Pearl Jam Let The Sun In: Intervista a Mike e Matt

Intervista a Matt Cameron e Mike McCready

Teraz Rock | Settembre 2009
Traduzione Polacco-Inglese: I Sh*t And I Stink@PJ Message Board
Traduzione Inglese-Italiano: Irene

Il nuovo disco non ha ancora un titolo ma credo che ‘Gioia’ sarebbe adatto. Oppure ‘Speranza’. Durante la lavorazione dell’album precedente, quando era senza titolo, si sarebbe potuto chiamare ‘Incazzato’. 
Mike McCready: E’ vero. I tempi sono cambiati. Siamo in un momento diverso con un diverso panorama politico, la situazione nel mondo è cambiata. E’ sempre lo stesso pazzo mondo pericoloso ma sicuramente c’è più speranza e una nuova voglia di fare cose positive. Forse la nostra musica riflette tutto ciò in qualche modo, abbiamo riavuto indietro la nostra anima in questo momento. Abbiamo realizzato il disco velocemente, forse l’energia per farlo è venuta fuori da questo stato di cose.

Il pessimismo di Avocado era collegato, a livello personale, alla morte di Johnny Ramone e, a livello politico, a un governo che non riuscivate ad accettare? 
Matt Cameron: Sicuramente si è insinuato in buona parte dei testi. Siamo stati tutti influenzati dalla vita in America sotto l’amministrazione Bush. Non sentivamo un legame con chi governava e, in certa misura, con il nostro Paese. Si percepiva una sorta di divisione all’interno della società. E’ una situazione che si è venuta a creare in maniera subdola e noi sentivamo che stava accadendo qualcosa di sbagliato – ci siamo imbattuti in tutto questo nel nostro ultimo disco.

E’ vero che Eddie ha aspettato i risultati delle ultime elezioni prima di scrivere i testi di questo album? 
MM: Non credo che abbia aspettato quel momento in particolare. Non so con precisione quando abbia scritto i testi. Penso li abbia scritti quando abbiamo composto la musica, prima delle elezioni, ma l’ho visto con i miei occhi scrivere alcune cose in studio. E’ il suo mondo, dovresti chiederlo a lui.

Avete iniziato a scrivere qui nella warehouse l’estate scorsa? 
Sì, abbiamo iniziato qui e un po’ in Montana a casa di Jeff. E’ stata la prima session. Abbiamo scritto, con alcuni intervalli, nell’arco di tutto l’anno. Abbiamo deciso di lavorare di nuovo con Brendan O’Brien e la sua teoria era che avremmo dovuto comporre almeno una parte delle canzoni senza Eddie. Così avremmo potuto dargli del materiale concreto su cui avviare il suo processo creativo. L’idea era di dare al compositore dei testi non più di 15 o 18 arrangiamenti musicali su cui lavorare.

Perché poi avete registrato a Los Angeles? 
MM: A Brendan piace molto lo studio Henson lì. Ed è effettivamente un bel posto. Oltre a questo, ci ha portati fuori da Seattle cosa che, egoisticamente parlando, mi è andata benissimo perché ero di base in California in quel periodo. Mi piace andarci per il sole quando qui è freddo e nuvoloso. E’ stato un piacere personale per me, ma principalmente Brendan voleva portarci in un posto nuovo dove poter trovare un nuovo sound.
MC: Esattamente. A Seattle abbiamo uno o due studi di registrazione, lì sono ad ogni angolo.

Da quanto tempo provate in questo quartier generale, se così si può chiamare… 
MM: Un posto per nascondersi. Io lo chiamo un posto per nascondersi (sorride). Siamo qui da tre anni. Prima, per dieci, undici, forse quindici anni provavamo in un posto diverso, un’altra warehouse. Era in affitto.

Era legato a Litho, lo studio di registrazione di Stone? 
MC: No, è una cosa completamente separata, si trova a Freemont, un distretto di Seattle. E’ un vero studio che fa un ottimo lavoro, è davvero meraviglioso. Abbiamo registrato anche lì.

