Intervista ai Pearl Jam – Visions, Germany

Pearl Jam: Suonare di meno, godere di piú

Visions N.196 | Luglio 2009
Traduzione a cura di BodhiSurfGuru

I Pearl Jam fanno musica da quasi due decenni. Il loro nuovo album di 11 canzoni dura 36 minuti. Torna il produttore Brendan O’Brien, il batterista Matt Cameron é stato integrato del tutto, niente piú ricerca zigzagante tra ballate e rock graffiante ma un tuttuno compatto, che oltretutto avvince emozionalmente. Questo ci é stato svelato dall’ ascolto esclusivo a Seattle e dalla chiacchierata nella sede della band. Versione originale in tedesco di Jochen Schliemann.

Citizen Dick é uno dei migliori nomi per band del mondo. Risale al Film “Singles”, che é stato girato quí a Seattle e che deve il suo successo alla florente scena musicale della cittá. Citizen Dick fu un gruppo fittizio, nella quale peró suonavano dei “veri” musicisti di Seattle – membri dei Pearl Jam. Il Poster dei Citizen Dick é appeso nella stessa stanza in cui vi sono i dischi d’oro e di platino degli ultimi due decenni: Alice in Chains, Mad Season e soprattutto tanti riconoscimenti per ogni disco sfornato dalla band di casa. La sezione per gli uffici, costruita con molto legno, equivale a quella di una piccola azienda. Sul corridoio ci sono i documenti di tutte le tournee mondiali della band, attraversando una porta di vetro e scendendo delle scale si arriva alla sezione per le spedizioni e se si scende giú per un’altra scala, attraversando una porta robusta, si entra nella gigantesca sala prova die Pearl Jam.
Quí vi sono affissi alcuni die banner per i loro palchi, il pavimento é ricoperto di tappeti, e su un divano sono seduti il chitarrista Mike McCready e il batterista Matt Cameron.

Stanno dando un’intervista. Su, nell'”area business”, dietro ad una porta di un ufficio con su un poster di Obama, siedono il bassista Jeff Ament, il chitarrista Stone Gossard e un cane che fa la spola tra gli interlocutori facendosi accarezzare.
Da piú di 20 anni Stone e Jeff fanno musica insieme. “Inanzitutto questa quí é la nostra ultima intervista!”, dice Stone. “Potremmo anche essere molto incazzati a questo punto…” aggiunge Jeff con uno sguardo sorridente mentre guarda fuori dalla finestra. “In uno dei pochi giorni di sole siamo seduti quí dentro a parlare”.

V. Peró é colpa vostra. Negli ultimi 4 giorni vi siete sottoposti ad una – per i vostri standard – maratona di interviste. 

S.G. Questo é vero solo in parte. La fase nella quale non parlavamo con la stampa si estese solo su due dischi -“Vs”„ e “Vitalogy”. Probabilmente anche “No Code”. A quei tempi lo dovemmo fare per poter essere sicuri che ce l’avremmo fatta anche da soli. Nel frattempo si é normalizzato tutto. Siamo ancora molto selettivi ma per questo disco ci é venuto molto facile parlare. Il disco ci piace – e non é solo retorica – davvero tanto tanto.

V. Quanto é importante per voi il fatto che funzioniate quasi in maniera autarca? Sicuramente vi avvalorate dell’aiuto di case discografiche ma tanta roba viende decisa quí – sotto il vostro tetto. 

S.G. Ci piace tenerci aperte tutte le possibilitá. Ma a parte questo é semplicemente bello essere quí. Hai visto tutte le immagini appese a queste pareti, no? O la nostra sala prova: é semplicemente eccezionale! È gigantesca ma ha lo stesso una buona acustica. Jeff si é costruito una propria rampa per lo skate. Al momento, questa é esattamente la fase in cui godiamo di ció per cui abbiamo lavorato.

V. Essere piú vecchi sembra essere molto piacevole per voi. 

S.G. Assolutamente sí. Voglio dire, abbiamo all’incirca 120 canzoni che possiamo suonare dal vivo. Anche se magari alcuni pezzi possono essere un po’ usurati é qualcosa che solo poche bands possono dire di sé stesse.
J.A. Ce la godiamo di piú. Mi faccio molti meno problemi per cose senza senso. Non c’é piú finto orgoglio. Ci ascoltiamo gli uni con gli altri.

