Pearl Jam: Roskilde, 25 anni dopo

Nove vite perdute in una notte di musica. Un ricordo che ancora ci accompagna.

Il 30 giugno del 2000, durante quello che doveva essere uno dei momenti più intensi ed emozionanti del Roskilde Festival in Danimarca, accadde l’impensabile.

I Pearl Jam si esibivano davanti a una folla immensa, accorsa da tutta Europa per vivere un’altra serata di musica e condivisione. Ma pochi minuti dopo l’inizio del concerto, tra le prime file, qualcosa si spezzò. La pressione della folla creò un collasso nel mosh pit e, in pochi istanti, la gioia si trasformò in terrore.

Nove ragazzi persero la vita quella sera. Erano giovani, entusiasti, pieni di sogni. Venivano da diverse nazioni: Danimarca, Germania, Svezia, Olanda, Australia. Tutti lì per la stessa ragione: l’amore per la musica. E da quel giorno, quei nove nomi sono rimasti incisi nella storia dei Pearl Jam, nel cuore dei fan, nella coscienza di chiunque fosse lì o ne abbia letto anche solo un articolo.

La band, scioccata, fermò il concerto. Eddie Vedder, visibilmente sconvolto, chiese alla folla di arretrare, ma il danno era già stato fatto. “Amici miei, al mio tre fate tutti tre passi indietro“, urlò, nel tentativo disperato di fermare quella pressione umana. In pochi minuti, i Pearl Jam si resero conto che qualcosa di terribile era successo. Eddie si inginocchiò sul palco, scoppiando in lacrime. Non riuscivano a capacitarsi di quanto accaduto.

I Pearl Jam si ritirarono immediatamente dal tour. Annullarono le date successive, si chiusero in un silenzio profondo. In una dichiarazione rilasciata pochi giorni dopo, scrissero: “Le nostre vite non saranno mai più le stesse, ma sappiamo che questo non è nulla in confronto al dolore delle famiglie e degli amici delle vittime“.

Negli anni successivi, i membri della band parlarono più volte di Roskilde, spesso con difficoltà, sempre con rispetto. Stone Gossard disse: “Niente è stato più lo stesso da quel giorno“. Eddie Vedder, più volte, ha raccontato quanto sia stata dura anche solo tornare a suonare: “C’è la nostra vita prima di Roskilde, e quella dopo. Quel giorno ha cambiato il nostro modo di essere, la nostra umanità, la nostra empatia“.

Nel 2002 i Pearl Jam pubblicarono Riot Act, un disco segnato da una forte introspezione. Al suo interno c’è Arc, una canzone senza parole, fatta solo di loop vocali sovrapposti. Eddie la registrò come tributo alle nove vittime e la suonò dal vivo solo nove volte. Mai più. Mai inclusa nei bootleg ufficiali. Un gesto silenzioso, profondo, intimo. Un addio che è anche una promessa: non dimenticare.

Un altro tributo arrivò con Love Boat Captain. In uno dei suoi versi più struggenti, Eddie canta: “Abbiamo perso nove amici che non conosceremo mai… due anni fa oggi“. Una frase che, di tour in tour, ha modificato nel tempo. Anche durante gli ultimi concerti, nel 2024, Eddie ha continuato ad aggiornare quel numero: “Ventiquattro anni fa oggi“. Una ferita mai rimarginata, ma che diventa memoria viva.

Anni fa, al Roskilde Festival, è stata inaugurata una scultura commemorativa. È un blocco di pietra nera, inciso con le parole “…how fragile we are…”. Attorno, nove alberi. Nove vite, un cerchio, un luogo di silenzio e riflessione. L’opera è dello scultore danese Lars Skov Nielsen. Non è un monumento imponente, ma proprio per questo colpisce dritto al cuore: è umile, sobrio, rispettoso. E chiunque lo visiti, lo ricorda per sempre.

Foto: Carlo Vergani

Nel 2020, in occasione del ventesimo anniversario della tragedia, Stone Gossard pubblicò una lunga lettera a nome della band. Scrisse: “Da allora, tra noi abbiamo avuto undici figli. Il nostro modo di capire la perdita, la gravità, il dolore… è cresciuto esponenzialmente. Ogni giorno i nostri cuori continuano a soffrire. Le nostre più profonde condoglianze e scuse vanno alle famiglie. Siamo per sempre nell’ombra del vostro dolore. E accettiamo quell’ombra“.

Due anni più tardi, durante un concerto a Copenaghen, Eddie Vedder tornò a parlare pubblicamente di Roskilde. Con voce rotta disse: “Suonare, per noi, fu l’unico modo per iniziare ad affrontare quel dolore. E adesso che molti di noi sono diventati genitori, capiamo davvero quanto profonda sia stata quella perdita“.

La tragedia di Roskilde non ha solo cambiato i Pearl Jam. Ha cambiato il modo di concepire la sicurezza nei concerti e nei festival. Dopo quella sera, furono introdotti nuovi standard in Europa: più vie di fuga, migliori controlli, capienza ridotta nelle prime file, maggiore formazione per gli addetti. Una trasformazione che, purtroppo, è arrivata troppo tardi per quei nove ragazzi.

E oggi, 30 giugno 2025, a venticinque anni esatti da quel buio, il ricordo è più vivo che mai.

Nove amici. Nove vite. Nove assenze che pesano come macigni. Ma anche nove presenze silenziose che accompagnano ogni nota, ogni canzone, ogni applauso.

Ogni volta che i Pearl Jam salgono su un palco, ogni volta che si accendono le luci, ogni volta che parte Love Boat Captain, loro sono lì. In mezzo a noi. Tra le lacrime e le voci che cantano all’unisono. Perché non sono mai stati dimenticati. E non lo saranno mai.

How fragile we are.