perché le altre crociate idealistiche della band si sono risolte in una sconfitta. Diversi anni fa, per esempio, i Pearl Jam dichiararono guerra alla Ticketmaster, il gigante dello spettacolo che gestisce le vendite dei biglietti attraverso contratti in esclusiva con la maggior parte delle grandi arene – cosa che, come Nader potrebbe puntualizzare, difficilmente costituisce un’economia basata sul libero mercato. I Pearl Jam provarono ad andare in tour senza la Ticketmaster e fallirono dolorosamente. Questa volta, la maggior parte dei biglietti per il tour estivo del gruppo sarà venduta tramite il loro arcinemico “Siamo pronti a concedere. Dobbiamo usarli,” dice il chitarrista Gossard, rassegnato.

Per Vedder, Gossard, e Ament – più il chitarrista Mike McCready e il batterista Matt Cameron – l’idealismo ed il cinismo sono in costante conflitto. Sponsorizzeranno felicemente le registrazioni degli elettori, nella speranza che i più giovani sostengano i politici liberali. Ma per la maggior parte, a loro non piace Al Gore, e l’unico candidato che ammirano, Nader, non ha alcuna possibilità di vittoria. Capiscono l’impulso di voler cambiare il mondo (come cantavano Crosby, Stills & Nash), ma anche il desiderio di fare “rock ‘n’ roll tutta la notte” (come cantavano i Kiss). “Se cominciassimo a parlare di politica sul palco, la gente riderebbe,” dice Gossard con un’alzata di spalle. “Vogliono ascoltare le nostre canzoni.”

Gli impulsi opposti dell’attivismo sociale e della rassegnazione non possono essere riconciliati. Così a volte i membri dei Pearl Jam diventano filantropi. A volte sono martiri. E a volte sono solo una rock band.

Esiste l’arte apertamente politica, come le canzoni di protesta di Bob Dylan o i film anti-corporativi di Michael Moore. Ma se lo spettacolo non fosse così inerentemente politico, anche quando il suo messaggio è obliquo, i politici – specialmente i conservatori – non ne sarebbero così spaventati. “La cultura,” ha dettouna volta Pat Buchanan, “è il Sentiero di Ho Chi Minh per il potere.”

In molte case in cui i genitori sono assenti o disinteressati, le band funzionano da surrogati morali, e istruiscono i ragazzi sui valori. Come spiega Vedder, un cantautore può narrare i problemi sociali come un reporter, ma con un’urgenza emozionale molto maggiore. Vedder spesso canta di libertà e di individualismo e scrive simpatetici ritratti di donne in difficoltà. I suoi testi hanno denunciato la violenza dei poliziotti (“W.M.A”), le armi (“Glorified G”), e le organizzazioni religiose (“Do the Evolution”). Due canzoni drammatiche nel loro album di debutto del 1991 hanno reso la band famosa in poco tempo – “Jeremy,” in cui uno scolaro vittima di abusi si vendica col sangue dei suoi tormentatori, e “Alive,” che parla di inganni dei genitori e di dramma edipico. “Anime irrequiete, unitevi,” [“Leash” N.d.T.] dichiarava Vedder. E una giovane generazione cresciuta a sitcom, Ritalin e divorzio ha risposto avidamente.

Vedder ha avuto una reazione quasi allergica alla fama. Si è lamentato della celebrità (citazione: “Non sono poi una persona così felice”), ha parlato male di MTV, e quando i Pearl Jam e i Nirvana hanno reso celebre il rock di Seattle, si è rifiutato di parlare alla rivista Time per una storia di copertina [la rivista, senza l’autorizzazione di Eddie, pubblicò un articolo nel 1992, mettendo lo stesso la sua foto in copertina N.d.T.]. Anche adesso, molta gente lo vede come “Eddie l’Arrabbiato”, un brontolone lamentoso, la Cassandra del grunge. “Non mi importa,” dice Vedder allegramente. “Il fatto di essere percepiti come degli stronzi privi di humour mi autorizza ad entrare in un bar e sedermi nell’angolo, senza che tutti vengano a salutarmi. C’è un lato positivo in questo.”

