Jeff Ament a Grounded: tra ricordi di Big Sandy e politica senza filtri

Nel podcast Grounded, Jeff Ament racconta i retroscena del manifesto satirico del 2018 finito sotto la lente dei Servizi Segreti e offre una visione politica lucida e schietta dell’America di oggi.

Foto: Patrick Bell

Nella nuova puntata del podcast Grounded, condotto dal senatore Jon Tester e dalla giornalista Maritsa Georgiou, Jeff Ament, bassista dei Pearl Jam, ha offerto un racconto personale e profondo della sua vita, delle sue origini, del successo con la band e del suo impegno politico.

L’intervista ha mescolato ironia, memoria, rabbia civile e consapevolezza storica, tracciando un ritratto autentico di uno dei musicisti più coerenti e discreti della scena rock americana.


Big Sandy, Montana: dove tutto è cominciato

Nel corso dell’intervista, Jeff Ament ha ricordato Big Sandy, Montana, la cittadina dove è cresciuto, con una popolazione di meno di 600 abitanti, e dove la sua famiglia era attivamente coinvolta nella vita locale.

Ha raccontato di come suo padre, George, fosse sindaco, barbiere, autista di scuolabus, venditore di assicurazioni e persino promotore di un piccolo servizio di raccolta rifiuti per le signore anziane del paese, attività che Jeff stesso prese in carico da adolescente.

Tester, originario della stessa cittadina, ha ricordato con affetto come Ament fosse uno di quei ragazzini vivaci che correvano tra le gambe dei più grandi durante le partite di basket. Ament ha ricambiato raccontando il suo stupore nel vedere un giovane Jon Tester giocare nonostante avesse perso alcune dita di una mano. Tester ha inoltre aggiunto che il suo taglio di capelli è sempre stato opera di George, il papà di Jeff.


Musica, università e il risveglio politico

Durante la puntata, Ament ha raccontato di aver iniziato a suonare nei primi anni ’80, dopo essersi trasferito a Missoula per frequentare l’università.

Ha detto che furono proprio gli ambienti universitari e le prime band punk a farlo riflettere sulle sue idee politiche, all’epoca molto conservatrici. Ha descritto come un corso di religioni comparate, frequentato da studenti con background diversi, lo abbia profondamente cambiato: “Non sapevo nemmeno cosa fosse un ateo o che esistessero persone gay,” ha ammesso. “L’università mi ha permesso di disimparare e imparare di nuovo.


Il sogno della musica e il realismo del Montana

Jeff ha poi rivelato che, anche dopo il successo iniziale dei Pearl Jam, non credeva che sarebbe durato. All’inizio degli anni ‘90 comprò un pezzo di terra nei pressi di Missoula, pensando che, una volta terminata la sua carriera musicale, avrebbe potuto tornare a vivere lì, magari lavorando in una libreria o in un bar.

Non è che avessi un piano B, avevo solo buonsenso,” ha detto. Solo verso la metà degli anni ’90 ha capito che la sua vita sarebbe rimasta legata alla musica.


Il poster “infuocato” del 2018 e i Servizi Segreti

Uno dei momenti più intensi dell’intervista è stato il racconto del poster realizzato per il concerto dei Pearl Jam a Missoula nel 2018, creato da Ament insieme all’artista Bobby Brown.

Ha detto che l’artwork – ispirato ai cartoon satirici – mostrava la Casa Bianca in fiamme, Trump divorato da un corvo e il senatore Tester su un trattore, “al di sopra del caos”.

Ament ha spiegato che il disegno era nato per esprimere “la sensazione di collasso democratico” e che alcuni elementi furono persino rimossi per non esagerare (come una valigetta di Trump marchiata da falce e martello, che si può notare nella bozza del poster qui a fianco).

Ha chiarito che l’intento era lodare l’integrità di Tester, “un uomo reale in mezzo al marciume di Washington”.