Ho una curiosità, cosa è arrivata prima: la collaborazione con Brendan per la reissue di Ten o l’invito a lavorare sul nuovo materiale? 
MM: Credo che sia venuto prima Ten. Jeff gli ha chiesto all’infinito di remixare Ten solo per lui, perché era interessato a sentire come avrebbe suonato ed eravamo tutti così contenti del risultato, suonava meravigliosamente, che alla fine gli abbiamo chiesto di lavorare ancora con noi.

Mi chiedo perché nel corso degli anni Jeff abbia cambiato idea sul mixaggio di Ten. Allo stesso modo, durante la registrazione originale ha avuto una grande influenza sullo sviluppo dell’album… 
MM: Abbiamo mixato il disco in Inghilterra con Tim Palmer. Era la nostra prima session di registrazione e mixaggio anche se Stone e Jeff avevano già avuto un’esperienza precedente. Io penso che con il passare degli anni gli è venuta voglia di ascoltarlo in una forma diversa. Qualcosa di più grezzo.

Durante il vostro precedente lavoro con Brendan avete discusso con lui, eravate testardi, una band giovane. Suppongo che adesso accettiate la sua visione? 
MC: Sicuramente lui ha il suo modo di guardare i più piccoli dettagli di ogni frammento di musica. E’ facile lavorare con lui, perché sa come aiutarti quando si tratta di piccoli interludi, frammenti, lui è bravissimo ad aggiungere piccole parti con il piano o con le percussioni… piccole cose che non riusciremmo a tirar fuori da soli. Davvero, tutti noi ora siamo molto aperti a lavorare con lui e lo abbiamo invitato a realizzare questo disco utilizzando i suoi metodi.
MM: Quando abbiamo lavorato con lui per VS eravamo reduci dalla vendita di milioni di dischi in tutto il mondo, dopo il Lollapalooza stavamo diventando sempre più grandi… e tutto nello spazio di un anno. Le aspettative per il secondo album erano enormi – saremmo caduti nella trappola del secondo album o sarebbe stato buono… Io sapevo che avevamo un sacco di ottime cose, e soprattutto eravamo giovani e pieni di entusiasmo. Stessa cosa quando ora siamo andati in California. Sapevamo che Brendan si sarebbe adattato perfettamente alle nostre vibrazioni. Aveva una certa innocenza dentro di sé. Direi che adesso ne ha ancora di più, ma ce l’aveva anche allora (ride). E’ uno di quei musicisti versatili, quando io e Stone suoniamo, suoniamo solo le chitarre, io non so nemmeno come si contano le note, conosco solo la mia parte. Suono le canzoni nel modo in cui lo so fare, ma Brendan le guarda da una prospettiva diversa… la differenza tra questi due dischi è enorme. Siamo in momenti delle nostre vite completamente diversi. Ci sentiamo più a nostro agio con i nostri ruoli: ‘Ok, ascoltiamolo, facciamo buon uso della sua competenza, fidiamoci dei suoi metodi’. A volte sono folli! E’ incredibile guardar lavorare Brendan.

Si sente molto spazio nel nuovo album, non presente in Pearl Jam. E’ divertente, considerando che vi siete sbarazzati della spazialità di Ten nel remix. 
MC: Tutta la spazialità di Ten è in realtà solo un riverbero. In questo nuovo disco l’abbiamo ottenuta in un modo completamente diverso. E’ una questione di strumentazione.
MM: Sono d’accordo. Ci sono archi, corni, altri tipi di percussioni e interessanti suoni di tastiere. Brendan ha suonato le parti di tastiera, le ha sincronizzate e ne ha aggiunto alcuni pezzi ad alcune canzoni…è bravo a fare questo genere di cose perciò lo lasciamo fare. E’ una qualità totalmente diversa comparata al solo aumento di riverbero, come abbiamo fatto in Ten.