Lo scorso Novembre [1999 N.d.T.], mentre i Pearl Jam erano in uno studio di Seattle a registrare Binaural, la loro città fu rovesciata dai protestanti infuriati con la riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio [WTO] . “Ero estremamente impressionato nel vedere che la protesta era ancora vitale,” dice Vedder. Mentre guardava la confusione, finì di scrivere “Grievance,” una canzone di Binaural che prende in giro la ricchezza ed il consumo, considera i computer come strumenti di sorveglianza del governo, e include un’immagine caratteristica dei PJ, in cui il non-conformismo è punito con la violenza. “Giuro il mio malcontento alla bandiera,” canta Vedder. Spera che la canzone incoraggi a far crescere la protesta.

Vedder parla in modo esitante ed evita il contatto diretto con gli occhi. Come molti ragazzi che hanno abbandonato le scuole superiori e che leggono avidamente, sembra impacciato nell’esprimere la sua conoscenza. Per spiegare le sue opinioni, evoca i libri che ammira – le analisi anti-capitaliste della storia Americana di Howard Zinn, e “Visions”, l’allarmistica visione di Michio Kaku sul futuro della scienza. Nonostante la sua reputazione di musone, spesso racconta barzellette caustiche, e addirittura sorride abbastanza apertamente da mostrare delle fossette che raramente si vedono.

Per tutto l’impatto delle canzoni dei Pearl Jam, Vedder dice “la nostra politica potrebbe essere più nelle nostre azioni che non nella nostra musica.” In tempi i cui molte band si allineano sfrontatamente con le industrie di birra o con gli stilisti, i PJ sono molto ammirati per i loro valori relativamente anti-corporativi. La band rifiuta pubblicità di corporazioni, e ha fatto solo alcuni video musicali, evitando il sostegno dell’onnipotente MTV. La loro “jihad” fallita contro la Ticketmaster è costata loro circa 30 milioni di dollari in mancate entrate, e la loro causa giudiziaria presso il Dipartimento di Giustizia – in cui sostenevano che la Ticketmaster aveva il monopolio dell’industria dei concerti, valutata in un miliardo di dollari – ha portato a solo un’indagine parlamentare che è stata immediatamente messa a tacere da potenti avvocati e politici legati alle corporazioni.

“Fu stupendo,” dice Vedder, con una grossa risata. “E’ stato grandioso scoprire come ci si sente ad essere schiacciati da una grossa e superpotente corporazione.” Ora definisce questa sconfitta “un modello di come [la politica] funziona. Quando applichi quel modello ad una questione come quella della salvaguardia dell’ambiente o quella di delocalizzare posti di lavoro in altri paesi, allora diventa davvero spaventoso.” Non sorprende che Vedder sia così attratto dal messaggio anti-capitalista di Ralph Nader.

Da un certo punto di vista, i Pearl Jam assomigliano molto ad una qualsiasi altra corporazione con sede a Seattle e gestita da giovani miliardari: donano molto denaro in beneficenza. Dal 1992, la band ha donato più di 2,2 milioni di dollari a cause che vanno dalla salvaguardia dell’ambiente ai Nativi Americani fino all’educazione e al diritto all’aborto. Hanno anche fatto spettacoli di beneficenza per i senzatetto, per la lotta contro l’AIDS, e per la libertà del Tibet. L’anno scorso [1999], hanno aiutato a raccogliere 6,7 milioni di dollari per i rifugiati del Kosovo, donando tutti i diritti dell’album “No Boundaries”, che contiene la hit “Last Kiss.” Recentemente, laloro pubblicista Nicole Vandenberg, che coordina le attività politiche dei Pearl Jam, li ha aiutati ad isttuire una fondazione benefica, con la speranza di distribuire 500,000 dollari ogni due anni.

Considerando i disparati background dei membri della band, non sorprende molto che i Pearl Jam siano diventati un paradosso politico. “Il punk rock,” dice Jeff Ament, 37 anni, “mi ha introdotto alla politica, in molti modi.” Ament è cresciuto in un ambiente rurale, come stella del basket a Big Sandy, una piccola città nel nord Montana. Il padre di Ament era un agricoltore e un assicuratore, senza menzionare il fatto [che era] il barbiere della città ed il sindaco. “Lui era molto a favore di Nixon [Ex-presidente repubblicano N.d.T.],” dice Ament , “Fino a 16 anni, mio padre era il mio eroe.”