V. Con tutta questa maturitá e armonia non si hanno cali di tensione? 

S.G. Di tensione ne abbiamo fin troppa. Anche perché ci pensa sempre Brendan O’Brien a metterci continuamente sotto pressione. E Matt (ride).

V. Accennando Matt Cameron. Quanto é importante per la vostra band il batterista? 

S.G. Molto importante. Trovo sorprendente quanto la nostra band sia cambiata ogni volta che abbiamo avuto un nuovo batterista. All’inizio pensavamo che Matt fosse troppo bravo per noi. Ma questa volta funziona davvero alla grande. Il suo sound, la sua scioltezza, la sua forza, la sua stabilitá. Credo che lui non sappia nemmeno come si facciano errori. Gli potremmo bendare gli occhi e girargli la batteria e suonerebbe alla perfezione lo stesso. Allo stesso tempo peró, ha uno stile tutto suo.

V. Avete giá deciso quale sará il primo singolo del vostro nuovo album? 

J.A. Io sono per “The Fixer”. L’energia e la giocositá del pezzo sarebbero un bel primo segnale.

S.G. Anche se…parlando di singoli… (guarda Jeff) non siamo mai stati capaci di scegliere bene. (Ride) . Voglio dire, che “Who You Are” e “Nothing as it Seems” fossero buoni primi singoli…ho i miei dubbi.

J.A. Mi sono risentito “No Code” ultimamente e devo dire, che l’immagine da “World Music” del disco – che sia cosí sperimentale – non lo rispecchia per davvero. Almeno la metá del disco é composta da normalissimi pezzi rock. Siccome peró la gente ha dovuto ascoltare per 4 settimane solo “Who You Are” alla radio…

S.G. …il disco ha venduto molto meno di quel che la casa discografica pensava! (ride)

V. Il vostro nuovo album sembra essere molto concentrato (in inglese: focused) di proposito. Perché é cosí corto? 

S.G. È molto corto! Non é fantastico? Ad essere sinceri, ci sono sempre state discussioni sulla lunghezza dei nostri dischi negli ultimi anni. Adesso penso che 36 minuti siano l’ideale per perdersi in un nostro disco. Chi puó sopportare un disco di oltre 70 minuti? Jeff, dimmi il miglior doppio album da quando é stato inventato il cd!

J.A. Oh …(esita) Non ho idea. “Use your Illusion” dei Guns N’Roses? (Stone ride) O forse devo dire piú “Mellon Collie and the Infinite Sadness” degli Smashing Pumpkins? Credo che albums troppo lunghi abbiano iniziato ad esistere solo perché le bands si sentivano in colpa nell’era dei CD. I CD erano cari e ci si poteva mettere piú roba. Cosí la durata media degli albums si é quasi radoppiata.

V. Ma non é solo la lunghezza. Soprattutto con l’inizio il vostro nuovo disco sembra essere uno statement molto consapevole. Solo dopo 4 pezzi rock rumorosi si prosegue con un disco che in realtá é molto variegato. 

S.G. Era un’idea di Ed. Penso che volesse mettere in chiaro fin dall’inizio che tipo di band fossimo.
J.A. E questa é giá una versione disinnescata. In principio aveva diviso l’album in due: pezzi rock e tutto il resto.

V. È Eddie Vedder un cantante facile da gestire? 

S.G. Sí. È uno dei pochi che vuole che chiunque nella band scriva canzoni. Ci motiva di continuo. A volte anche per la scrittura dei testi. Ad un livello di successo come quello su cui ci muoviamo noi é una cosa molto rara. Questo ha avuto anche il suo prezzo: a volte non deve essere stato assolutamente facile per l’ascoltatore subirsi tutto ció che abbiamo prodotto. Ma con questo album saranno premiati.

V. È stato difficile arrivare a questo punto? 

J.A. Ognuno di noi ha avuto quelle fasi in cui avrebbe preferito gettare la spugna. A volte abbiamo continuato solo per istinto, di riflesso. Ci si chiedeva giá da molto cosa ci si stava a fare. Ma siamo sempre stati premiati.