Si sente molto il piano in ‘Speed of Sound’ e ‘Unthought Known’. Potete raccontarci come è nata questa cosa? 
MM: Speed of Sound era mia, ho ideato la melodia dell’assolo qui, in stile anni ‘70 – volevo che diventasse una parte importante del pezzo. Ed l’ha composta in California. Matt, raccontagli com’è andata, tu l’hai fatta con lui…
MC: Sì, Ed suonava la chitarra e cantava e poi il resto di noi ha iniziato ad aggiungere le proprie parti. E’ stata l’ultima canzone che abbiamo messo nel disco e l’abbiamo messa insieme molto velocemente. L’assolo di Mike è meraviglioso, dà al brano tutta un’altra dimensione. Mi ricorda i Beach Boys, è un assolato sound Californiano che ti entra nelle orecchie…
MM: Grazie. E’ proprio quello che speravo di creare. Di solito semplicemente prendo e inizio a suonare. Questa volta ho pianificato con cura esattamente quello che volevo fare ed ha funzionato.
MC: Anche ‘ Unthought Known’ è stata scritta da Ed. Ha immaginato molto precisamente il crescendo del brano, ha ottenuto esattamente quello che voleva che ognuno di noi suonasse e noi abbiamo seguito la mappa che aveva disegnato. Mike è venuto fuori con una bella parte di percussioni e Brendan ha aggiunto il piano che ha un significato chiave. Il risultato non è affatto male alla fine.

Il mio pezzo preferito dell’album è ‘The Fixer’, ha tante armonie vocali differenti che sono una caratteristica di tutto l’album… 
MM: L’ha scritta Matt…
MC: Non ho scritto il testo! (ride). Io ho fatto la melodia. Ed ci ha messo dentro molti aspetti pop. Brendan lo ha incoraggiato ad aggiungere più armonie vocali che poteva a suo piacimento. Penso che la canzone abbia tratto beneficio da questi aspetti pop perché non suonava così quando l’abbiamo provata qui nella Warehouse. Ma comunque il disco non è tutto così.

Ci sono alcuni pezzi hard rock nel nuovo album. Deve essere la tua influenza, Mike… 
MM: Ovviamente, io amo l’hard rock. Ma sono certo che alcune delle canzoni a cui ti riferisci, come ‘Gonna See My Friend’ sono state scritte da Ed.

Io pensavo a ‘Force Of Nature’ 
MM: Quella è sicuramente mia. E’ interessante il fatto che mi ero riproposto di creare qualcosa di più pop se avessi potuto. Non ho mai fatto questo tipo di riflessioni in passato, normalmente compongo e basta… Però va detto che il risultato non è stato particolarmente pop. E’ più simile agli Stones. Quando tutta la band viene coinvolta in una canzone, perdi alcuni elementi e ne guadagni altri e questo porta ad una qualità nuova. Così il risultato è stato diverso da quello che avevo immaginato e questo è un bene perché forse la mia visione era un po’ limitata. Sono contento che sia finita nell’album e che tu l’abbia notata.

Il testo delinea il manifesto ecologico della band? 
MM: Devo ascoltare il testo con più attenzione. La mia sensazione è che sia più su una donna vista come una forza della natura. Non ho notato quello che tu dici ma forse c’è nel profondo.
MC: Esattamente, forse c’è qualcosa di più, qualcosa che non abbiamo ancora letto tra le righe.

Voi siete famosi non solo per la musica, ma anche per il vostro attivismo politico, sociale, ambientale, nella salute – qui penso a te Mike… 
MM: Per il morbo di Crohn. Oh sì, questo è il mio contributo. La mia malattia.

…quanto pesa il fatto che venite da Seattle, una città conosciuta per essere più consapevole rispetto al resto dell’America? 
MC: Girano un sacco di soldi qui a Seattle, nel Nord-Ovest. Molte persone ricche diventano filantropi, come Bill e Melinda Gates che gestiscono il più grande fondo benefico della Terra. C’è sempre stata una crescente consapevolezza qui circa molti temi: Prendiamoci cura dell’ambiente, ricordandoci che le foreste tropicali sono qui, le vere foreste pluviali e abbiamo anche bellissime montagne…questa zona è un posto meraviglioso che la natura ha modellato perché potessimo viverci. Non possiamo ignorarlo. La nostra band ha cercato di far aprire gli occhi alle persone su tanti argomenti nel corso degli anni, uno dei quali è stato prendersi cura dell’ambiente. Al momento siamo preoccupati per l’avanzamento del riscaldamento globale ecc.