L’opinione di Ament su suo padre cambiò – così come cambiarono le sue vedute politiche – quando cominciò ad ascoltare le opinioni dissidenti dei gruppi hardcore punk di sinistra come i Dead Kennedys, i Millions of Dead Cops, e i Crass. Dopo essersi laureato presso la liberale Università del Montana, ha avuto “sette o otto anni di conflitti brutali” con suo padre. Da allora i due hanno fatto pace; il muscoloso bassista ora concentra il suo disgusto sul senatore Conrad Burns (R-Mont.), un sostenitore del possesso di armi, che Ament chiama “uno dei più grandi idioti nel mondo della politica.”

Il chitarrista Stone Gossard, 33 anni, impersona il lato scettico dei Pearl Jam. A differenza di Ament, è cresciuto in circostanze privilegiate, figlio di un prominente avvocato di Seattle. I suoi genitori Democratici lo mandarono ad una scuola superiore alternativa e multiculturale, dove le lezioni di storia includevano dibattiti prolungati sul coinvolgimento degli Stati Uniti negli omicidi politici. Ora Gossard sposa la “realpolitik” [politica reale N.d.T.], che valuta il compromesso come una necessità e riconosce il trionfo del potere come una cosa inevitabile.

Tuttavia oggi Gossard rifiuta la difesa marxista dei giovani compagni di etichetta dei PJ, i Rage Against the Machine, i socialisti hard-rock che con i loro discorsi didattici hanno raggiunto i vertici delle classifiche. “Invecchiando,” riflette Gossard, “cominci a vedere la complessità delle questioni, e pensi, ‘non voglio sentirvi parlare di… sai… fottute corporazioni… quando incidete per la Sony, e fate video.’ I Rage Against the Machine, sostiene Gossard,”denunciano i politici per la loro immoralità, ma loro stessi non sono integri, cosa che fa sì che le loro canzoni “suonino in un certo senso ipocrite.”

Con Eddie Vedder, il sentiero che dalle sue visioni politiche si riallaccia alla sua educazione è chiaro e diretto. “Ho avuto una storia familiare complicata,” dice dolcemente, e puntualizza l’affermazione con un sorriso ironico. E’ nato come Edward Louis Severson III, ma suo padre divorziò da sua madre prima che lui avesse due anni. Lei si risposò e non parlò mai a Eddie del suo vero padre – invece, lo fece crescere nei sobborghi di San Diego come Eddie Mueller, il cognome del suo secondo marito. Eddie vedeva occasionalmente Severson, ma credeva che si trattasse di un semplice “amico di famiglia.”

Eddie odiava il suo patrigno, e in passato lo ha chiamato un uomo “malvagio, malvagio”. Quando Eddie frequentava la scuola superiore, sua madre rivelò il segreto di famiglia e annunciò che il vero padre di Eddie era morto quando il ragazzo [Eddie] aveva 13 anni, un episodio a cui si allude nella canzone dei Pearl Jam “Alive” (“Quando avevi 13 anni e te ne stavi seduto da solo a casa. Il tuo vero padre stava morendo, mi dispiace che tu non lo abbia conosciuto”). Quando apprese la verità, Eddie assunse legalmente il cognome da nubile di sua madre, Vedder.

La denuncia di Vedder del suo patrigno e la sua fascinazione per temi come gli abusi di potere, incluso l’abuso di minori, sollevano la domanda: e’ stato un bambino soggetto ad abusi? “No,” dice con una pausa prudente. “Probabilmente ho avuto un’educazione molto normale, con un po’ di disciplina che forse non era necessariamente appropriata.” Non è una risposta molto chiara – non è né affermativa né negativa. Il suo patrigno lo picchiava? “Non dirò di no,” risponde Vedder. Ma per amore di sua madre, che ha cresciuto quattro figli, “preferirei non parlarne.”

Considerando la sua storia familiare, non sorprende il fatto che [Eddie] – che è sposato da sei anni con Beth Liebling, ma che non ha figli – trovi ancora pressanti le lotte contro il potere e l’autorità. La Ticketmaster, la polizia, la Cina, e il sistema a due partiti sono tutti nemici monolitici che fanno riemergere “Eddie l’Arrabbiato”. “Mi arrabbio come un adolescente,” ammette Vedder, ridendo di se stesso.