S.G. A volte siamo quasi arrivati al punto di tirarci roba. Tuttavia abbiamo sempre continuato a credere nel processo anche in momenti del genere. Abbiamo fatto qualcosa per l’altro anche se non sapevamo bene perché. Voglio dire: ascoltati “Vitalogy”, ascoltati “No Code”! Una band alla ricerca di qualcosa. Proprio per questo lo trovo cosí entusiasmante che la ri-uscita di Ten sia quasi in contemporanea con l’uscita di questo disco. In questo modo si puó riconoscere tutto il processo attraverso cui siamo passati. Riguardo a “No Code” trovo assolutamente incredibile che Brendan ci fece pubblicare questa cosa. (ride) Il disco é super, ma il suono e l’immagine generale erano davvero molto coraggiosi.

J.A. Credo che Brendan fosse frustrato come l’inferno!

S.G. Mettiamola cosí: bisogna permettersi di fare dei dischi strani. Solo attraverso quelli poi possono esistere dischi come il nostro nuovo.

Il Nuovo Pearl Jam: Questo vi aspetta

Quattro catene montuose, una rigogliosa vallata verde, una roccia ripida, una giungla, una steppa – e una fine quasi calcata. Il nuovo disco die Pearl Jam “Backspaceré stato prodotto da Brendan O’Brien per la prima volta dopo “Yield”.

See My Friend Pearl Jam come ce li si aspetta oggigiorno: rock lineare e diretto, testo forte, concreto e aggressivo.

Got Some Anche quí rock, anche quí lineare, diretto e quasi furioso ma con licks di chitarra marcati di Mike McCready.

The Fixer Il primo climax del disco. Un pezzo rock teso, quasi classico, che allo stesso tempo é molto scaltro. Con un minimo di pazzia, una linea melodica nel cantato cool e ritmica il pezzo riesce a essere un “mini-inno”.

Johnny Guitar Per fortuna non é cosí esile come il titolo. Anche quí si tratta di un “rocker”, ma con vistosamente molto testo e molta profonditá. In questo modo riesce a superare la media ma rimane su un livello molto classico.

Just Breathe La rottura e la prima opportunitá per tirare il fiato. Ballata acustica deliziosa. Le dita volano sulle corde, un discreto arrangiamento di archi e un testo sopra l’amore – maturo, meraviglioso, cantanto grandiosamente.

Amongst the Waves Finalmente non piú solamente pressione in avanti ma allargata in tutta la larghezza dello spettro. Una canzone che graffia il firmamento. La drammatica positiva ricorda “Given To Fly”, cosí come il fatto che semplicemente non si riesce a trovare l’origine di ATW (testo? Chitarra? Batteria?)

Unthought Known All’inizio un’unica variazione in aumento, poi un passionale midtempo – rocksong che s’annebbia verso la fine ma rimane comunque piú concreto di quasi qualsiasi pezzo del loro ultimo album (Avocado, Pearl Jam, 2006)

Supersonic
 L’obbligatoria canzone furibonda che deve esserci su un disco dei Pearl Jam da “Vitalogy” a questa parte. Quasi giuliva nella sua velocitá e trascinata da Matt Cameron che all’inizio suona come ai tempi dei Soundgarden. Ma cumuli di energia come questi sono sempre riusciti meglio ai Soundgarden.

Speed of Sound L’esotico. Una peculiare canzone pop con un sound del tutto diverso al resto dell’ altrimenti molto nitida produzione del disco. Nonostante ció: pianoforte, brividi e tensione.

Force of Nature Una canzone rock come un concerto dei Pearl Jam di oggi: Inizio quasi innocuo, cresce in maniera molto naturale, ti trascina sempre di piú fino ad averti completamente in mano all’improvviso.

The End Il secondo pezzo acustico da prendere alla lettera. Una delle migliori ballate della band da molto tempo a questa parte, anche perché si puó toccare quasi con mano l’importanza della voce di Vedder. Anche la fine della fine é degna di una fine.