A livello personale avete uno stile di vita molto ecologico? Guidate macchine ibride, ad esempio? 
MM: Sì, io ho due ibride e una vecchia BMW a benzina, perciò posso dire di sì.
MC: E io ho un’ibrida e una 425HP V8. Due estremi…

‘Just Breathe’ si differenzia dal resto dell’album in quanto ci sono gli archi. E’ stata una tua idea? 
MC: Mia? No, è stato Brendan. Ed ha scritto la canzone. La stavamo imparando e provandola con tutta la band è venuto fuori un certo stile country. Volevamo approfondirlo quando saremmo andati a Los Angeles ma Brendan ha suggerito di farla solo chitarra e voce. Penso che ce l’avesse già in mente in quel momento e stesse pensando ad un arrangiamento di archi. Suonava benissimo dal primo momento in cui l’abbiamo buttata giù. E’ fantastico avere nel disco due pezzi pop con un’orchestra, stanno benissimo a fianco dei pezzi rock. Abbiamo ottenuto un interessante mix di stili diversi.

Comunque qualche elemento country è rimasto nella canzone, in particolare nella parte vocale… 
MC: Ed ha usato il suo meraviglioso baritono. E’ bravissimo nei registri bassi, quelli che spesso usano i bravi cantanti country, come Merle Haggard o George Jones. E’ molto Americano, dà un valore Americano alla nostra musica. Ed lo usa liberamente.

Comunque probabilmente non troverete fans tra gli appassionati del country, quanto meno a causa delle vostre diverse posizioni ideologiche. 
MM: Bè, non lo so. Abbiamo un grande fan nel mondo della musica country, Dierks Bentley, che è mio amico, e secondo lui stanno aumentando. Ci siamo conosciuti qualche anno fa… sicuramente abbiamo un certo numero di fan tra gli appassionati di country. Non credo che siano tutti contro di noi.
MC: Io penso che molti musicisti di Nashville apprezzano il rock. Li etichettiamo tutti come conservatori e in una certa misura questo può essere vero. Tuttavia, penso che a molti di loro piaccia il nostro gruppo rock.

Mi chiedo se il ritorno a Ten, ascoltare di nuovo quel disco, non vi abbia ispirato a creare alcuni brani nello spirito classico dei Pearl Jam. Sto pensando a ‘Amongst The Waves’. 
MM: E’stata scritta da Stone. A me piace ma non direi che siamo andati nella direzione di quel disco per arrivare a quello nuovo. Secondo me sono cose diverse. Ten è fatto e finito, è stato una parte della mia vita 18 anni fa. Ora è venuta alla luce una versione diversa di quell’album e io l’ho ascoltata ed è finita lì per me. Riesco a tenere separate le due cose. Noi stiamo andando avanti, facciamo canzoni nuove, siamo in una nuova fase di vita. Una cosa non è connessa all’altra.
MC: Rimane il fatto che la canzone ha tutti gli elementi che ti aspetti da un classico dei Pearl Jam. E’ il mio pezzo preferito dell’album.

C’è un classico suono rock nell’assolo. Dovrebbe essere il tuo, vero Mike? 
MM: Oh sì, sono io! Ho cercato di mettermi nei panni di Mick Taylor nei primi anni ‘70. E’ suonato su un low pickup Les Paul con un solido sound dei vecchi Bad Company. Brendan mi ha chiamato per dirmi che voleva proprio qualcosa di questo tipo. Voleva che io componessi un assolo per parte di un assolo, o meglio ancora per tutto. Non avevo la forza per farlo tutto, sono troppo pigro! (ride). Così, ho scritto solo la fine dove compare l’armonia con Stone (la canta). E’ successo grazie a due cose: ero dell’umore giusto e sono stato ispirato dal modo di suonare della band.

In alcuni passaggi si sente che vi muovete nella direzione delle fonti di ispirazione della vostra gioventù, le cose che ascoltavate negi anni ‘70 
MM: Sì e no. Sono aperto anche a cose nuove. Ascolto molte radio satellite e ne ottengo nuove vibrazioni, anche se fanno ascoltare anche molte cose più vecchie. Ogni tanto scopro qualcosa di “vecchio-nuovo”. Penso in particolare alla new wave, che non mi interessava all’epoca perché ero preso dal metal… Tra le cose più recenti, sono ispirato dai Radiohead o dai Death Cab For Cutie. Dipende tutto dall’umore. Ieri ho ascoltato ‘Sticky Fingers’ degli Stones’. In effetti, cado spesso in quel genere di cose.