In parte a causa della loro attitudine anti-commerciale, le vendite dei Pearl Jam sono diminuite; gli ultimi due dischi in studio – No Code del 1996 e Yield del 1998 – hanno venduto circa 2 milioni di copie l’uno, parecchio al sotto della media di 7 milioni di vendite dei loro primi tre album. E non hanno intenzione di fare un video per Binaural. “A meno che non riusciamo a convincere Nader a farne uno,” scherza Ament.

Su Binaural, nell’apocalittica canzone “Insignificance,” Vedder esplora il conflitto tra gli opposti istinti di protesta e passività della loro generazione. In “Insignificance,” mentre le bombe che cadono portano la morte in una piccola città Americana, i “condannati” si radunano in un bar a ballare mentre una canzone di protesta suona innocentemente nel jukebox. La morale obliqua, dice Vedder, è l’inefficacia della lotta politica – un tema che Pete Townshend ha espresso nel classico rock “Won’t Get Fooled Again” degli Who.

“Puoi fare solo quel tanto che ti è concesso,” dice Vedder. “Sai, fai la lavatrice, dai la mancia al cameriere, parla coi senzatetto, fai parte della comunità, ama i tuoi amici. E’ tutto qui. Non c’è una vera ragione per mettere in discussione tutto questo.” Ma i Pearl Jam ci provano. “Sì,” Vedder fa spallucce. “La ragazza non può farci nulla.”

Così Vedder sogna di dare una spinta alla campagna di Nader. E’ possibile che la band possa aiutarlo a catturare il 5 per cento dei voti alle presidenziali, e qualifichi il suo Green Party per i milioni di dollari dei fondi monetari per la campagna federale? [per aver accesso a questi fondi il candidato deve ottenere il 5% dei voti alle presidenziali, cosa che però non riuscì al partito di Nader nelle elezioni del 2000 N.d.T.].

Stone Gossard non la pensa così. “Sapete quanti voti potrebbero effettivamente cambiare [con l’appoggio dei Pearl Jam]?” si schernisce. “Puoi far sì che 5,000 persone prestino attenzione alla questione, e che 1,000 persone [votino realmente per Nader]. La politica Americana sarà sempre una corsa a due partiti [Repubblicano e Democratico N.d.T.].”

Qui sta la ragione del conflitto di Vedder: nonostante sia riluttante a scherarsi come difensore politico, si rammarica dell’apatia del paese. Dichiara una responsabilità “a fare almeno qualcosa” per sostenere un cambiamento politico. Ma è consapevole che promuovere un candidato dal palco potrebbe alienare i fans e forse i suoi colleghi nella band. Immagina di rivolgersi ad una fan annoiato durante un concerto. “‘Cazzo, se tu avessi votato, non dovrei star qui a parlare di questo. Cazzo, se ti fossi informato, invece di ascoltare inutile musica rock – Non sto parlando della nostra [musica], parlo di quella delle altre bands – non dovremmo parlare di questo.”

Quindi perché non esporsi al rischio e parlare di Nader ai fans? ” Sai una cosa? Penso che lo faremo,” dice Vedder. “Sembra una grande idea.” Eddie Vedder ha deciso. Appoggia Ralph Nader. “E in un mondo perfetto,” aggiunge ridacchiando, “Howard Zinn [professore emerito alla Boston University, uno fra i più importanti storici americani N.d.T.] sarebbe vice presidente.”


NOTA: Durante la seconda parte del Tour Americano 2000, Eddie Vedder ha partecipato a due raduni organizzati per sostenere Ralph Nader alle elezioni presidenziali: il 10 Ottobre 2000, allo UIC Pavilion di Chicago, e il 13 Ottobre 2000, al Madison Square Garden di New York (dove oltre a lui erano presenti Patti Smith, Ani Di Franco, Ben Harper a altri artisti).
In entrambe le occasioni, Eddie ha proposto due cover in versione acustica: “I Am A Patriot” di Steve Van Zandt e “The Times They Are A-Changin'” di Bob Dylan.

Eddie ha inoltre partecipato al raduno del 4 Agosto 2001 presso la Rose Garden Arena di Portland, esibendosi in un set che, tra i brani proposti, includeva anche le cover di “Gimme Some Truth” di John Lennon e di “People Have the power” di Patti Smith.