Tuttavia, ha raccontato che i Servizi Segreti si presentarono a interrogarlo, poiché interpretarono la frase “It’s time for action” sul retro del poster come una minaccia. Ament ha precisato che il vero intento era motivare le persone ad andare a votare: “Ma evidentemente il voto fa paura a qualcuno,” ha aggiunto con ironia.


Pearl Jam e politica: libertà, diritti e resistenza

Sempre nel corso della puntata, Jeff Ament ha parlato della recente polemica tra Bruce Springsteen e Donald Trump, dicendo di aver discusso con la band dell’elegante dichiarazione del Boss contro l’erosione dei diritti democratici. Ha detto che Eddie Vedder ha sentito il dovere di replicare sul palco a Pittsburgh, in difesa del Boss, della libertà di parola e della verità.

Ament ha definito il comportamento di Trump “fascista” e ha detto che è fondamentale mantenere viva la conversazione democratica: “Il valore più sacro degli Stati Uniti è poter parlare apertamente.


La band: amicizia e confronto

Ament ha detto che i due componenti più divertenti dei Pearl Jam sono Stone Gossard e Mike McCready, descritti come “Laurel e Hardy”.

Ha spiegato che tutti i membri sono creativi in modo diverso, tra musica, pittura, scrittura e attivismo. “Quando ci ritroviamo dopo tanto tempo, il meglio è proprio stare insieme, parlare di musica, arte e politica.


Montana, skatepark e il futuro

Jeff Ament ha ribadito il suo impegno verso il Montana anche dopo l’uscita di scena politica di Jon Tester.

Ha detto che continuerà a usare la sua visibilità per sostenere campagne locali e che i Pearl Jam sono pronti a tornare per mobilitare il voto. Ha espresso preoccupazione per la sanità, la chiusura di scuole rurali e la svendita delle terre pubbliche: “Il pericolo è concreto, ma quando le persone si renderanno conto di ciò che stanno perdendo, l’equilibrio politico tornerà a cambiare.” ha detto.

Ha parlato anche del suo progetto Montana Pool Service, grazie al quale ha costruito numerosi skatepark in comunità rurali, offrendo ai giovani un’alternativa alla noia e all’alienazione. “A volte un luogo cambia una vita,” ha detto. “Io volevo creare quei luoghi.

In un mondo dove molti artisti restano alla superficie, Jeff Ament ha dimostrato di essere profondamente radicato, coerente e umano. Dalla provincia americana alle arene di tutto il mondo, ha sempre portato con sé i valori della comunità, dell’empatia e del pensiero critico.

La sua apparizione a Grounded è stata molto più di un’intervista: è stata una lezione civile, travestita da chiacchierata tra vecchi amici.

L’intervista integrale di Grounded a Jeff Ament è disponibile sull’account Substack del podcast. Guardarla dall’inizio alla fine è davvero consigliato: è qualcosa di imperdibile.


Extra
  • Durante una recente intervista con Rick Beato (ne abbiamo parlato qui), Jeff Ament ha parlato del tour del 1991 con Red Hot Chili Peppers e Smashing Pumpkins, smontando una recente affermazione di Billy Corgan. Ha detto che non è vero che i Pearl Jam stavano per essere rimossi dal tour perché vendevano poco o erano “depressi” (come sostenuto da Corgan). Al contrario, ha ricordato quell’esperienza come fantastica e ha detto che la Epic Records era molto soddisfatta delle vendite iniziali di Ten, anche se l’album non aveva ancora sfondato come nel 1992.
  • Infine, Josh Freese, ex batterista dei Foo Fighters e già dietro le pelli per band e artisti come Nine Inch Nails, DEVO, A Perfect Circle e molti altri, ha recentemente pubblicato su Instagram uno screenshot di un messaggio inviato ad Ament in cui gli proponeva, con grande entusiasmo, di curare l’artwork del prossimo disco dei Pearl Jam. “Probabilmente a Jeff non è piaciuta granché l’idea,” ha commentato scherzando. Chissà se vedremo mai la collaborazione…