‘Amongst The Waves’ dovrebbe piacervi per il testo sul surf. 
MM: Potrebbe riguardare altre cose, ma sicuramente mi piace… Sai, Ed ha un legame con l’acqua molto visivo, tangibile. Durante tutta la nostra carriera ha sempre avuto un rapporto con questa cosa. Penso al verso: ‘Everything flows amongst the waves’. (Tutto fluisce tra le onde) E’ il surf, un momento in cui c’è qualcosa di liberatorio e una persona capisce di essere viva. Devi considerare che gli esseri umani sono fatti per l’80% di acqua… Ogni volta che vado in spiaggia mi sento rinascere.

Ho visto le tavole appese qui, tutti voi fate surf? 
MC: Sì, su quelle tavole*. Se qualcuno scompare sappiamo cosa fare (ride)
*Non so se è stato menzionato in precedenza che ogni tavola ha disegnato sopra un membro della band. T
MM: Succede così, ad esempio, Stone dice ‘cè un’onda, dov’è la mia tavola?’ E dov’è Kelly (Curtis – band manager)? Kelly è seduto a fumare una sigaretta… (ride) Alcuni di noi fanno surf. Io ho iniziato molto tempo dopo Eddie. Non conoscevo nessuno che lo facesse prima. Quando ho conosciuto mia moglie, che viene dalla California, ho conosciuto un amico che lo faceva in continuazione. Ma mi ci è voluto un sacco di tempo per imparare a usare quella fottuta tavola. Servono anni. Ora riesco a farlo finalmente.

Avete modo di fare surf vicino a Seattle? 
MC: Bisogna risalire di molto la costa, circa un’ora e mezza da qui. E bisogna indossare una muta spessa perché l’acqua è fredda, ma è bello.
MM: Devo andarci, non ci sono mai stato… E’ dura farsi un viaggio di un’ora e mezza per arrivare lì, surfare e tornare indietro, quando in California ti basta attraversare la strada.

Il clima della California ha avuto un’influenza positiva sul disco? 
MM: Forse un po’ sì. Quando siamo arrivati a Los Angeles abbiamo fatto tanto surf, è il vantaggio di stare lì.
MC: Mike ha portato il sole nel disco.
MM: Io ero al sole, sono andato con mia moglie e mio figlio, perché lei ha la sua famiglia lì. Così abbiamo potuto fare surf e starcene tranquilli. Ho un lavoro che mi permette di fare queste cose e mio figlio non va ancora a scuola… Sto cercando di fare il massimo di ogni cosa che posso, è da qui che inizia l’apprendimento. Ma non ho trascinato io il resto della band in California – è stato Brendan.

Mi sono sempre chiesto come Ed, un surfer Californiano, si sia trovato con voi ragazzi. Rappresentava un’altra cultura, anche un’altra cultura musicale. Vi ricordate il periodo in cui siete arrivati a comprendervi reciprocamente? 
*Mike racconta la storia della registrazione di una cassetta con Matt alla batteria, mandata a Jack Irons, il cui suono di batteria in ‘Uplift Mofo Party Plan’ aveva colpito Stone…. E sono sicuro che tutti voi conosciate il resto della storia. Non dice se effettivamente è stato difficile iniziare a conoscere Ed. [n.d.t. polacco]

Okay, vi ho stressato abbastanza con domande sui vostri inizi, ma… nell’edizione speciale di Ten c’è una replica della cassetta registrata da Ed. Chi ha conservato quel “Santo Graal dei Pearl Jam”? 
MM: Jeff Ament. O Ed. Jeff e Ed tengono tutte queste cose.
MC: Jeff è un ottimo archivista. Tiene tutto in ordine – quasi l’opposto di me (ride).
MM: Anch’io tengo tutto in alcune scatole. Ma ci sto lavorando, vorrei essere più ordinato.

Avete detto che l’ultimo disco era il primo disco veramente democratico nella storia della band. Anche questa volta è stato così? 
MM: Ogni volta è diverso. Nell’ultimo disco io ho scritto qualche brano, in questo, solo uno. Matt ne ha scritti alcuni. Ed ne ha portati tre o quattro… dipende tutto da quali sono i pezzi buoni. Ognuno di noi porta le proprie idee, siamo tutti compositori. Alcune vengono fuori mentre stiamo lavorando. Certe canzoni si mettono in evidenza, è perché emozionano Ed o qualcun altro di noi…? Abbiamo sempre troppo materiale. E’ bello avere questo tipo di problema.

