Eravate pronti a tornare al Double R per gustarvi una deliziosa fetta di torta di ciliegie servita dal dolce sorriso di Norma? Quello che invece vi aspetta, quando stasera vi sintonizzerete su Sky Atlantic, sarà un cubo di vetro piazzato in un loft di New York, davanti a un ragazzo seduto a fissare un buco nel muro, e che si alza solo per inserire schede di memoria all’interno di misteriosi pannelli. Questo è solo per darvi un’idea… perché diciamolo subito, se la vostra attesa per questo ritorno era tutta improntata sulla nostalgia che il solo nome della serie è in grado di suscitare in molti, correte il serio rischio di rimanere parecchio delusi.
Il nuovo Twin Peaks, ambientato in diverse location tra cui New York, Las Vegas e il South Dakota, è prima di tutto parente stretto del cinema di David Lynch degli ultimi vent’anni, quello che parte dalle strade notturne di Lost Highway fino ad arrivare alla disarmante, onirica follia di Inland Empire. La terza stagione, più che riportarci come d’incanto in quella piccola cittadina tra le montagne del Nord Ovest degli Stati Uniti, ci scaraventa di colpo all’interno di un incubo più che mai urbano e contemporaneo, un luogo cupo e malato in cui il cinema di David Lynch – tutto il cinema del cineasta del Montana – la fa da padrone.
Nelle prime due ore abbondano i riferimenti al surrealismo e alla visionarietà di Eraserhead e dei suoi corti, alla sensualità di Velluto Blu, alla sfrontatezza di Cuore Selvaggio. E se da una parte Lynch non risparmia un certo autocitazionismo (e lui può certo permetterselo), allo stesso tempo non sfuggono certi rimandi a Lost (che a sua volta doveva moltissimo a Twin Peaks) e ad altre serie che negli ultimi anni hanno rivoluzionato il piccolo schermo tanto quanto fece Twin Peaks oltre due decadi fa. Citazioni incrociate che fanno capire ancora meglio quanto questo nuovo Twin Peaks non sia semplicemente un’operazione nostalgia, ma un prodotto che combina passato, presente e futuro, televisione e arti visive, e che ha tutte le premesse per alzare ancora una volta l’asticella qualitativa della serialità tout court. Non ha paura di osare, David Lynch, di stravolgere le aspettative, di mettere volutamente a disagio lo spettatore, e lo fa all’età di 71 anni con la sicurezza e l’audacia di un cineasta di razza. Chapeau!
Ovviamente, oltre a nuovi character – ai quali sono legati trame che ovviamente non vi sveleremo, ma che sono tanto intriganti quanto spiazzanti – si riaffacciano sulla scena personaggi che abbiamo imparato ad amare agli inizi degli anni novanta, come l’agente Dale Cooper (o quello che ne è rimasto…), il Gigante, i fratelli Horne, il Dott Jacoby, Lucy e Andy, Hawk, Shelly, la famiglia Palmer. Ed è un colpo al cuore, perché tutta questa carrellata di volti familiari, senza apparire neanche per un attimo nostalgica, ci fa da subito intuire quanto tutto sia cambiato nella piccola cittadina, a partire dal gigantesco flat screen che troneggia nella vecchia casa di Sarah Palmer, che per il resto non è cambiata di una virgola. Tutto è cambiato, ma allo stesso tempo assolutamente nulla è cambiato.
Lynch confeziona un pilot che, come dicevamo, è in grado di spiazzare quanto, e forse di più, fece il primo episodio di Twin Peaks ventisette anni fa. La nuova sigla ci illude per alcune decine di secondi, poi David taglia corto e ci trascina subito nel suo viaggio. Non risulta accomodante con i nuovi fan – che arriveranno – ma, soprattutto, non lo è con i vecchi amanti della serie. Più che a una serie, siamo infatti di fronte ad un lungo, lunghissimo film diviso in 18 parti che, a cadenza settimanale, ci farà scoprire una Twin Peaks mai così metafisica, fredda e tenebrosa.
In quella che si può dire, quanto meno al momento, una scommessa vinta, stupiscono due cose: l’assenza quasi totale di score, elemento invece in primissimo piano nelle due stagioni storiche, e certi effetti CGI che fanno storcere un po’ il naso.
Come verrà accolto il nuovo Twin Peaks? Una parte del pubblico, possiamo scommetterci, scapperà a gambe levate, soprattutto i meno avvezzi alla filmografia più recente del cineasta. Per tutti gli altri che decideranno di restare, sarà un oscuro, terrorizzante e caleidoscopico viaggio nell’impero della mente di uno dei più geniali registi di sempre.
E ora, pensate ancora di essere pronti a tornare tra gli oscuri boschi di Twin Peaks?

Nata nel 1980, entra nel team di pearljamonline.it nel 2007, curando in particolare la versione in inglese e la sezione testi e traduzioni. Coautrice di “Pearl Jam Evolution”, sempre alla ricerca di notizie e curiosità sulla band.
Canzone preferita: Given To Fly
Album preferito: Vitalogy
Artisti o gruppi preferiti oltre i PJ: Bruce Springsteen, U2, Mark Lanegan, Cat Power, Ramones