Jeff Ament torna sul palco con i War Babies

Il bassista dei Pearl Jam torna a suonare con la band di cui fece parte nei primi anni ’90, in due serate speciali nel cuore di Seattle.

Il 3 e 4 ottobre, Jeff Ament ha partecipato a due concerti dei recentemente riformati War Babies, all’Easy Street Records e al Central Tavern di Seattle, suonando alcune canzoni insieme alla band.

Per chi non lo sapesse, prima di entrare nei Pearl Jam (e dopo lo scioglimento dei Mother Love Bone), Ament aveva fatto parte per un breve periodo proprio dei War Babies — band che ha pubblicato lo scorso anno Vault, un album di brani incisi a inizio anni ’90 ma poi rimasti inediti.

In entrambi i concerti, Ament ha suonato Watch Me Bleed, Blue Tomorrow e American Dream. Un ritorno alle origini, insomma, in un negozio di dischi e in un locale che sono veri e propri simboli della scena musicale di Seattle.

Formatisi nel 1988, i War Babies nacquero dall’incontro tra Brad Sinsel (voce degli storici TKO) e il chitarrista Tommy McMullin, ai quali si unirono il bassista Guy Lacey, il batterista Richard Stuverud (futuro collaboratore di Ament nei Three Fish, Tres Mts e RNDM) e, per un periodo, proprio Jeff Ament.

Il gruppo, vicino per sonorità al classico hard rock di band come Aerosmith e Led Zeppelin, creò un chiaro ponte tra la Seattle degli anni ’80 e quella degli anni ’90. Firmarono con la Columbia Records e nel 1992 pubblicarono il proprio album di debutto, War Babies. Nonostante buone recensioni e un singolo trasmesso su MTV (Hang Me Up), dopo poco tempo i membri decisero di seguire strade diverse, mettendo momentaneamente fine all’esperienza comune.

Dopo anni di inattività, i War Babies si sono riuniti nel 2024 per pubblicare Vault, raccolta di brani incisi a inizio anni ’90 ma poi rimasti inediti. Un legame con la scena di Seattle che si rinnova in due serate intense e sincere, nel segno dell’amicizia e della musica condivisa.

🎥 Guarda il video completo del concerto dei War Babies all’Easy Street Records su YouTube.

Grazie per la foto al nostro amico Richard Stuverud