Pearl Jam, le dieci canzoni più sottovalutate del gruppo

Dodici dischi in studio, una miriade di b-side, diversi inediti inclusi in compilation più o meno conosciute: sono tanti i brani di successo che i Pearl Jam hanno scritto e disseminato nella loro discografia. Più di cento canzoni pubblicate dal 1991 a oggi, molte delle quali sono diventate hit radiofoniche (Alive, Jeremy, Just Breathe, Sirens) oppure tracce imprescindibili tanto per i fan della prima ora quanto per i nuovi adepti.

Quali sono invece le dieci canzoni più sottovalutate incise dal gruppo? Abbiamo provato a rispondere a questa domanda stilando una classifica delle dieci tracce che reputiamo essere, per un motivo o per l’altro, ampiamente sottovalutate.

Pearl Jam | Roma 1993 | Foto: Lance Mercer

GONNA SEE MY FRIEND

Una delle migliori canzoni d’apertura di un disco del gruppo, pubblicata su Backspacer e raramente eseguita dal vivo. Una canzone assolutamente da recuperare, tra riferimenti al punk rock californiano dei primi anni ottanta e con l’unica parola italiana presente in un brano dei nostri (“Buonasera”).

BRAIN OF J.

Provata per la prima volta dal vivo nel 1995, scartata da No Code e accantonata fino alla sua pubblicazione su Yield, un up-tempo scarsamente considerato, sia dal gruppo quanto dal pubblico.

CROPDUSTER

Una delle migliori tracce del sottovalutato Riot Act, il disco più politico del gruppo pubblicato nel 2002. Tra rimandi ai Soundgarden e ai Wellwater Conspiracy, una canzone rock che non sarebbe dovuta finire nel dimenticatoio.

INSIGNIFICANCE

Incisa nel 1999 e inclusa su Binaural, un pezzo contagioso che deve tanto ai Crass quanto ai Dead Moon. Politica, oscura, veloce: una delle migliori tracce aggressive del repertorio della band.

GONE

Presentata per la prima volta da Vedder in una struggente versione acustica nel 2005, la controparte full band inclusa su Pearl Jam (Avocado Record) è un mid-tempo che avrebbe meritato decisamente un destino migliore.

MY FATHER’S SON

Una delle canzoni incluse nell’undicesimo disco in studio della band, Lightning Bolt, di cui sia la band quanto i fan si sono dimenticati fin troppo presto. Musica di Jeff Ament, testo di Eddie Vedder che canta di rapporti malati tra figli e genitori. Vi ricorda forse qualcosa?

PARACHUTES

Esistono ballate come Black o Come Back amate un po’ da tutti. Poi ci sono altre tipologie di ballate: diverse, meno dirette ma che valgono quanto le prime due citate. E’ il caso di Parachutes, che ricorda i Beatles quanto il compianto Elliott Smith e che nella versione remixata da Brendand O’Brien uscita lo scorso anno acquisisce ancora maggior spessore. Una cosa che non dice mai nessuno: Parachutes ha uno dei testi più poetici scritti da Eddie Vedder in tutta la sua carriera.

AMONGST THE WAVES

Una canzone rock, scritta come ai bei vecchi tempi da Eddie insieme a Stone Gossard, che presenta quei tipici saliscendi sonori che hanno reso celebre la band di Seattle. E’ un peccato che non abbia ricevuto più successo, se lo meritava tutto.

WHO EVER SAID

L’opening track di Gigaton è un brano di cui molti si sono dimenticati troppo presto, favorendo dalla tracklist dell’undicesimo album in studio dei PJ canzoni come DOTC, Quick Escape o Seven O’ Clock. Eppure la Stonestiana Who Ever Said è graffiante, con un testo davvero riuscito e linee melodiche molto interessanti.

ALL THOSE YESTERDAYS

La ballata beatlesiana, scritta da Stone Gossard, cui venne affidato il compito di chiudere il quinto disco in studio del gruppo, Yield. Quando i fan citano le loro ballate preferite, difficilmente nominano All Those Yesterdays ed è un gran peccato perché vale tanto quanto Indifference o Release.