All’orizzonte c’è un numero tondo per la band. La maggior parte delle band grunge non hanno avuto la fortuna di festeggiare i 20 anni. E’ fortuna o qualcos’altro? 
MM: E’ un insieme di tante cose. Fortuna, il momento giusto; è vero che non ci frequentiamo quando non siamo in tour o altro e possiamo parlare faccia a faccia quando ci sono incomprensioni o problemi… teniamo aperti più canali di comunicazione possibile. La cosa importante è che amo fare musica con questi ragazzi e che i fan hanno ancora voglia di ascoltarci.

Devo dirvi che la vostra band è particolarmente importante per i fan polacchi. La popolarità del grunge è stata contemporanea alla conquista della libertà del nostro Paese. Eravate consapevoli della campagna di t-shirt ‘You forgot Poland’ (avete dimenticato la Polonia) quando non avete suonato lì per alcuni tour? 
MM: Oh sì, lo sapevo. Ma ci siamo andati alla fine…
MC: Sì, nel 2007. E siamo stati a Katowice nel 2000. E’ vero, non suoniamo lì molto spesso. L’ultima volta che ci siamo stati, nel 2007, i fan sono stati incredibili.

C’è stato anche il vostro primo concerto nel 1996. Come mai allora decideste di attraversare l’ex cortina di ferro? 
MM: Perché c’è la Polonia e gli altri Paesi del blocco orientale! Volevamo vederli, sperimentarli, capire cosa stava succedendo da quelle parti. Avevamo la nostra visione della situazione, deformata dalla stampa occidentale ma la realtà è completamente differente. La possibilità di vedere le cose di persona, parlare con la gente, camminare per le strade e annusare gli odori, assaggiare il cibo; è una lezione, è il modo per imparare. E’ una parte importante della vita. Possiamo dire “Hey, siamo stati in Polonia, abbiamo visto questo, questo e questo” ci siamo fatti la nostra opinione, non attraverso un giornale, non distorta nel corso degli anni. Inoltre era importante il fatto che avevamo dei fan in quella parte del mondo per i quali volevamo suonare.

A proposito dei concerti del 2000, avete detto che il primo è stato uno dei peggiori nella storia della band e il secondo uno dei migliori. Sappiamo la storia del secondo ma cosa è andato male nel primo? 
MM: Sto cercando di ricordare. Forse abbiamo avuto alcuni strani problemi tecnici. O c’erano solo poche persone…
MC: No, c’erano meno persone al secondo.
MM: Oh, sì. Il secondo in realtà è stato notevolmente migliore perché è stato così insolito.
MC: Quella sera abbiamo suonato molti pezzi che non facevamo da tanto tempo. Alla fine è risultato uno dei migliori concerti di quel tour.
MM: Esattamente. Ed è successo perché non stavamo cercando di fare qualcosa di grandioso, abbiamo solo tirato fuori un po’ di canzoni diverse. Eddie è molto consapevole del posto in cui suoniamo. Va lì prima, riesce a catturare il feeling, come ho visto, e scrive la setlist in base alle sensazioni che gli arrivano dalla città. Forse quella sera ha pensato solo (Mike schiocca le dita) “Lasciamoci andare”. Sostanzialmente, “Proviamo qualcosa di diverso”. E’ stato fottutamente bello. Lo ricordo chiaramente ora.

Anche la performance del 2007 è stata atipica, con i Linkin Park come co-headliners. 
MM: Haha
MC: Abbiamo fatto un po’ di concerti con loro durante quel tour. E’ stato un piacere, ce l’ho impresso nella memoria, perché non suonavamo per voi da tanto tempo. Però, mi ricordo alcuni problemi con la corrente elettrica durante lo show.
MM: Io ricordo il viaggio, l’ho registrato, ho filmato i paesaggi durante il viaggio. E mi ricordo i fan, quando eravamo dietro le quinte e loro gridavano, ‘Lin – kin – park! Please – come – out!’. Io pensavo: “Ma cos’è, ci siamo anche noi, o no?”. Deve essere arrivata la prossima generazione (ride).